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Borse cinesi, Shanghai in rally raggiunge il Nasdaq al top

Il rally del mercato cinese ha consentito a Shanghai di raggiungere il Nasdaq in cima alla classifica dei migliori listini nel 2020. Grazie alle stime di ripresa per l’economia di Pechino e all’attivismo dei piccoli trader


15/07/2020 10:27

di Marco Capponi - Class Editori

borse cinese

Nei mercati internazionali c’è un nuovo toro. O meglio, un nuovo drago. I listini cinesi negli ultimi giorni hanno mostrato una crescita impressionante, con il Csi-300 di Shanghai in robusto territorio positivo per otto sedute consecutive e più di 280 delle sue 300 quotate col segno più. Il rally si è interrotto solo venerdì 10 giugno a causa dell’incertezza globale per i numeri crescenti della pandemia di Covid-19.

Nonostante la frenata una serie di questo tipo non si ripeteva dal gennaio 2018, e per questo non pochi investitori hanno ipotizzato che la Cina possa essere il baricentro della ripresa finanziaria mondiale dopo la pandemia. Mentre le previsioni sul pil dell’Eurozona, recentemente riviste al ribasso dalla Commissione Europea, paventano un calo del -9% nel 2020 e una crescita del +6,1% nel 2021 (la cosiddetta «ripresa a U»), e la Fed ipotizza un simile scenario per gli Usa (rispettivamente -6,5% e +5%), il Fondo monetario internazionale pronostica per la Cina due anni di crescita: molto moderata nel 2020 (+1,2%), ben più robusta l’anno successivo (intorno al 9%).

Ma da cosa dipende questo rally degli indici e, più in generale, dell’economia? Innanzitutto è opportuno considerare un dato relativo al Coronavirus: la Cina è stato il primo Paese a soffrire i danni dell’emergenza sanitaria e, di riflesso, il primo a contrastarla con misure di lockdown molto severe. Questo significa che, mentre negli Stati Uniti il record del numero di contagi viene superato ogni giorno (più di tre milioni il totale), lo scorso giovedì Pechino ha potuto esultare gli zero casi per la prima volta nell’ultimo mese.


La situazione sanitaria gioca quindi a vantaggio dei listini cinesi, ma dall’altra parte va considerato anche l’entusiasmo degli investitori, soprattutto retail, ottimisti per l’aumento di liquidità e per le misure di sostegno politico all’economia del Dragone. Gli stessi media di Stato stanno incoraggiando le persone a buttarsi sul mercato azionario: venerdì 3 luglio lo Shanghai Security News, giornale di proprietà statale leader nel campo economico-finanziario, ha pubblicato una storia dal titolo Hahahahahaha! I segnali di un mercato rialzista sono sempre più chiari, in cui venivano esaltati gli effetti dei prezzi delle azioni crescenti e si invitavano gli investitori a partecipare alla corsa all’acquisto.


Secondo un report pubblicato da Intermonte, che ricorda l’alta propensione al rischio dei cinesi, il forte recupero dei listini azionari è conseguenza diretta di una ripresa dei margin loans, ossia «dell’autorizzazione all’apertura di conti individuali presso broker che prestano soldi per acquisto di azioni». Un fenomeno che si era già verificato nel biennio 2014-15, quando l’indice di Shanghai crebbe del 150% in un anno per poi collassare bruscamente allo scoppio della bolla dovuta all’eccesso di leva. Un precedente che le autorità non potranno certo ignorare.


Il fenomeno infatti potrebbe verificarsi di nuovo, visto che il governo parrebbe sfruttare i mercati azionari per ridistribuire il reddito e spingere i consumatori alla spesa, favorendo così la ripresa. In settimana i dati macroeconomici hanno mostrato una crescita dell’inflazione del +2,7% (con consensus a 2,5%), ma anche una deflazione del -3,7% degli indici dei prezzi della produzione, a dimostrazione del fatto che la pandemia ha pesato molto sulla domanda dei beni industriali. La produzione industriale stessa, a maggio, è cresciuta del +4,4% (ed è quindi migliore della domanda), ma ha deluso il consenso degli analisti, che ipotizzavano un robusto +5%.


Intanto i volumi degli scambi nelle borse cinesi vengono spinti in alto soprattutto dal segmento retail. Lo scorso mercoledì 8 luglio sono state contrattate azioni per 62 miliardi, a fronte di una media mensile di 28,33. Il terreno per gli investitori italiani si prospetta interessante, sia sul fronte dei fondi azionari sia su quello degli Etf. La classifica di Fida sui migliori azionari ed Etf Cina e Cina A Shares aggiornata al 7 luglio (si vedano le tabelle) mostra rendimenti dell’anno corrente tutti a doppia cifra, in grado di superare in alcuni casi anche il 40% a un anno.

Tra i fondi azionari più performanti ci sono il JPM China A-Share Opportunities A-Acc e il JPM China D Acc di JP Morgan, che hanno rendimenti all’anno corrente rispettivamente del 26,93% e 25,30%. «Riteniamo che ci sia un forte potenziale nel lungo termine e opportunità di investimento domestiche in Cina», spiega Howard Wang, head of the Greater China team di JP Morgan Asset Management, che poi aggiunge: «La nostra presenza sul campo, oltre alla profonda comprensione a livello di singoli titoli, permette ai clienti di beneficiare delle inefficienze del mercato». Il Covid-19 ha aumentato la domanda di servizi a breve termine legati soprattutto a sanità e commercio elettronico, che restano i settori caldi in cui i gestori continuano a investire: «Vediamo opportunità di crescita strutturali a lungo termine nel campo dell’healthcare, della tecnologia e dei consumi», conclude Wang. «Questi comparti hanno spesso un forte focus domestico, date le interessanti opportunità presenti in Cina».

Va poi ricordato, oltre alle contingenze di breve periodo legate alla ripresa post-Covid, un importante tema di fondo: da un paio di anni infatti gli indici Msci stanno allargando le quote percentuali delle A-Shares cinesi all’interno del benchmark di riferimento. Questo significa che i titoli di società del Dragone hanno sempre più peso nei portafogli, e i gestori sono spinti a comprarli, inglobandoli nei loro fondi. Un fenomeno che riguarda anche gli investitori istituzionali, e che dimostra come il percorso di crescita degli indici cinesi sia una storia di ben più ampio respiro. (riproduzione riservata)


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