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Azienda Energetico

Energia, alla Cina petrolio russo con oltre il 30% di sconto

Secondo i calcoli di Bloomberg, Pechino sta già comprando il greggio degli Urali che il presidente Vladimir Putin non riesce più a vendere ai Paesi occidentali a uno sconto medio di 34 dollari il barile rispetto ai futures sul Brent europeo, che ieri sera viaggiava attorno a 116 dollari il barile dopo aver superato 120 in mattinata.


01/06/2022 14:23

di Elena Dal Maso - Class Editori

Petrolio

L'embargo per ora parziale al petrolio russo deciso dall'Unione europea, che oggi dovrà mettere a punto un testo condiviso, sta facendo emergere un primo vincitore. Ovvero la Cina. Secondo i calcoli di Bloomberg, Pechino sta già comprando il greggio degli Urali che il presidente Vladimir Putin non riesce più a vendere ai Paesi occidentali a uno sconto medio di 34 dollari il barile rispetto ai futures sul Brent europeo, che ieri sera viaggiava attorno a 116 dollari il barile dopo aver superato 120 in mattinata.

Significa che a questi valori la Cina sta facendo approvvigionamento di materia prima con uno sconto del 30% nel momento in cui il Paese, presieduto da Xi Jinping, ha deciso che oggi riapre Shanghai, la megalopoli cinese da 26 milioni di abitanti dove si trova il porto più grande al mondo, in lockdown stretto da fine marzo. Domenica 5 giugno, invece, sarà la volta di Pechino.

Quindi la Cina può tornare a produrre grazie ad un costo dell'energia decisamente concorrenziale rispetto all'Europa, costretta a pagare il petrolio attorno ai 120 dollari il barile e il gas a 90 euro il megawatt ora. Gli Usa sono indipendenti dal punto vista energetico, chi sta veramente pagando il prezzo della guerra in Ucraina è il Vecchio continente. Ieri, infatti, non a caso, le borse cinesi hanno chiuso toniche, mentre l'Europa è finita in rosso indebolendo anche Wall Street. La paura ora è che con un petrolio così alto l'inflazione non accenni a trovare un tetto costringendo Fed e Bce ad accelerare sulla politica monetaria restrittiva.

E la Russia? Secondo i calcoli degli economisti di Bloomberg, questo sesto round di sanzioni dell'Unione europea può costare al presidente Vladimir Putin fino a 10 miliardi di dollari l'anno in mancati ricavi da esportazione, costringendo la Russia a vendere il suo greggio a forte sconto in Asia, dove la materia prima, come si è visto, sta già passando di mano a 34 dollari il barile in meno rispetto al prezzo dei futures sul Brent. Sono mesi ormai che il greggio degli Urali viaggia a bordo di petroliere dirette in Cina, il primo acquirente al mondo di petrolio, e verso l'India. (riproduzione riservata)


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