Nell'annunciare di aver raggiunto l'accordo da 44 miliardi di dollari per l'acquisizione di Twitter, Elon Musk ha definito il social network come «la piazza digitale in cui avvengono i dibattiti vitali per il futuro dell'umanità». Cogliendo la palla al balzo, sulla scia di un antagonismo che si trascina da anni, poche ore dopo Jeff Bezos - fondatore di Amazon e secondo uomo più ricco del mondo alle spalle di Musk - ha usato proprio un tweet per domandarsi quale sarà, in questa piazza, l'influenza della Cina. I critici dell'imprenditore di origine sudafricana fanno infatti notare che il Paese guidato da Xi Jinping, in cui Twitter è stato messo al bando nel 2009 ed è ancora inaccessibile, costituisce il secondo bacino di vendite mondiale per i veicoli elettrici di Tesla e la fonte principale delle sue batterie, e si chiedono se le dichiarazioni di Musk, che si definisce un «assolutista della libertà di parola», reggeranno davanti a eventuali pressioni di Pechino. Bezos si è affrettato poi a ritrattare la sua affermazione, dicendo che uno scenario di censura su Twitter dal governo cinese sembra poco probabile e aggiungendo che il ceo di Tesla «è estremamente bravo ad affrontare questo tipo di complessità». Ma la provocazione era stata già lanciata. Tanto che poi è stato lo stesso governo cinese a intervenire, per bocca del portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin, che ha definito come prive di base fattuale le speculazioni sull'influenza del Dragone nei confronti del neo-acquirente di Twitter. Ma Bezos non è stato l'unico a commentare in modo quantomeno tiepido l'annuncio di Musk.
La portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, pur premettendo di non voler commentare alcuna transazione specifica, ha detto che la presidenza Biden è «da tempo preoccupata per il potere delle piattaforme di social media di diffondere disinformazione». E ancora meno transigente è stato il Commissario europeo per il Mercato interno Thierry Breton: «Tutti sono i benvenuti, ma alle nostre condizioni. Sappiamo cosa dirgli: Elon, ci sono delle regole. Sei benvenuto ma queste sono le nostre regole. Non sono le tue che si applicano qui». Vale a dire, va bene perseguire la maggior libertà di parola possibile, ma senza spiragli per discorsi d'odio o disinformazione. Non all'indomani dell'accordo sul Digital Services Act, il provvedimento che imporrà alle big tech di comunicare periodicamente alle autorità europee le misure che prendono per contrastare discriminazioni e fake news. «Se Twitter non aderirà alle nostre regole, ci sono sanzioni: il 6% dei ricavi e, in caso di recidiva, il bando dall'operare in Europa», ha detto Breton.
A snobbare Musk è stato anche l'ex presidente Usa Donald Trump, che era stato bandito dal social dopo l'assalto al Campidoglio dei suoi sostenitori per il «rischio di incitare azioni violente» e la cui riabilitazione è considerata possibile sotto Musk: il 45esimo inquilino della Casa Bianca ha dichiarato di non avere intenzione di tornare su Twitter, puntando tutto sulla sua nuova piattaforma, Truth Social, online da un paio di mesi e in procinto di sbarcare a Wall Street insieme al Trump Media & Technology Group tramite fusione con la spac Digital World Acquisition Corp. Ma le azioni di quest'ultima, da quando il ceo di Tesla ha annunciato i primi acquisti di Twitter, hanno perso ben il 44% in borsa. Intanto S&P Global ha messo il titolo Twitter in credit watch negativo, con possibilità di declassare il rating (BB+) di oltre un notch: a preoccupare è soprattutto l'aumento della leva finanziaria, che con i 13 miliardi di debito derivanti dall'acquisizione supererebbe il valore di 1,5 volte. Resta poi il nodo governance: senza contrappesi, Musk «potrebbe anteporre i suoi interessi a quelli degli altri stakeholder, creditori compresi». Dopo il rally di lunedì, le azioni hanno frenato sul mercato: a circa un'ora dalla fine delle contrattazioni la flessione è di oltre il 3%, a 50,04 dollari. Più di quattro in meno rispetto al prezzo d'Opa. (riproduzione riservata)