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Azienda Agricoltura

Da Sora alla Cina, vuole conquistare il mondo l'amaro giapponese

Prodotto in piccoli lotti in una delle più storiche distillerie italiane, Paolucci in provincia di Frosinone da Benedetta Santinelli e Simone Rachetta, il distillato di bitter mellon, ispirato alla cultura culinaria dell'isola di Okinawa, conosciuta come il "paradiso" del Giappone, punta al ricco mercato, 340 miliardi, della Repubblica popolare


06/08/2024 11:19

di Franco Canevesio - Class Editori

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Simone Rachetta e Benedetta Santinelli

Si chiama Yuntaku ed è il primo amaro giapponese al mondo che unisce la cultura giapponese alla tradizione italiana. In Italia è distribuito da Velier, lo storico marchio genovese, che ne decanta la storia e le proprietà presentando il nuovo distillato. La sua ricetta è ispirata alla cultura culinaria dell'isola di Okinawa, conosciuta come il "paradiso" del Giappone, ed eseguita seguendo l'antica tradizione italiana dell’amaro digestivo.

L'amaro è chiamato con la parola Yuntaku che, in giapponese, significa chiacchiere: l'ispirazione arriva da un detto tipico delle osterie di Okinawa, nelle quali alla fine della cena si usava gridare, per l’appunto, "yuntaku!" per dare il via alle bevute alcoliche e alle chiacchere. Yuntaku è prodotto in piccoli lotti in una delle più storiche distillerie italiane, la Distilleria Paolucci di Sora, in provincia di Frosinone: gli ideatori sono due italiani, Benedetta Santinelli e Simone Rachetta.

L'amaro etnico è già disponibile in nove paesi: Italia, Svizzera, Grecia, Austria, Danimarca, Francia, Germania, Olanda e Svezia. Santinelli e Rachetta prevedono l'espansione in mercati degli Stati Uniti, Gran Bretagna e Messico entro il primo semestre del 2024: entro fine 2024, invece, è prevista l'apertura all'Oriente, in particolare ai mercati del Giappone, Cina, Singapore e Corea. La previsione è di arrivare entro la fine di quest'ano alla produzione di 100 mila bottiglie.

L'idea di Yuntaku, dicono i suoi creatori, nasce dopo un viaggio attraverso il Giappone meno conosciuto, lontano dai grattacieli avveniristici e dai treni supersonici di Tokyo. L'ingrediente di base (amarissimo) è il goya, conosciuto anche come bitter melon, melone amaro, un ortaggio distintivo di Okinawa noto per le sue proprietà antidiabetiche, antiossidanti e digestive. Un vegetale che, sottolinea Benedetta Santinelli "somiglia a un cetriolo bitorzoluto in camice da medico”.

A Okinawa, oltre che come base della sua cucina, il goya viene venduto nei banchetti e largamente consumato anche come estratto, utile per il mal di testa e molti altri malanni". Gli altri elementi sono una selezione di spezie e fiori provenienti dalla tradizione orientale, tra cui galanga, pepe del Sichuan, zenzero, jasmin tea, sour cherry, ibisco e cardamomo verde importati direttamente dal Giappone, tutti infusi artigianalmente in small batch di distillato di cereali e puro zucchero di canna. Il goya e le altre spezie vengono infuse separatamente, con vari bilanciamenti di durata e qualità per ogni ingrediente, con un processo produttivo piuttosto complesso, che include ovviamente una parte segreta. Inoltre, la percentuale di zucchero è del 15%, molto bassa rispetto a quella di altri amari. 

Il mercato cinese rimane querllo più “ghiotto” ma anche il più sfidante per i player occidentali come i creatori e i distributori di Yuntaku: basti pensare alla fortissima competizione da parte dei brand locali che oggi dominano il mercato interno con il loro baijiu, prodotto dalla distillazione di un mosto di cereali, tra cui sorgo e riso, ma anche orzo, grano e mais e considerato l’alcolico più bevuto al mondo in termini di volume, con una stima di 10 miliardi di litri consumati ogni anno, anche se la sua popolarità al di fuori della Cina rimane limitata.

I founder di Yuntaku, nonostante le recenti indagini antiodumping del governo di Pechino, vogliono investire nel mercato cinese per tre motivi: perché attualmente è il più ampio mercato al mondo con 340 miliardi di dollari di vendite rispetto a 310 miliardi di dollari negli Stati Uniti nel 2022. Poi, perché  tra il 2023 e 2026 il mercato dei liqueurs in Cina è destinato a crescere, secondo i dati Euromonitor, del 61% e, terzo, perché molti player internazionali stanno scommettendo su questo mercato: nei prossimi anni, sono le previsioni, un numero crescente di consumatori giovani e benestanti e l'evoluzione delle tendenze del bere daranno ai prodotti occidentali un appeal molto più ampio. (riproduzione riservata)


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