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Azienda Finanza

Tra Cina e Usa è contesa per le matricole in borsa

La stretta della Cybersecurity Administration di Pechino sulle quotazioni all'estero delle società del Dragone spinge le merchant americane a cercare nuove piazze per non perdere le ricche commissioni


23/07/2021 14:25

di Nicola Carosielli - Class Editori

Cina

Un trasloco preventivo. In seguito alla vicenda Didi Chuxing, colpita dalle nuove regole di sicurezza informatica di Pechino, le banche d'affari statunitensi hanno deciso di correre ai ripari congelando i dossier di tutte le ipo d'aziende tecnologiche cinesi che puntano a quotarsi a New York. Il piano B allo studio prevede che lo sbarco avvenga invece a Hong Kong.

Didi, colosso cinese del ride-hailing, era finito due giorni fa nell'occhio del ciclone in seguito alla notizia secondo cui la Cyberspace Administration of China (Cac) starebbe valutando l'applicazione di dure sanzioni: da una multa superiore a 2,8 miliardi di dollari, fino a un delisting forzato da Wall Street (dopo la recentissima quotazione da 4,4 miliardi di dollari). Gli alti funzionari di Pechino hanno chiesto l'applicazione di un nuovo regime normativo per sorvegliare tutte le ipo all'estero e il Cac ha proposto regole che vietano alle società con più di un milione di utenti di quotarsi all'estero senza un controllo di sicurezza preventivo e l'ottenimento di un permesso ufficiale. Una mossa, ha riportato il Financial Times, che inevitabilmente ha spinto le banche d'affari Usa a ripensare le rispettive strategie e che rischia di far perdere alla piazza americana una cospicua fetta di capitalizzazione. Secondo i dati Dealogic, infatti, sono state circa 20 le società cinesi che nei mesi scorsi hanno reso nota l'intenzione di raccogliere almeno 1,4 miliardi di dollari dalla vendita di azioni a New York quest'anno. Senza dimenticare che nel corso del primo semestre 34 società cinesi hanno raccolto 12,4 miliardi di dollari in ipo a New York.

Questi dati rendono la misura di quanto la decisione dei regolatori asiatici possa pesare non solo su Wall Street, ma anche sulle laute commissioni che le banche d'affari intascano per l'intermediazione. L'advisory alle società cinesi sulle quotazioni, del resto, ha rappresentato un'attività assai lucrativa per molti istituti, tra cui Goldman Sachs e Morgan Stanley, generando entrate da commissioni per 460 milioni di dollari nella prima metà dell'anno. «Ne stiamo parlando con tutti. Gli emittenti cinesi che pianificano ipo a New York stanno ora valutando l'opportunità di ripiegare su Hong Kong», ha dichiarato al Financial Times un senior capital markets banker che lavora nell'ex dominion britannico.

Questa strategia che banker e società cinesi stanno pianificando, però, è tutt'altro che di semplice attuazione. Alcune rigide regole d'ammissione alla quotazione a Hong Kong, come i requisiti minimi di redditività, fanno sì che molte società abbiano maggiori difficoltà a vendere azioni in quel mercato, ha chiarito il banker: «Se vuoi fare un deal quest'anno, nel migliore dei casi verrai rimandato al 2022; nel peggiore non sarai in grado di farlo». (riproduzione riservata)


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