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Cina rebus real estate, tra crisi dei developer e bisogno di nuove case

Le difficoltà finanziarie delle grandi società di sviluppo immobiliare sta provocando a catena una serie di conseguenze che mettono a rischio la crescita dell'intera economia e della tenuta dei conti delle amministrazioni locali. Mentre i processi di inurbamento aprono enormi problematiche sociali sulla necessità di fornire immobili residenziali ad affitto contenuto


29/11/2021 18:52

di Marco Leporati*

settimanale

Il Real Estate, ovvero la proprietà immobiliare in Cina, è stato, di pari passo con l’attività manufatturiera, il motore trainante dell’economia, rappresentando un quarto del pil cinese, eclissato solo negli ultimi vent’anni dalla crisi finanziaria del 2008 e in parte, recentemente, dalla ventata epidemica del Covid 19.

Sfidando tutte le leggi economiche e le teorie ormai dimenticate del Boston Consulting Group (la vita del prodotto nelle sue quattro fasi) tutto il Real estate si è mosso travalicando le normali regole e diventando anche attività speculativa, disastrosa per l’ambiente e preda come rappresentata nel famoso film di Francesco Rosi Le mani sulla città con la sua longeva attualità.

La storia di Evergrande e di Kaisa rappresenta solo la parte superiore dell'iceberg formato da molte altre situazioni in corso con difficoltà oggettive di liquidità e di prospettive. In questo “presente continuo” il fatto nuovo è che molte aste per l’acquisizione di terreni edificabili sono andate deserte per la mancanza di interesse o battute a cifre molto inferiori alle aspettative.

Le aree edificabili appartengono allo Stato ma vengono aggiudicate alle società immobiliari (i cosiddetti developer) attraverso aste che permettono la costruzione di complessi immobiliari, una volta acquisite le relative concessioni per 50 anni se si tratta di progetti residenziali o 70 se industriali o di servizi.

Nel passato l’aggiudicazione di aree ubicate in zone prestigiose hanno registrato prezzi molto elevati e lo Stato ha incassato ingenti somme di danaro: solo nel 2020 i governi locali hanno beneficiato di entrate da aste per un totale di 8,4 trilioni di yuan pari a circa 1.000 miliardi di euro.

Il New centralised land sales programme (Nuovo programma per la centralizzazione delle vendite di terreni) ha stabilito, però, che 22 città, incluse Pechino, Shanghai e Shenzhen siano vincolate per quest’anno a tre round di aste. Poiché l’interesse è venuto meno per ragioni di liquidità sono stati ridotti i prezzi d’asta fino ad un 20 % e, per esempio, al fine di favorirne comunque l’attrattività ed evitare che le aste vadano deserte, a Suzhou, uno dei più importanti centri industriali, il deposito è stato portato al 30% del valore di asta rispetto al 50% degli anni passati. Nonostante queste facilitazioni un terzo delle settecento aste disseminate in Cina nel 2021 sono andate deserte.

A poco più di due mesi dalla vigilia del Capodanno cinese e dall’inizio dei Giochi Olimpici invernali la fotografia che si presenta è quella di società immobiliari a corto di liquidità per progetti in parte realizzati o già programmati su aree che sono state acquisite a prezzi eccessivi e che oggi, se si volessero rivendere, causerebbero forti minusvalenze finanziarie.

Ciononostante, a Hong Kong nei mesi scorsi Kaisa e Evergrande hanno svenduto lotti importanti per recuperare liquidità necessaria a far fronte a scadenze ravvicinate di pagamenti di interessi.

L'incerto futuro dell’edilizia viene già registrato da una diminuzione, per la prima volta da un anno anche se contenuta (0,5%), della percentuale del diossido di carbonio, tuttavia significativa se correlata alle minori produzioni di cemento e acciaio così come è emerso dai dati pubblicati da Carbon Brief per conto del Center for Research on Energy and Clean Air, gruppo indipendente di Helsinki.

Inoltre sono a disposizione sul mercato 40 milioni di vani in attesa di compratori con l’incertezza per l’applicazione della nuova tassa di proprietà decisa quale conferma, se mai ce ne fosse bisogno, della concretizzazione del concetto di “prosperità condivisa”.

Quando nell’agosto scorso la nuova tassa di proprietà  era stata lanciata dal Presidente Xi Jinping era stata accompagnata da due reazioni: l’una dei piccoli proprietari che si vedranno penalizzati anche se questa tassa dovrebbe essere solo applicata nelle città di prima, seconda e terza fascia lasciando indenni 3.000 città delle fasce residue; l’altra dallo scontento dei governi locali che si vedranno minori entrate per le aste deserte e non potranno ripagare i bond emessi attraverso LGFV – Local government financing vehicles.

Piccole città nelle province centrali avevano previste entrate per 9 miliardi di yuan e hanno incassato solo 900 milioni. Questo principio dei vasi comunicanti potrebbe portare i governi locali prima a disinvestimenti per infrastrutture nel proprio territorio e poi a considerevoli bancarotte. Purtroppo la transumanza dell’inurbamento ha ormai raggiunto quota 900 milioni  di persone secondo il censimento del 2020 pari al 63,89% dell’intera popolazione con la prospettiva di raggiungere il 70% nel 2035.

Si potrebbe obiettare che, come sul fronte energetico sono state prese decisioni che hanno migliorato in parte gli approvvigionamenti rispetto al mese di ottobre anche in questo inverno con freddo e nevicate in anticipo, così nell’edilizia si troveranno soluzioni adeguate.

La differenza delle situazioni è incommensurabile in quanto nel settore immobiliare il ruolo principale è giocato dall’acquirente, in genere un privato, il quale in questo momento ha oggettivamente un reddito medio di 10.000 euro l’anno in città quali Shanghai e di 5.000 euro nelle altre città (dati del NBS – National Bureau of Statistics relativi al 2020). A Shenzhen il costo di un appartamento secondo E-Home China research Institute, è di 43,5 volte superiore alla media reddituale annuale.

Quali le vie di uscita per evitare una radicalizzazione del problema?

In occasione del recente Finance 40 Forum alcuni economisti hanno suggerito quattro regole auree per rivitalizzare un mercato ingessato che se diminuisse del 8,8% nel primo trimestre 2022 avrebbe la ricaduta sul Pil cinese che si vedrebbe ridotto al 3% annuo: eliminare il controllo delle quote sui mutui bancari; autorizzare i prestiti per le società immobiliari qualificate, rivedere il livello delle imposizioni fiscali e chiarire lo spettro delle esenzioni per la tassa sulla proprietà. (riproduzione riservata)

*managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni


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