La Cina attira i gestori nonostante le tensioni Usa-Cina e i timori per i livelli raggiunti nelle quotazioni del settore immobiliare. L'interesse per il Dragone è alimentato in primo luogo dalla ripresa del pil dopo lo stallo del 2020 quando comunque il Paese era stato l'unico tra le grandi potenze a chiudere l'anno con un segno più, anche perché è più avanti nella gestione del Covid-19.
"Quello che ha catturato l'attenzione della maggior parte dei commentatori è stato l'obiettivo di crescita del pil per il 2021 annunciato sopra il 6%, un numero relativamente basso che probabilmente indica un focus maggiore sulla qualità della crescita. Il Paese ha rilasciato il riassunto del 14° piano quinquennale dove, per la prima volta, non sono stati menzionati obiettivi di crescita media per i prossimi cinque anni, il che è più in linea con l'obiettivo di concentrarsi sulla crescita di qualità e di impostare le giuste politiche per la prosperità a lungo termine della Cina", osserva Guillaume Dhamelincourt, gestore del gruppo La Française evidenziando che, "si tratta di una conferma degli obiettivi a lungo termine della leadership cinese e dei mezzi ad essi collegati, tale stabilità e scopo ci danno fiducia nel mercato cinese al di là della volatilità delle ultime settimane".
Fa eco di Philipp Vorndran, strategist di Flossbach von Storch: "A ben guardare, la Cina si trova addirittura sulla corsia di sorpasso. Se da un lato il valore aggiunto delle 10 maggiori economie dei mercati emergenti nel 2000 era ancora tre volte superiore a quello della Cina, quest'ultima oggi le ha ormai superate. Nel breve termine, naturalmente, a contribuire è stato l'efficace contenimento del coronavirus".
Intanto Blackrock osserva che "la Cina ha recentemente revocato la maggior parte delle restrizioni, spianando la strada a una crescita più forte. Recenti dati cinesi migliori del previsto suggeriscono che i mercati potrebbero sottovalutare la resilienza dell'economia. Con l'obiettivo di migliorare la qualità della crescita economica, i policymaker hanno dimostrato una chiara volontà di tenere sotto controllo la liquidità e consentire picchi occasionali dei tassi a breve termine, muovendosi di fatto nella direzione opposta rispetto al resto del mondo. Questa distorsione della politica aggressiva ha spaventato i mercati, ma a nostro avviso potrebbe essere stata ampiamente riflessa nei prezzi", afferma Blackrock nel suo Weekly commentary.
Per la società di gestione l'obiettivo di crescita del pil conservativo di oltre il 6% per il 2021, suggerisce che Pechino non sta cercando di massimizzare la crescita a breve termine. "Questo obiettivo conservatore riflette anche due principali incertezze: la pandemia e le tensioni tra Stati Uniti e Cina, a nostro avviso", dice Blackrock.
Anche "la recente debolezza dei mercati cinesi offre un punto di ingresso interessante", prosegue Blackrock. La recente correzione è stata causata dai timori che il Paese potesse inasprire la sua politica monetaria per via del rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato Usa che si è visto nelle scorse settimane sulla scia dei timori di un aumento dell'inflazione. Ma dopo il "il meeting del Parlamento cinese vediamo che questi rischi si sono ridotti", spiega Blackrock osservando anche che i tassi di default aziendali cinesi sono inferiori alle medie globali. Per tutti questi motivi il gruppo mantiene una allocazione sopra il benchmark sull'azionario della Cina.
Visione positiva pure da Ubs che punta su Pechino. "Aumentare l'allocazione al mercato cinese può migliorare la diversificazione e aiutare a posizionarsi sulle principali trasformazioni economiche, giocando d'anticipo rispetto a gran parte degli indici globali", ha spiegato Matteo Ramenghi, chief investment officer di Ubs Wealth Management, "la Cina continua a essere la protagonista della scena economica mondiale di questo secolo: negli ultimi 20 anni la sua economia è quintuplicata e ormai rappresenta il 20% del pil globale e il 30% della crescita economica. La Cina sta inoltre investendo abbondantemente per raggiungere l'autosufficienza in ambito tecnologico"
Ovviamente questo mercato presenta molteplici rischi: "a breve termine, l’indice azionario cinese è altamente esposto alla tecnologia e proprio per questo ha risentito più di altri della recente correzione. Inoltre la regolamentazione, soprattutto in materia Antitrust, potrebbe mettere in discussione alcune piattaforme Internet e le tensioni con gli Stati Uniti potrebbero bloccare un canale di accesso ai mercati finanziari", spiega Ramenghi.
Ma pesa molto di più il fatto che di pari passo con la graduale apertura del mercato che la Cina sta portando avanti, aumenta il suo peso sui listini finanziari: la capitalizzazione di borsa cinese è salito di 25 volte, mentre il valore del mercato obbligazionario è aumentato di 80 volte, raggiungendo i 16 mila miliardi di dollari. Anche la valuta cinese, il renminbi, si sta affermando a livello internazionale, trovando spazio nelle riserve delle principali banche centrali e scalando posizioni in termini di volumi di scambio.
Nonostante questi passi avanti, "la presenza della Cina sui principali indici globali è ancora limitato: per esempio, la Cina pesa poco più del 5% dell'Msci World Index. Per questo molti investitori si ritrovano implicitamente sottoinvestiti sulla Cina. Anche la complessità del mercato contribuisce alla scarsa esposizione degli investitori", dice Ramenghi.
L'universo azionario cinese è suddiviso tra mercato domestico e offshore. Le azioni trattate sul mercato domestico, denominate azioni A, sono scambiate sulle borse di Shanghai e Shenzhen; le azioni offshore, o azioni H, sono scambiate a Hong Kong o come American Depositary Receipt (Adr). Il mercato domestico è più esposto all'economia interna e vi operano principalmente gli investitori retail; al contrario, il mercato offshore è maggiormente esposto ai beni di consumo discrezionali e alle mega cap tecnologiche e vi operano soprattutto gli investitori istituzionali.
Anche per le obbligazioni cinesi esiste una suddivisione analoga, ma in questo caso il mercato domestico è nettamente più importante. I titoli obbligazionari emessi dallo Stato, dagli enti locali e dalle banche pubbliche sono il segmento più consistente.
"Aumentare il peso della Cina all'interno dei portafogli globali è un modo per giocare d'anticipo rispetto a gran parte degli indici globali che nel corso dei prossimi anni, con tutta probabilità, rivedranno periodicamente al rialzo l'allocazione nei confronti del mercato cinese", prevede Ramenghi. (riproduzione riservata)