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Musk-Twitter, c'è una China-connection? I dubbi di Bezos

La Cina è il secondo mercato di Tesla grazie alla gigafactory di Shanghai. Washington e Bezos parlano di rischio conflitto di interessi. Wang Wenbin, portavoce del ministro degli esteri cinese, ha definito come prive di base fattuale le speculazioni sull'influenza del Dragone nei confronti del neo-acquirente di Twitter. Ma non è stato l'unico a commentare in modo quantomeno tiepido l'annuncio


27/04/2022 13:55

di Pierluigi Mandoi - Class Editori

Musk
Elon Musk

Nell'annunciare di aver raggiunto l'accordo da 44 miliardi di dollari per l'acquisizione di Twitter, Elon Musk ha definito il social network come «la piazza digitale in cui avvengono i dibattiti vitali per il futuro dell'umanità». Cogliendo la palla al balzo, sulla scia di un antagonismo che si trascina da anni, poche ore dopo Jeff Bezos - fondatore di Amazon e secondo uomo più ricco del mondo alle spalle di Musk - ha usato proprio un tweet per domandarsi quale sarà, in questa piazza, l'influenza della Cina. I critici dell'imprenditore di origine sudafricana fanno infatti notare che il Paese guidato da Xi Jinping, in cui Twitter è stato messo al bando nel 2009 ed è ancora inaccessibile, costituisce il secondo bacino di vendite mondiale per i veicoli elettrici di Tesla e la fonte principale delle sue batterie, e si chiedono se le dichiarazioni di Musk, che si definisce un «assolutista della libertà di parola», reggeranno davanti a eventuali pressioni di Pechino. Bezos si è affrettato poi a ritrattare la sua affermazione, dicendo che uno scenario di censura su Twitter dal governo cinese sembra poco probabile e aggiungendo che il ceo di Tesla «è estremamente bravo ad affrontare questo tipo di complessità». Ma la provocazione era stata già lanciata. Tanto che poi è stato lo stesso governo cinese a intervenire, per bocca del portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin, che ha definito come prive di base fattuale le speculazioni sull'influenza del Dragone nei confronti del neo-acquirente di Twitter. Ma Bezos non è stato l'unico a commentare in modo quantomeno tiepido l'annuncio di Musk.

La portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, pur premettendo di non voler commentare alcuna transazione specifica, ha detto che la presidenza Biden è «da tempo preoccupata per il potere delle piattaforme di social media di diffondere disinformazione». E ancora meno transigente è stato il Commissario europeo per il Mercato interno Thierry Breton: «Tutti sono i benvenuti, ma alle nostre condizioni. Sappiamo cosa dirgli: Elon, ci sono delle regole. Sei benvenuto ma queste sono le nostre regole. Non sono le tue che si applicano qui». Vale a dire, va bene perseguire la maggior libertà di parola possibile, ma senza spiragli per discorsi d'odio o disinformazione. Non all'indomani dell'accordo sul Digital Services Act, il provvedimento che imporrà alle big tech di comunicare periodicamente alle autorità europee le misure che prendono per contrastare discriminazioni e fake news. «Se Twitter non aderirà alle nostre regole, ci sono sanzioni: il 6% dei ricavi e, in caso di recidiva, il bando dall'operare in Europa», ha detto Breton.

A snobbare Musk è stato anche l'ex presidente Usa Donald Trump, che era stato bandito dal social dopo l'assalto al Campidoglio dei suoi sostenitori per il «rischio di incitare azioni violente» e la cui riabilitazione è considerata possibile sotto Musk: il 45esimo inquilino della Casa Bianca ha dichiarato di non avere intenzione di tornare su Twitter, puntando tutto sulla sua nuova piattaforma, Truth Social, online da un paio di mesi e in procinto di sbarcare a Wall Street insieme al Trump Media & Technology Group tramite fusione con la spac Digital World Acquisition Corp. Ma le azioni di quest'ultima, da quando il ceo di Tesla ha annunciato i primi acquisti di Twitter, hanno perso ben il 44% in borsa. Intanto S&P Global ha messo il titolo Twitter in credit watch negativo, con possibilità di declassare il rating (BB+) di oltre un notch: a preoccupare è soprattutto l'aumento della leva finanziaria, che con i 13 miliardi di debito derivanti dall'acquisizione supererebbe il valore di 1,5 volte. Resta poi il nodo governance: senza contrappesi, Musk «potrebbe anteporre i suoi interessi a quelli degli altri stakeholder, creditori compresi». Dopo il rally di lunedì, le azioni hanno frenato sul mercato: a circa un'ora dalla fine delle contrattazioni la flessione è di oltre il 3%, a 50,04 dollari. Più di quattro in meno rispetto al prezzo d'Opa. (riproduzione riservata)


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