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Azienda Energetico

Eni guarda al petrolio coreano del Mare Orientale insieme a Exxon

Il gruppo energetico italiano fa parte delle major, tra cui Eni, ExxonMobil, Aramco e Petronas, interessate al progetto Blue Whale Project promosso dalla Korea National Oil Corporation (Knoc), che secondo le stime dovrebbe vantare riserve petrolifere fino a 14 miliardi di barili che possono valere oltre mille miliardi di dollari


31/07/2024 17:41

di Nicola Carosielli - Class Editori

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Claudio Descalzi, ceo di Eni

Sembrano arrivare nuove occasioni petrolifere in Asia per le big oil, tutte pronte ora a incrementare i rapporti con la Corea del Sud. Secondo indiscrezioni raccolte da MF-Milano Finanza, alcune delle principali major tra cui spiccano Eni, ExxonMobil, Aramco e Petronas starebbero valutando un possibile investimento nel Blue Whale Project, il progetto di esplorazione promosso dalla Korea National Oil Corporation (Knoc) situato nel Mare Orientale, che secondo le stime dovrebbe vantare riserve petrolifere fino a 14 miliardi di barili che possono valere oltre mille miliardi di dollari.

In particolare in questi giorni la Knoc avrebbe avviato un roadshow per presentare il progetto e l’analisi di fattibilità economica. Uno dei primi a partecipare è stato il big americano ExxonMobil, mentre nei prossimi giorni dovrebbero avvenire degli incontri con Eni e poi a seguire con Aramco e Petronas. L’obiettivo del governo sudcoreano è quello di attirare quanti più investitori possibili – anche stranieri – nel progetto, spinto dalla convinzione che l’ingresso di più player possa consentire sia un forte risparmio sui costi di sviluppo del progetto sia di integrare le capacità tecnologiche di cui non sono provviste le aziende sudcoreane così da sviluppare in modo efficiente i giacimenti oil & gas in acque profonde.

Il Blue Whale Project è stato individuato recentemente dalla Corea del Sud come il più importante blocco all’interno di un vasto programma del Paese per rafforzare la propria sicurezza energetica e ridurre così la dipendenza delle importazioni di petrolio. In particolare, il programma generico si struttura lungo alcuni blocchi di cui il principale dovrebbe essere appunto il Blue Whale, ovvero il Blocco 8 del Mare Orientale, vicino alla baia di Yeongil – nella città di Pohang – in provincia del Gyeongsang settentrionale. Questo, secondo quanto dichiarato dal presidente della Corea del Sud, Yoon Suk-yeol, dovrebbe essere in grado di produrre potenzialmente fino a 14 miliardi di barili. Per la precisione, come ha sottolineato in passato la società di consulenza americana Act-Geo, Knoc ha identificato sette strutture promettenti di giacimenti nelle aree attorno ai Blocchi 8 e 6-1 nel Mare Orientale. Ad ognuna di queste strutture è stato dato un nome di animale marino, così oltre a Blue Whale (balenottera azzurra), si trovano Squid (clamaro) o Pollack (merluzzo giallo).

La prima perforazione dovrebbe, secondo le stime, partire questo dicembre e l’investimento, per consentire quattro mesi di lavoro, dovrebbe aggirarsi intorno ai 72,17 milioni di dollari. I risultati della trivellazione esplorativa iniziale saranno fondamentali. Il governo e Knoc, per ogni struttura, stimano un tasso di successo dello sviluppo circa del 20%, per cui per assicurarsi un blocco commercialmente valido servirà trivellare almeno cinque siti per una spesa di oltre 361 milioni di dollari. Proprio per questo è fondamentale per il governo provare ad attrarre maggiori investimenti da soggetti esteri.

Un ruolo importante in questa partita per catturare l’interesse delle grandi major sarà giocato anche dalle royalties che i titolari di diritti di estrazione mineraria sottomarina devono pagare al Ministero del Commercio, dell’Industria e dell’Energia quando estraggono materiali. Tali royalties sono limitate a un massimo del 12% sul prezzo di vendita di prodotti come petrolio e gas, al netto dei costi di lavorazione, stoccaggio e trasporto. Ora però si sta discutendo su una possibile revisione del sistema di royalty da parte del governo sudcoreano, che mira a condividere equamente i benefici del progetto ed evitare che gli investitori stranieri non raccolgano profitti sproporzionati. Resta quindi da capire se la mossa, qualora fosse confermata, possa eventualmente disincentivare gli investitori, rischiando anche di far naufragare il progetto Blue Whale. (riproduzione riservata)


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