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L'intesa fiscale con la Cina spingerà Pechino a comprare Btp

Per i tecnici del Senato l'accordo siglato lo scorso marzo può favorire un effetto sostituzione tra i finanziatori del debito italiano. E' previsto che sugli interessi la misura della ritenuta applicabile nello Stato della fonte non potrà eccedere un’aliquota del 10% dell'ammontare lordo degli interessi.Prevista anche un'aliquota ridotta all’8% in relazione a prestiti con durata almeno triennale


03/03/2020 09:30

di Andrea Pira - Class Editori

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La stretta di mano tra i due presidenti nel marzo del 2019

L'accordo sulle doppie imposizioni tra Italia e Cina può spingere l'interesse degli investitori cinese per il debito pubblico italiano. Lo ipotizza tra le righe il servizio Bilancio del Senato nel dossier che accompagna l'arrivo in Parlamento dell'accordo siglato lo scorso marzo, in occasione della visita del presidente Xi Jinping in Italia, quando venne firmato il memorandun sulla Belt & Road, e ora in fase di ratifica. 

All'articolo 11 dell'intesa siglata dall'allora ministro dell'Economia, Giovanni Tria,  è previsto che sugli interessi la misura della ritenuta applicabile nello Stato della fonte non potrà eccedere un’aliquota del 10% dell'ammontare lordo degli interessi. La novità introdotta dall'accordo è però un'aliquota ridotta all’8% sugli interessi pagati da istituti finanziari, in relazione a prestiti con durata almeno triennale mirati a finanziare progetti d’investimento.

È comunque prevista l’esenzione da ritenuta alla fonte sui pagamenti di interessi in uscita, cioè quelli pagati dal Governo italiano o altro ente finanziario tricolore, oppure quando gli interessi sono pagati al governo o a un ente locale, alla Banca Centrale, a un ente pubblico, oppure a un ente il cui capitale è interamente pubblico. In questo modo, precisava il Tesoro, è ripristinata l’esenzione sui pagamenti di interessi di fonte cinese percepiti da alcune istituzioni finanziarie italiane non più al 100% pubbliche come Cdp, Sace, Simest. Un modo per incentivare la sottoscrizione di Panda bond emissi da Cassa, sottolineava lo stesso Mef. 

I tecnici di Palazzo Madama fanno però un passo avanti. Le tipologie di interessi prese in considerazione potrebbero infatti riguardare in gran parte "quelli derivati da finanziamento del debito pubblico". Sia italiano sia cinese, ma "è verossimile supporre", aggiungono che gli effetti finanziari riguarderanno più gli interessi sui nostri Btp. 

Il servizio Bilancio, come di sua competenza, guarda principalmente al rischio di mancato gettito per le casse dello Stato ed evidenzia che andrebbe ipotizzato un possibile effetto sostituzione. In pratica incentivati e spronati dal non dovere corrispondere alcuna tassazione al fisco italiano, contro il vigente regime fiscale del 12,5%,  gli investitori cinesi potrebbero prendere il posto di finanziatori europei, di altri Paesi extra-Ue o addirittura degli stessi italiani.

Al momento infatti i detentori asiatici sono soltanto una piccola parte, fatta eccezione per il Giappone. Guardando alla ripartizione geografica, uno studio di Unicredit riferito alla fine del 2018 mostra che ben il 76% del debito nei portafogli degli stranieri è collocato all’interno dell’Eurozona, dove la Francia ha un peso specifico del 20% e la Germania del 12%. Esposizione importante anche per Spagna (13%) ed Irlanda (7%), mentre fuori da Eurolandia i maggiori investitori sono Giappone (5%), Regno Unito (2%) e Usa (4%).

Nell'estate del 2018, intanto, in occasione della visita in Cina di Tria, la Banca d'Italia aveva siglato con la People's bank of China un'intesa per diversificare le proprie riserve valutarie includendo lo yuan. (riproduzione riservata)


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