Il Kazakhstan è tornato ad alzare la posta sulle condizioni che regolano il contratto del giacimento giant di Karachaganak, che fornisce il 49% del gas prodotto nel Paese. E il consorzio Kpo (Karachaganak petroleum operating), guidato da Eni e Shell con quote paritetiche del 29,9%, si trova di nuovo messo alle corde dopo la definizione della multa da 1,1 miliardi di dollari comminata circa un anno fa, e per la quale era previsto un acconto di circa 400 milioni di dollari.
Il governo kazako afferma di aver portato le sue richieste alla Camera di commercio internazionale di Parigi e che una decisione è attesa per metà 2020. Le novità erano nell’aria da qualche mese (si veda MF-Milano Finanza del 16 ottobre scorso), ma solo adesso sono state precisate dal ministero dell’Energia.
Il nuovo braccio di ferro ripropone la vecchia disputa andata avanti per tre anni su tasse e ripartizione dei profitti ma la allarga a tutta la durata del contratto e arriva proprio mentre a Karachaganak il consorzio ha appena annunciato l’avvio del quinto tronco per la reiniezione del gas, opera che rientra nella seconda fase di sviluppo del giacimento, e che per il direttore generale Gabriele Giona, «è una pietra miliare del progetto». A portare alla luce la recrudescenza della disputa è stato il vice ministro dell’Energia, Murat Zhurebekov, affermando che le negoziazioni col consorzio a guida Eni-Shell non si sono mai davvero concluse e che la transazione necessita di aggiustamenti che vadano a beneficio del Paese.
Secondo Zhurebekov, sarebbe stato disatteso il pre-accordo che prevedeva il pagamento da parte del consorzio di 1,1 miliardi di dollari a titolo di compensazione per i profitti non riconosciuti, stabilendo anche di apportare dei cambiamenti al meccanismo di distribuzione pro-quota della produzione. Non si sarebbe arrivati alla firma di un accordo vincolante sulle nuove condizioni. Il governo kazako, calcolatrice alla mano, aveva stimato di poterne ricavare 415 milioni di dollari in più al 2037, con le quotazioni del greggio a 80 dollari al barile. Ma sulla metodologia di calcolo da applicare alla divisione dei profitti non si trova ancora la quadra. Finora il consorzio si è regolato in modo da accantonare gli utili per garantire il rientro degli investimenti, prima di versare la quota che spetta allo Stato.
Ma dietro la sortita del governo kazako potrebbe esserci anche il mancato rilascio delle garanzie per estendere di altri 10 anni un prestito a lungo termine di 1 miliardo di dollari, per realizzare nuove infrastrutture. (riproduzione riservata)