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Azienda Agricoltura

Verisem, possibile blocco della vendita ai cinesi con il golden power

L'azienda romagnola, produttrice di sementi che vende in 80 paesi, è stata ceduta dal fondo americano che la controlla alla svizzera Syngenta, a sua volta controllata da ChemChina. La clausola del golden power potrebbe essere invocata dal governo se ritiene la società un asset strategico per l'economia nazionale. Sarebbe la prima volta nell'agroalimentare


26/10/2021 10:48

di Stefano Catellani - Class Editori

settimanale
Ibrahim El Menschawi, ceo di Verisem dal 2020

Il governo guidato da Mario Draghi sembra pronto a bloccare definitivamente la vendita della Verisem, azienda romagnola specializzata nella produzione di sementi con un network di distribuzione che tocca 80 paesi, al gruppo svizzero Syngenta, controllato da ChemChina, utilizzando, e sarebbe la prima volta nel settore agroalimentare, il golden power, potere di blocco alla vendita perché asset strategico dell'economia nazionale.

La vendita della romagnola Verisem al gruppo Syngenta Seeds Vegetables era stata annunciata a giugno dal fondo di investimenti americano Paine Schwartz Partners, che ne aveva acquistato il controllo (90%) nel 2015 dal fondo italiano di private equity Quadrivio. 

Syngenta è controllata dal colosso statale cinese Chem China attivo in vari settori tra cui quello degli agrofarmaci, guidato dal presidente Ning Gaoning, ex alto funzionario del partito comunista cinese e attuale presidente di Pirelli. Con l'acquisizione dell'azienda romagnola, che giuridicamente ha sede in Olanda, potrebbe spostare in Asia gli equilibri strategici mondiali sul controllo delle sementi per la produzione di ortaggi ed erbe aromatiche aggravando una situazione in cui già 2 semi su 3 (66%) sono in mano a quattro multinazionali straniere.

Verisem, che ha 198 dipendenti in Italia, 62 negli Stati Uniti e 20 in Francia e 4 fra Russia e Slovenia, aggrega l'attività di vari marchi tra cui lo storico Longiano Suba Seeds, lanciato nel 1974 da Augusto Suzzi, l'iniziatore dell'attività deceduto lo scorso gennaio, che genera un vasto indotto e custodisce un patrimonio di conoscenze scientifiche e tecniche produttive che ne fanno un asset di rilevanza strategica per la difesa della sovranità alimentare.

Nella prima fase della trattativa Syngenta fu preferita dai venditori perché disposta a pagare un prezzo impossibile per gli altri contendenti: si disse circa 200 milioni di euro, quasi un terzo più dei 155 milioni offerti dalla cordata italiana creata da BF (la capogruppo quotata delle ex Bonifiche ferraresi) e dal Fondo italiano d’investimento, strumento operativo della Cdp, controllata dal Tesoro.

L'offerta di Syngenta era superiore anche a quanto erano disposti a pagare altri colossi richiamati dall’asta, come il fondo sovrano cinese Cic, il fondo Usa Platinum equity, le rivali Corteva (Usa) e Dlf (Danimarca).

Se e quando il ricorso alla golden power sarà ufficializzato la vicenda tornerà nelle mani dell’amministratore delegato di Verisem Ibrahim El Menschawi, che potrebbe riaprire la gara con acquirenti italiani, sostenuto a gran voce da molte parti. 

Ettore Prandini, presidente esulta il presidente della Coldiretti, ha definito Verisem «la cassaforte” di un pezzo del patrimonio genetico nazionale di biodiversità fatto di sementi conservate da generazioni di agricoltori».

«La Coldiretti, insieme a Filiera Italia, è stata la prima a richiedere un intervento del Governo per impedire il passaggio in mani cinesi di una realtà strategica per la sovranità alimentare nazionale» ha sottolineato Prandini.

Anche la Cia, confederazione italiana agricoltori, ha chiesto «una proposta alternativa, seria e italiana, da mettere in campo rapidamente». (riproduzione riservata)


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