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Stretta cinese sulle criptovalute. Chiude Binance

Dopo il divieto da parte della Banca centrale cinese, la società chiuderà le negoziazioni il 31 dicembre. Altri paletti ai miners, sono presenti nella bozza, messa in consultazione, dell'ultima versione della negative list. Si tratta dell’ultima di una serie di stretta per l’industria, altamente energivora e concorrente rispetto al progetto di criptovaluta sovrana.


14/10/2021 12:10

di Mauro Romano - Class Editori

Bitcoin

Mentre il Bitcoin veleggia verso quota 58.000 dollari, in Cina si vedono gli effetti della stretta regolatoria sul mondo digitale. Binance, maggior piattaforma di cripto al mondo in termini di volumi, ha annunciato la chiusura delle contrattazioni in yuan dopo il divieto da parte della Banca centrale cinese. La società chiuderà le negoziazioni il 31 dicembre, permettendo ai clienti di ritirare i fondi investiti. Binance è stata ideata nel 2017 da Changpeng Zhao, uno sviluppatore che in precedenza aveva creato software di trading ad alta frequenza (altra area contro cui sta muovendo Pechino) ed è registrata nelle Isole Cayman.

La piattaforma si sta unendo a una serie di altre società specializzate nella transazione di valute digitali che stanno lasciando il Paese dopo la stretta delle autorità annunciata a settembre. Anche la concorrente Huobi ha annunciato che rimuoverà gli utenti ancora attivi che risiedono in Cina, sempre entro la fine dell'anno.

Nel 2019 Binance aveva lanciato una piattaforma che consente agli utenti di scambiare Bitcoin, Ether e Tether contro la valuta cinese. La stessa piattaforma è stata messa sotto indagine dal Dipartimento di Giustizia Usa con l'accusa di riciclaggio e reati fiscali. Anche la Financial Conduct Authority del Regno Unito ha ordinato a Binance di bloccare tutte le attività regolamentate nel Paese lo scorso giugno.

Altro nodo riguarda i minatori di cripto, ossia i servizi di creazione delle valute. Iminers cinesi secondo quanto riporta il quotidiano russo Vedomosti, si sono nel frattempo spostati in Siberia. 

Nella regione russa le operazioni per minare le criptovalute avrebbero innescato un vero e proprio boom dei consumi energetici nel 2021 nella regione di Irkutsk, pari a un aumentato tendenziale del 159%. Non a caso il governatore locale, Igor Kobzev, si è lamentato della situazione nella lettera inviata al vice primo ministro Alexander Novak, nella quale il politico lamenta interruzioni nella fornitura di energia elettrica imputabili proprio all'eccesso di domanda causata dall'estrazione di cripto. Avendo Irkutsk storicamente le tariffe elettriche più contenute in Russia grazie a una storica abbondanza d'energia, la zona ha catalizzato l'interesse dei minatori di cripto. L'effetto congiunto dell'impennata delle materie prime e della crisi energetica hanno tuttavia stravolto lo scenario, lasciando il proverbiale cerino combusto nelle mani dei miners.

Altri paletti ai miners, sono presenti nella bozza, messa in consultazione, dell'ultima versione della negative list. Si tratta dell’ultima di una serie di stretta per l’industria, altamente energivora e concorrente rispetto al progetto di criptovaluta sovrana. 

A metà settembre la People's Bank of China (PBoC), la banca centrale della Repubblica popolare cinese, ha dichiarato illegali tutte le transazioni relative alle criptovalute sono illegali. Alle piattaforme estere sarà quindi vietato fornire servizi ai residenti in Cina attraverso Internet. In questo modo la PBoC ha rafforzato la dura posizione di Pechino contro i rivali digitali del denaro emesso dal governo. (riproduzione riservata)


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