Il governo cinese punta un faro sulla recente serie di default che ha riguardato alcune aziende participate dello Stato. Il caso è stato al centro dell’ultima riunione del Comitato per la stability finanziaria, presieduto dal vicepremier Liu He, consigliere del presidente Xi Jinping per le questioni economiche.
Le emissioni delle aziende pubbliche sono state a lungo un porto sicuro per gli investitori. Da inizio anno l‘ammontare dei default ha però raggiunto i 157 miliardi di yuan (circa 23,9 miliardi di dollari) avvicinandosi al record di 167 miliardi registrato lo scorso anno. Nelle ultime settimane non sono riusciti a ripagare la società mineraria Yongcheng, che lo corso 10 novembre ha fatto default su un ammontare di bond del valore di 1 miliardo di yuan, il produttore di chip Tsinghua Unigroup, legato alla prestigiosa università pechinese e la Huachen Automotive Group Holdings, partner di Bmw, è entrata in fase di ristrutturazione a seguito di un grave dissesto finanziario.
Per la società di consulenza Trivium, il governo non appare turbato, ma monitora la situazione. Un certo tasso di default è considerato naturale sul mercato. La tolleranza zero è invece riservata alle operazioni considerate “dubbie”. Il messaggio ai regolatori è di punire qualsiasi comportamento scorretto.
Nel 2019 si è toccato un record di default per il mercato obbligazionario. Numeri che colpiscono se confrontati con quelli del 2017, quando i titoli insolventi ammontavano soltanto a 26,6 miliardi. Secondo gli analisti, però, questa rapida crescita dei default non è una cattiva notizia perchè indica come la Cina stia davvero aprendosi alle regole dei mercati.
L'assenza di default registrata in passato non era infatti dovuto a una superiorità (in termini di qualità o solidità) delle società cinesi, ma al fatto che il sistema finanziario era strettamente controllato, le società erano spesso legate al governo e le obbligazioni venivano in gran parte acquistate da istituti di credito statali. Le autorità sono intervenute spesso per garantire che le imprese economicamente in difficoltà non arrivassero al default, per la preoccupazione per i disordini sociali in caso di perdita di posti di lavoro o mancato pagamento degli stipendi.
Questo sistema aveva come controndicazione il fatto che non c'era un incentivo alla disciplina di chi chiedeva credito. Secondo gli esperti ora che a investire in Cina sono sempre più anche gli investitori internazionali è importante che si crei una cultura del merito di credito e anche il rischio default fa parte di queste nuove regole del gioco. (riproduzione riservata)