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Unicredit valuta l'uscita dalla Turchia, un mercato strategico

Dopo aver rinunciato alla Polonia, Jean-Pierre Mustier, ceo della banca italiana, avrebbe deciso una profonda riorganizzazione delle attività nel paese, concentrate nella Yapi Kredi bank, il quarto istituto del mercato, gestita in jv con il gruppo Koc Financial. Il piano prevede l'assunzione di Unicredit del controllo diretto della quota del 41%, per facilitare una vendita diretta


29/08/2019 10:14

di Nicola Carosielli - Class Editori

Unicredit valuta l'uscita da Yapi

l lavoro per ridisegnare il gruppo Unicredit intrapreso dal ceo Jean-Pierre Mustier potrebbe riguardare anche la Turchia. Dopo le vendite di Pioneer, Bank Pekao e, recentemente, di Fineco, potrebbe infatti essere la volta di Yapi Kredi. Secondo quanto riferito da Bloomberg, l’istituto di credito di piazza Gae Aulenti avrebbe avviato trattative con il partner turco Koc Holding che potrebbero portare alla vendita o alla riduzione della sua partecipazione in Yapi Kredi. Le discussioni vertono sulla riorganizzazione della joint venture Koc Financial Services, che detiene quasi l’82% di Yapi Kredi.

Unicredit sarebbe quindi interessata a uscire dall’alleanza (in cui era entrata nel 2005) e ad assumere il controllo diretto della sua quota del 41% di Yapi Kredi, prendendo parallelamente in considerazione una struttura che aiuterebbe a liberare capitale.
Il mercato sembra gradire tale ipotesi di lavoro. Ieri infatti il titolo Unicredit a Piazza Affari dopo le indiscrezioni (che il gruppo ha preferito non commentare) ha invertito la rotta virando al rialzo e ha terminato le contrattazioni in rialzo dell’1,76% a 9,89 euro, spinto anche dal restringimento dello spread a 174 punti base.

Come ha sottolineato Hugo Cruz, analista di Keefe, Bruyette & Woods, «una partecipazione diretta offrirebbe a Unicredit una maggiore flessibilità strategica e renderebbe più semplice per la banca liberare capitali dalla Turchia; pertanto dovrebbe essere accolto favorevolmente dagli investitori di Unicredit». Nonostante la Turchia rappresenti in media il 2% delle entrate e circa il 10% degli utili del gruppo bancario italiano, un’eventuale uscita dalla Turchia «consentirebbe di ridurre il costo del patrimonio netto e fornirebbe all’istituto anche una maggiore riserva di capitale per la ristrutturazione e gli impatti normativi nel prossimo anno», hanno proseguito gli esperti di Keefe, Bruyette & Woods.


Nel secondo trimestre Unicredit ha indicato un’esposizione infragruppo verso la Turchia di 1,8 miliardi di euro di capitale nonché 22,5 miliardi di euro di attività ponderate per il rischio (Risk-Weighted Assets), con un rapporto Cet1 implicito dell’8%. «Quindi se l’esposizione turca fosse completamente rimossa», ha notato ancora Cruz, «Unicredit avrebbe un Cet1 ratio pro-forma del 12,3% rispetto al 12,1% riportato».


Intanto Mustier prosegue con le pulizie di bilancio (si veda MF-Milano Finanza del 21 agosto) prima della presentazione del nuovo piano industriale, atteso per dicembre. E, archiviata la ristrutturazione, il ceo ha intenzione concentrarsi su efficienza e trasformazione del business. Una strada obbligata per rispondere al fintech e alla stagnazione: «L’efficienza arriverà soprattutto dall’ottimizzazione delle attività», aveva spiegato Mustier in una recente intervista a MF-Milano Finanza. (riproduzione riservata)


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