I gestori di fondi delle grandi società occidentali sono divisi sulle prospettive delle performance delle borse cinesi, temendo sia i rischi di un ulteriore indebolimento degli indici di quel mercato, sia gli effetti negativi sulle blue chips occidentali del rallentamento dell’economia del Dragone nel suo complesso.
Tra gli ottimisti si è schierato Rob Marshall-Lee, gestore del comparto azionario di Newton Im del gruppo statunitense BNY Mellon. «È vero che l’indice Msci China ha perso terreno nel 2018, ma ha pur sempre sovraperformato l’indice europeo negli ultimi 3, 5 e 10 anni. E di fatto scambia ancora a rapporti forward di prezzo/utile (P/E) sostanzialmente più bassi rispetto alle azioni europee,» ha scritto in un suo recente report.
Inoltre ha insistito:«nella nuova fase dell’economia cinese c’è da aspettarsi che il pil rallenti, ma la qualità della crescita non potrà che migliorare perché i protagonisti, oggi, sono le società private focalizzate sulla ricerca di profitti e a bassa intensità di capitale, diversamente dalla fase precedente, quando erano le banche statali a iniettare credito in altre società pubbliche o in costruttori edili a finanziamento statale. L’economia cinese continua la sua transizione da una crescita guidata dagli investimenti a un’espansione determinata principalmente dai consumi, soprattutto nel settore dei servizi».
E ha aggiunto: «Il settore terziario rappresenta una quota crescente del pil e domina la nuova fase di crescita basata sui consumi. In aggiunta, i cambiamenti delle politiche cinesi sull’educazione, sulla sanità, sulle assicurazioni e sul web promettono bene per i settori dei servizi. Questi business tendono ad avere ritorni più alti sulle azioni, governance migliori e un potenziale di crescita sostenuto: tutte considerazioni chiave per gli investitori che mirano a ottenere ritorni compositi nel lungo periodo».
Secondo il gestore di Newton Im, «ci troviamo a un punto di ingresso attraente per chi vuole investire in molte delle migliori società cinesi, perché i timori sulle guerre delle tariffe e le politiche monetarie precedentemente stringenti hanno creato buone opportunità sul mercato. Inoltre, l’indebolimento della valuta cinese contro il dollaro ha compensato in larga parte la riduzione di competitività causata dall’aumento delle tariffe».
«I risultati di bilancio delle società cinesi nel 2018 sono stati contrastati, ma certamente non catastrofici,» ha concluso, «continuiamo a vedere una forte crescita per molte società cinesi rivolte ai consumatori, nonché per le multinazionali con fatturato in Cina, in settori come l’educazione, il lusso e i cosmetici. Persino le importazioni di auto, nonostante l’aumento delle tariffe, stanno andando bene, perché sono meno influenzate dal taglio dei precedenti stimoli finanziari. Molte delle migliori opportunità di investimento azionarie in un’ottica pluriennale, oggi, sono proprio in titoli cinesi che si sono indeboliti negli ultimi mesi».