Cassa Depositi e Prestiti ha ricevuto ordini superiori all’ammontare offerto per il collocamento del primo Panda bond italiano. L’emissione da un miliardo di yuan, pari a circa 130 milioni di euro, definita «sperimentale» dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, era destinata a investitori istituzionali attivi nel mercato obbligazionario interbancario cinese.
L’operazione è stata anche un banco di prova dei rapporti tra l’Italia e la Cina. I titoli hanno una durata di tre anni, con scadenza ad agosto 2022, e prevedono una cedola del 4,5% e un prezzo del 100%. L’emissione rientra nel programma 2019 Renminbi Bonds fino a 5 miliardi autorizzato la scorsa settimana dalla banca centrale cinese. Le risorse raccolte saranno destinate al sostegno delle imprese italiane (e delle loro controllate in Cina) che esportano o producono oltre Muraglia.
L’emissione permetterà a Cdp di dare seguito a uno degli obiettivi dei protocolli firmati con Intesa Sanpaolo lo scorso agosto e con Unicredit a febbraio per finanziare le piccole e medie imprese anche attraverso strumenti in yuan, con una mitigazione del rischio di cambio e di tasso di interesse. Bank of China ha agito in qualità di lead underwriter e bookrunner con China Development Bank, Goldman Sachs Gao Hua Securities, Hsbc,Icbc e Jp Morgan Chase Bank a fare da joint lead underwriter e joint bookrunner.
L’agenzia di rating China Chengxin International ha assegnato a Cdp la tripla A con outlook stabile. Un giudizio che va ben oltre quelli espressi dalle agenzie occidentali. Il rating Cdp infatti è allineato a quello dell’Italia: per Standard&Poor’s e Fitch è un BBB con outlook negativo, mentre per Moody’s è Baa3 con outlook stabile. Il trattamento riservato non è una novità. In generale tutto ciò che è emesso in Cina è tripla A oppure AA+ o AA. Anche l’Ungheria venne considerata AAA quando a dicembre collocò Panda bond sovrani per 2 miliardi di yuan, mentre i giudizi della tre sorelle erano BBB, Baa3 e BBB.
«Vogliamo realizzare un sostegno finanziario più strutturato alle imprese in Cina per affrontare la crescente domanda del Made in Italy», aveva sottolineato Palermo aprendo il Forum finanziario italo-cinese dello scorso 11 luglio a Milano.
Il Panda bond targato Cassa, primo emittente italiano e primo istituto nazionale di promozione europeo a muoversi in questa direzione, rappresenta un banco di prova delle relazioni economiche e finanziarie con Pechino. Trascorsi 14 anni dal debutto (le prime emissioni furono della Società finanziaria internazionale e della Banca asiatica per lo sviluppo) tali strumenti sono ancora in una fase embrionale, scriveva un anno fa Kmpg. Nel 2018 gli emittenti sono stati 175 per un totale di 96 miliardi di yuan. Gran parte delle emissioni dal 2005 ha avuto scadenza da 3 a 5 anni, mai oltre i 10.
Messo a confronto con l’intero mercato obbligazionario cinese, il terzo al mondo e in procinto di scavalcare quello giapponese, il mercato dei Panda bond è tuttavia ancora piccolo (dal 2005 il volume è di 316,5 miliardi di yuan) e condizionato da cambiamenti nella regolamentazione. Sconta inoltre la scarsa conoscenza che spesso si ha degli emittenti. Per esempio l’Ungheria ha collocato i suoi 2 miliardi a tre anni al tasso del 4,3%. L’emissione con stessa scadenza e stesso taglio dell’Emirato di Sharjah, uno degli Emirati arabi uniti, al 5,8%. (riproduzione riservata)