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Azienda Agricoltura

Il vino italiano tenta il rimbalzo. Bene la Cina ma la Francia fa meglio

I superdazi comminati all’Australia e le crescenti tensioni tra Pechino e Canberra hanno aperto praterie nel mercato dei vini in Cina. Per l’Italia, nel primo trimestre, questa situazione si è tradotta in un incremento del 17%. Bene anche se non ha eguagliato la performance francese, con un’impennata del 47,7%.


11/05/2021 14:46

di Mauro Romano - Class Editori

settimanale
Paolo Castelletti, segretario generale Unione italiana vini

I superdazi comminati all’Australia e le crescenti tensioni tra Pechino e Canberra hanno aperto praterie nel mercato dei vini in Cina. Per l’Italia, nel primo trimestre, questa situazione si è tradotta in un incremento del 17%. Bene anche se non ha eguagliato la performance francese, con un’impennata del 47,7%.

A fornire i dati è l’osservatorio dell’Unione italiana vini. “Le dinamiche di mercato sembrano andare nella direzione prevista e auspicata, ciò non toglie che le aziende, per risollevarsi dai 3 miliardi di euro persi nel 2020 e da circa 500 milioni di euro di crediti incagliati, debbano essere accompagnate in questa prima fase da strumenti fiscali e finanziari adeguati che attendiamo nell’imminente Dl Sostegni bis”, spiega Paolo Castelleti, segretario generale Uiv, commentando  dati. Uno scenario generale che oltre al buon andamento della Repubblica popolare, in termini di export, ha visto attenuare la perdita a valore dei mesi precedenti negli Usa - da -22% di gennaio, a -15% di febbraio a -9,7% di marzo -, che era dovuta soprattutto alla corsa alle scorte di inizio 2020 in vista del carosello di dazi aggiuntivi e ripartono gli spumanti italiani nel primo Paese importatore (+11%).

 “L’evoluzione del mercato  andrà di pari passo con le aperture e il settore oggi ha bisogno di promozione e liquidità, non di distruggere il proprio prodotto”, ha aggiunto Castelletti in una nota, “ In ottica di medio periodo, poi, la partita si giocherà sulle rese dei vini comuni; Uiv chiede che si ponga un tetto, in modo da poter evitare fenomeni di sovrapproduzione incontrollati”. Secondo i dati delle dogane cinesi relativi al primo trimestre 2020, la Francia è ora il primo fornitore di vino per la Cina, davanti a Cile, Spagna ed Italia.

L’Australia che aveva conquistato questo primato nel 2019, grazie anche all’abolizione delle tariffe d’ingresso per effetto del trattato di libero scambio CHAFTA, scivola invece in basso nella classifica, spiegava nelle scorse settimane un articolo dell'Uiv. Poi il crollo (-81% rispetto a un anno fa, per un volume inviato di soli 42.300) dovuto i dazi introdotti dal governo cinese  dopo lo scontro  diplomatico divampato  lo scorso anno allo scoppio della pandemia del Covid 19.

Tra gennaio e marzo la Francia ha inviato alla volta di Pechino 271.000 ettolitri di vino in bottiglia, +16% rispetto al primo trimestre 2020 Le spedizioni dall’Italia alla Cina hanno invece totalizzato nel primo trimestre 73.800.

Occorre notare che se anche i dazi di Pechino interessano solo il vino in contenitori inferiori ai due litri, sono calate drasticamente anche le spedizioni di sfuso australiano, settore che vede il Cile primo fornitore per la Repubblica popolare.

Più in generale, guardando ai dati dell’Osservatori, da inizio anno sono migliorati i parametri vitali del vino italiano. Al 30 aprile calano notevolmente le giacenze, con gli stock in cantina che nonostante una vendemmia più ricca (+3,2%) si avvicinano sempre più alle quantità dello stesso periodo del 2020, a +1,5% (lo scorso mese erano a +3,6%), con i vini Dop addirittura a -0,6% (bianchi a -1,8%). (riproduzione riservata)


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