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Rifinanziare i mutui, Pechino pensa alla mossa del rilancio

In questo modo si abbasserebbero i costi dei prestiti immobiliari per milioni di famiglie, lasciando spazio per una ripresa dei consumi. Sarebbe anche il segnale che il governo è deciso a sostenere l'economia. Intanto però la crisi dell'immobiliare si allarga a Hong Kong dove è in crisi una delle più solide società, la New World Development. Male l'ultimo dato Pim sul manifatturiero


02/09/2024 15:22

di Alberto Chimenti - Class Editori

settimanale

La Cina potrebbe consentire ai proprietari di case di rifinanziare fino a 5.400 miliardi di dollari di mutui, per abbassare i costi dei prestiti per milioni di famiglie e rilanciare i consumi. Secondo il piano, i proprietari potrebbero rinegoziare le condizioni di finanziamento prima di gennaio, quando le banche tipicamente riprezzano i mutui, riferiscono fonti a conoscenza dei fatti a Bloomberg.

Inoltre, per la prima volta dalla crisi finanziaria globale, il rifinanziamento del mutuo potrebbe essere contratto con una banca diversa. Le autorità stanno intensificando la spinta per ridurre i costi dei mutui, dopo che l'anno scorso la People Bank of China, la banca centrale,  ha incoraggiato questo tipo di sostegno e le banche hanno risposto con un taglio dei tassi sui mutui in essere per le prime case.

Se da un lato la riduzione dei tassi ipotecari danneggerebbe la redditività delle banche statali, dall'altro le autorità si trovano ad affrontare nuove pressioni per arginare il rallentamento dell'economia del Paese.

«Se attuata, la mossa invierebbe il segnale che il governo centrale sta intensificando le misure per sostenere l'economia generale, proteggere la ricchezza delle famiglie e stimolare i consumi», ha commentato Raymond Cheng, responsabile della ricerca immobiliare in Cina di Cgs International Securities Hong Kong. «Questo aiuterebbe indirettamente anche il settore immobiliare».

«Se attuata, la mossa invierebbe il segnale che il governo centrale sta intensificando le misure per sostenere l'economia generale, proteggere la ricchezza delle famiglie e stimolare i consumi», commenta Raymond Cheng, responsabile della ricerca immobiliare in Cina di Cgs International Securities Hong Kong. «Questo aiuterebbe indirettamente anche il settore immobiliare».

L'urgenza di interventi importanti per rilanciare il settore immobiliare è segnalata anche oggi dalla borsa di Hong Kong dove il titolo di New World Development Co., una delle immobiliari leader, è crollato del 14% dopo che la societàdi proprietà della famiglia Cheng ha previsto una perdita fino a 20 miliardi di dollari di Hong Kong (2,6 miliardi di dollari) nell'anno finanziario conclusosi a giugno, la sua prima perdita annuale in due decenni.

Il gruppo ha citato svalutazioni di asset, perdite sugli investimenti e tassi di interesse più alti alla base della perdita. Le consistenti svalutazioni degli asset «potrebbero aumentare la leva finanziaria e compromettere il piano di riduzione del debito della società», avverte Patrick Wong, analista di Bloomberg Intelligence. «Ciò potrebbe sollevare preoccupazioni tra gli investitori riguardo al potenziale rischio di un ulteriore calo della valutazione dei suoi immobili di investimento, in particolare degli edifici per uffici a Hong Kong».

Il gruppo è stato sotto esame negli ultimi anni a causa dell'alto livello di indebitamento. Il rapporto tra debito netto e capitale proprio era pari all’82,7% alla fine dello scorso anno rispetto al 41,4% della rivale Henderson Land Development e al 21,2% di Sun Hung Kai Properties, secondo Bloomberg Intelligence. La crisi di New World riflette un problema più ampio tra gli sviluppatori: i prezzi residenziali a Hong Kong sono scesi al minimo degli ultimi otto anni. Il settore degli uffici resta debole, riducendo le entrate da affitti e, di conseguenza, il valore degli immobili di investimento degli sviluppatori. Il mercato residenziale stagnante limita anche la vendita di appartamenti con gli sviluppatori costretti a fare sconti per attirare acquirenti.

Notizie non buone arrivano anche dal resto dell'economia. L’indice Pmi ufficiale del settore manifatturiero cinese è sceso ad agosto a 49,1 da 49,4 a luglio, sotto la soglia di 50 che separa la crescita dalla contrazione. Invece, il Pmi del settore delle costruzioni e dei servizi è salito a 50,3, sostenuto dai consumi durante la stagione delle vacanze estive. «I paesi produttori di chip stanno andando abbastanza bene, ma il rallentamento della Cina continuerà a pesare sull'attività manifatturiera dell'Asia per un po' di tempo», sottolinea Toru Nishihama, capo economista dei mercati emergenti presso il Dai-ichi Life Research Institute. «Il rallentamento della domanda statunitense potrebbe aggiungere ulteriore pressione sulle economie asiatiche, molte delle quali sono già preoccupate per le ricadute della crescita cinese stagnante», ha aggiunto.

Le preoccupazioni per il deterioramento delle prospettive della Cina si sono intensificate questa settimana dopo una serie di deludenti trimestrali delle società di consumo e un taglio alle previsioni di crescita da parte degli economisti di Ubs Group. Il declassamento riflette il consenso emergente tra le banche globali sul fatto che il Paese potrebbe mancare il suo obiettivo di crescita di circa il 5% nel 2024. L'ultima volta che il Paese ha mancato il target è stato nel 2022. (riproduzione riservata)


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