Sulla storica Via della Seta che unisce lo Xinjiang, nel nord ovest della Cina, e i principali paesi manifatturieri dell'Europa, Italia tra i primi, è in atto un vero boom di scambi commerciali, secondo un'inchiesta del South China Morning Post, il quotidiano di Hong Kong.
Uno dei prodotti principali che viene importato da quella provincia è la salsa di pomodoro, che viene usata per condire la rinomata pasta italiana. L'inchiesta segnala che lo scorso anno le importazioni di salsa di pomodoro dallo Xinjiang in Italia ha toccato i 65 milioni di dollari, con un incremento del 164% rispetto al 2017. Il pomodoro arriva in Italia nella forma di triplo concentrato, viene poi allentato con acqua e insaporito col sale per andare sui mercati africani e mediorientali come prodotto made in Italy.
La produzione di pomodoro e dei suoi lavorati, che ammonta al 5% dell'economia dello Xinjiang, è nelle mani del governo locale, attraverso la controllata Xinjiang Chalkis Tomato Products. Le sanzioni Usa hanno colpito in gennaio le importazioni di pomodoro dalla provincia: secondo il Dipartimento alla sicurezza interna americano questi prodotti sono realizzati con l'utilizzo di lavoro illegale.
Alcune organizzazioni umanitarie hanno, infatti, denunciato una sistematica violazione dei diritti umani e delle condizioni di lavoro, ai danni della minoranza uiguro-musulmana, nella regione, denunce più volte smentite da Pechino.
L'Italia non è l'unica ad aver intensificato il commercio con la provincia cinese. In Belgio nel 2020 le importazioni di giacche da donna dallo Xinjiang sono cresciute del 2.280% rispetto all'anno precedente e quelle di decorazioni natalizie del 1.500%. Ma è soprattutto l'indotto dell'industria tessile ad essere fiorente. La Germania ha venduto nello Xinjiang 41,2 milioni di dollari di parti e accessori per i macchinari dell'industria tessile nel 2020, con un incremento stratosferico, oltre il 2 mila%, rispetto al 2017, mentre la Svizzera, secondo paese per questo tipo di export, è arrivata appena a 680 mila dollari.
Nello Xinjiang viene prodotto l'85% del cotone cinese e il 20% di quello mondiale. L'anno scorso la produzione totale di cotone è stata di oltre 5,1 milioni di tonnellate, 87% dell'output della regione, che ha prodotto anche 11, 2 milioni di tonnellate di frutta e prodotti forestali.
Anche il settore tessile, secondo il quotidiano di Hong Kong, sarebbe pesantemente implicato nei presunti abusi sullo sfruttamento del lavoro. Ma la Cina, sensibile al tema, è intervenuta alla fine di gennaio con un report pubblicato dall’Associazione dell’Industria Tessile dello Xinjiang sulla responsabilità sociale dell’industria tessile del cotone, che ripercorre la storia e gli sviluppi più recenti, e ne sottolinea l’importanza per il sostentamento della popolazione locale.
Dal report emerge che l’industria tessile del cotone nella regione ha fatto notevoli progressi per quanto riguarda le opportunità di lavoro, ha portato a un aumento del reddito dei coltivatori di cotone e ha contribuito allo sviluppo economico e al miglioramento della qualità della vita della popolazione.
Dati che sono confermati dalle statistiche ufficiali. Il reddito medio annuo nelle zone urbane è cresciuto negli ultimi 5 anni a un tasso medio anno del 6% e ha raggiunto l'anno scorso 5,400 dollari. Nelle campagne il reddito medio è un terzo, anche se tendenzialmente sta crescendo di più.
Secondo le statistiche ufficiali almeno 3 milioni di agricoltori sarebbero usciti dalla povertà negli ultimi anni e il 70% delle spese dell'amministrazione provinciale è stata destinata al miglioramento del tenore di vita della popolazione.
Nel report dell'Associazione dell'Industria Tessile si afferma, tra l'altro, che l’età media dei lavoratori nel settore è di 33,7 anni e che tutti i dipendenti intervistati hanno dichiarato di essere stati sottoposti a un controllo dei documenti d’identità da parte degli uffici delle risorse umane per verificare che non si trattasse di minori di 16 anni, ovvero l’età minima stabilita dalla legge per lavorare nel paese.
Tutte e 26 le imprese che hanno preso parte all’indagine dispongono di ristoranti halal, che servono cibo secondo le regole dei musulmani, e anche pietanze tipiche delle minoranze etniche per soddisfare le necessità alimentari di tutte le etnie.
La maggior parte delle imprese tessili specializzate nella lavorazione del cotone hanno stabilito un giusto salario per un giusto carico di lavoro e proibito la discriminazione di genere, introducendo servizi sociali per i dipendenti tra cui centri ricreativi e sportivi.
Il settore è in rapida evoluzione e la produzione sta diventando sempre più automatizzata, continua e intelligente, caratteristiche che si traducono in un aumento della domanda di macchinari tessili di alta gamma e che rendono questo segmento un acquirente fondamentale nella catena globale di approvvigionamento di macchinari tessili. (riproduzione riservata)