La Cina intende favorire l'emissione di Panda Bond. Il comitato per lo sviluppo e la stabilità finanziaria pubblicherà a breve nuovo linee guida per il collocamento sul mercato interno di obbligazioni denominate in yuan da parte di aziende e Stati esteri. L'intento è quello di favorire la raccolta di capitali direttamente in valuta cinese, incentivandone così anche l'internazionalizzazione.
Sviluppi che toccano da vicino anche l'Italia entrata in questo mercato lo scorso luglio con il primo collocamento da 1 miliardo di yuan (circa 130 milioni di euro) effettuato da Cassa Depositi e Prestiti, primo emittente italiano e primo istituto nazionale di promozione europeo a muoversi in questa direzione. Le risorse rientrano in un più ampio programma da 5 miliardi di yuan, che serviranno a finanziare l'attività delle imprese italiane nella Repubblica popolare. Le risorse finora raccolte sono andate a EuroGroup Lamination (10 milioni di euro), Fiamm (5 milioni), Ufi Filter (40 milioni) e ai trattori di sdf con 50 milioni.
Messo a confronto con l’intero mercato obbligazionario cinese, il terzo al mondo e in procinto di scavalcare quello giapponese, il mercato dei Panda bond è tuttavia ancora piccolo (dal 2005 il volume è di 389,5 miliardi di yuan) e condizionato da cambiamenti nella regolamentazione. Conta inoltre la scarsa conoscenza che spesso si ha degli emittenti. Per esempio l’Ungheria ha collocato i suoi 2 miliardi a tre anni al tasso del 4,3%. L’emissione con stessa scadenza e stesso taglio dell’Emirato di Sharjah, uno degli Emirati arabi uniti, al 5,8%.
Trascorsi 15 anni dal debutto (le prime emissioni furono della Società finanziaria internazionale e della Banca asiatica per lo sviluppo) tali strumenti sono ancora in una fase embrionale, scriveva nel 2018 Kmpg. Quell'anno gli emittenti sono stati 175 per un totale di 96 miliardi di yuan. Gran parte delle emissioni dal 2005 ha avuto scadenza da 3 a 5 anni, mai oltre i 10. Quanto ai rendimenti è sempre il report di Kmpg a evidenziare come sul mercato interbancario, per le istituzioni finanziarie, si collochino in una forchetta compresa tra il 3,1% e il 4,6%. Le emissioni corporate invece tra il 2,8% e il 5,5%.