Shanghai chiama a sé le multinazionali. La metropoli si è posta come obiettivo quello di diventare un centro finanziario globale, in grado di competere con Londra e New York, entro il 2020. Per allora dovrà diventare la sede di istituzioni finanziarie consolidate, capaci di offrire ai propri clienti una vasta gamma di strumenti e servizi finanziari moderni e globalmente competitivi. Traguardo ancora lontano. L’amministrazione della municipalità ha pertanto presentato un piano di sostegno per convincere la multinazionali a spostare nell’hub finanziario i proprio headquarter regionali.
Sarà quindi dimezzato a 200 milioni di dollari il patrimonio richiesto alla casa madre, saranno rimosse restrizioni sul capitale autorizzato delle sedi regionali nonché sull’organizzazione gestionale, sarà inoltre cancellato l’obbligo del pieno controllo estero per le sedi regionali
Le misure che entreranno in vigore dal primo settembre prossimo. Il progetto mira a recuperare il terreno perso nei confronti di Hong Kong e Singapore
“Esistono ancora numerose barriere all’ingresso che frenano la crescita degli operatori finanziari internazionali nel mercato cinese, nonostante a partire da giugno 2018 siano stati compiuti sforzi significativi per la liberalizzazione del settore finanziario, come la rimozione dei limiti alla titolarità delle banche straniere, l’incremento dal 49% al 51% del limite massimo di partecipazione di soggetti stranieri alle joint venture sino-estere sia finanziarie che di intermediazione mobiliare e assicurative, e il governo cinese abbia spostato in avanti, al 2020, il termine per la liberalizzazione del settore", lamentava Carlo Diego D’Andrea, vicepresidente nazionale e presidente della sezione di Shanghai della Camera di commercio dell'Unione Europea in Cina.
"Per esempio, gli istituti bancari stranieri devono ancora far fronte a ritardi nell’emissione delle licenze e a soglie minime elevate per il capitale, l’azionariato e la crescita patrimoniale. A causa delle eccessive restrizioni, la quota di mercato per le banche straniere era solo pari al 1,29% nel 2016. Lo stesso vale per il settore degli strumenti finanziari, dove i ritardi nell’emissione delle licenze e le alte soglie minime impediscono la partecipazione delle banche internazionali al mercato finanziario e alla possibilità di introdurre le best practice volte a dare stabilità al mercato”, ha aggiunto l'avvocato.
Il pacchetto presentato martedì 13 agosto include anche condizioni più vantaggiose per creare delle holding e maggiore libertà d’azione nei movimenti transfrontalieri di capitale.