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Azienda Agricoltura

Carne bovina e riso, per l'Italia ora si apre il mercato cinese

Lo storico accordo sottoscritto questa settimana, dopo oltre due anni di trattative, consentirà a produttori selezionati dalle autorità cinesi di esportare carne di animali allevati in Italia. Sul fronte del riso, l'accordo riguarda le qualità più pregiate da risotto, il mercato potenziale è di almeno 50 milioni di cinesi


10/04/2020 11:37

di Franco Canevesio - Class Editori

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Luigi Scordamaglia, vicepresidente di Assocarni

«Prima dell'estate potrebbe partire il primo carico». È l'auspicio di Luigi Sciodamaglia, vicepresidente di Assocarni e manager di punta dl grppo Cremonini, leader europeo nel settore carni e distribuzione, dopo che le autorità di Pechino hanno sottoscritto mercoledì 8 aprile, l’atteso protocollo che sancisce l’apertura del mercato cinese alle carni bovine italiane.

«Dopo due anni e mezzo di trattative arriva al traguardo un'intesa su cui la filiera delle carni italiana ha lavorato in maniera coordinata con l’Ambasciata d’Italia a Pechino e con i nostri ministeri degli Esteri, della Salute e dell’Agricoltura. In uno scenario di commercio globale non facile, si aprono nuove opportunità importanti per le aziende italiane del settore bovino”, ha ricordato Scordamaglia.

Punto di svolta è stata la visita in Italia del presidente cinese Xi Jinping, a marzo 2019, quando si è impegnato ufficialmente con il premier Giuseppe Conte a concludere la procedura per consentire le importazioni di carne bovina dall'Italia verso la Repubblica, una delle priorità degli accordi commerciali Italia Cina.

Sono dodici gli stabilimenti proposti nella lista dal ministero della Salute: le autorità cinesi, per ora, ne hanno visitati due, adesso dovranno decidere se accettarli tutti o soltanto alcuni. Non è escluso che, in futuro, la lista degli stabilimenti si possa ampliare. Scordamaglia non nasconde che, per lo sblocco politico dell'accordo, hanno avuto parte importante le tensioni tra Stati Uniti e Cina sui dazi che hanno dato maggiore spazio all'Europa e, soprattutto, a Italia e Francia.

Non solo. Ad aggravare la situazione il momento difficile tra la peste suina di alcuni mesi fa, la pandemia del covid-19 e, non ultimo, le feste di fine anno cinese che hanno bloccato tutto nel Paese. Quiesti eventi hanno drasticamente ridotto la quantità di carne da commodity agricola di cui ha bisogno la Cina che, a questo punto, si affida a forti iniezioni di import. A beneficiarne c'è l'Italia, che può rosicchiare parecchie fette di mercato a paesi come il Brasile che, in un anno, ha esportato verso il Dragone  2,4 miliardi di euro di carne bovina.

Per quanro concerne il nuovo accordo con l'Italia, il primo che riguarda la carne bovina, quantità di prodotto e tempistiche precise non sono ancora state decise: resta il fatto che, dal punto di vista commerciale, l'accordo arriva nel momento giusto, con tonnellate di tagli di carne che fanno fatica a essere esportati in Europa stante la chiusura del canale horeca e il crollo del food service.

«Abbiamo enormi potenzialità da esprimere. Adesso devono venire formalizzati gli stabilimenti italiani da cui potrà partire la carne, visto che il permesso è stato dato solo per carni bovine provenienti da animali nati e allevati in italia», ha sottolineato Scordamaglia.

L'accordo con la Cina ruguarda anche l'esportazione in Cina di riso da risotto, «un riconoscimento che lancia un messaggio di fiducia e incoraggiamento ai tanti risicoltori e alle imprese italiane impegnati a garantire le forniture di cibo sano e di alta qualità», ha sottolineato il ministro per le Politiche agricole alimentari Teresa Bellanova.

«È un accordo importante per l’Italia, primo produttore europeo di riso e leader nella produzione di eccellenza del cereale: si apre un mercato importante, con 50 milioni di cinesi pronti ad apprezzare il nostro risotto», sottolinea il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti.

Con le oltre 200 varietà iscritte al registro nazionale, l'Italia è il leader del settore nell'Ue a cui assicura oltre il 50% della produzione di riso, con varietà come Carnaroli, Arborio, Vialone Nano, S. Andrea e Baldo, produzioni valorizzate grazie ai marchi dop e igp che riconoscono le specificità dei territori di origine, come la Baraggia biellese e vercellese, o le aree geografiche tipiche del Carnaroli pavese, il Vialone Nano veronese, il riso del Delta del Po.

«Si tratta di una buona notizia anche per i nostri risicoltori che continuano a subire le importazioni agevolate, in particolare dal Myanmar per la qualità Japonica», ha specificato Giansanti. Che, a questo punto, forte della vittoria nella campagna di Cina pensa già di aprire un ulteriore dialogo con un altro mercato importante: l’India. (riproduzione riservata)



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