In Cina la connessione ad Internet negli ultimi mesi ha subito un’accelerazione tanto che, secondo i dati della CNNIC (China Internet Network Information Center), si sono registrati a giugno 940 milioni di utenti e di questi 749 milioni la utilizzano per gli acquisti online. La maggiore crescita si è avuta nelle aree rurali con un incremento degli utenti cresciuto dal 39.8% di un anno fa al 52.3% del giugno di quest’anno.
La popolazione rurale a fine 2019 era calcolata in 953 milioni rispetto ai 427 milioni di persone che vivono nelle città di prima, seconda e terza fascia. Il potere di acquisto, seppure in progresso, di questa crescente platea di consumatori non è rapportabile a quella delle città ma il loro numero è più del doppio e, nonostante il problema dei migranti (290 milioni citati più volte con il rischio di precarietà economica), dovrebbe essere presupposto per gli sviluppi futuri del mercato interno dal momento che il focus delle analisi economiche partono sempre e solo dall’andamento del livello dei consumi.
Scomponendo il dato omogeneo si nota che una parte degli utenti utilizza internet solo per le piattaforme educative (studenti), per il food delivery, per l’entertaiment e la visione on demand di video in streaming: di questa attività Douyin, versione cinese dell’app TikTok ne è una componente importante così come la sua rivale Kuaishou, legata a J.D.com che, con i suoi 300 milioni di utenti attivi, ha creato a Chengdu un centro di commercio del social commerce sempre in livestreaming.
In questo contesto l’e-commerce con la sua diretta derivazione del cross-border nel suo aspetto evolutivo merita attenzione non solo come flusso in importazione ma anche di attività verso l’estero.
Nato come articolazione dell’e-commerce intorno al 2014 di strada ne ha percorsa: infatti, in quegli anni il mercato prevalente del B2B e B2C era gestito soprattutto nell’area di Shenzhen dove l’interscambio logistico con Hong Kong era allora facilitato da regole di “passaggio” tra le due aree contigue.
Quasi contemporaneamente Shanghai aveva istituito la China (Shanghai) Pilot Free Zone che insieme ad altre quattro realtà Ningbo, Chonqing, Zengzhou e Hangzhou (quartier generale di Alibaba) bilanciavano la gestione dell’ e-commerce.
Oggi, con l’ultima delibera dell’aprile scorso con la quale lo State Council China’s Cabinet autorizzava l’apertura di 46 nuove cross border and commerce pilot zones, la rete ha raggiunto il consistente numero di 105 strutture operative. Anche il Primo Ministro Li Keqiang, alla fine di aprile, quando il Paese era in fase di ripartenza, dichiarava che “dobbiamo accelerare lo sviluppo del commercio elettronico e di altri nuovi modelli per favorire il commercio e gli investimenti esteri”.
Nel 2015 il valore di spesa del cross-border rispetto all’e-commerce valeva il 12% e oggi, nei primi sei mesi di quest’anno ha raggiunto ormai la soglia del 26%.
Il cross border era nato con lo scopo di garantire soprattutto l’originalità del prodotto in quanto troppi falsi entravano nel circuito commerciale ed il consumatore, allora alle prime armi, era frastornato e titubante nell’atto di acquistare.
Nel frattempo, visti i passi avanti nella disciplina della protezione della proprietà intellettuale (IPR), la priorità è diventata la rapidità. Nella società dove è stato statuito che tutto deve essere veloce - l’informazione anche se fallace, i tempi di risposta nel mercato ed ovviamente i tempi di ricevimento del prodotto acquistato - Alibaba, J.D.com, Sunning e Pinduoduo si sono dati come obiettivo le consegne in tempi estremamente rapidi.
Il paradosso di cui non si fa mai cenno è che la IATA (l’associazione che governa tutte le compagnie aeree) denuncia periodicamente lo stallo e le conseguenti gravi perdite nei trasporti aerei di passeggeri e merci ma non considera all’interno delle sue statistiche l’attività frenetica di flotte di aerei che trasvolano i confini del mondo per la distribuzione e la consegna di piccoli colli ordinati online.
Cainiao, società controllata da Alibaba, di cui è il supporto logistico, si sta muovendo con l’organizzazione di una nuova flotta di circa mille aerei cargo oltre alla creazione di una trentina di hub logistici sparsi per il mondo e di 30 strutture di sdoganamento in Cina correlate alle e-commerce pilot zones per garantire la consegna entro le 72 ore dall’acquisto.
SF-EXPRESS, società nata nel 1993 a Shenzhen per le consegne via camion di pacchi e pouch in alternativa a EMS e a DHL Sinotrans, oggi ha una flotta di più di 50 aerei cargo e in progetto la costruzione di un proprio areoporto nelle regioni centrali della Cina.
Per il cross border destinato all’estero, dal 1 di settembre sono stati creati in Cina 12 Custom districts identificati con la finalità di supervisionare l’attività di B2B per l’export. Per questa attività è stata semplificata la procedura per l’export declarations con una registrazione iniziale dell’azienda esportatrice e con dichiarazioni on line che ne riducono i tempi.
La Gac (General custom authority) ha dichiarato che lo scambio commerciale relativo all’e-commerce nei primi sei mesi dell’anno ha avuto un incremento del 26% in import mentre per l’export ha raggiunto il 29%.
In Cina la spesa del consumatore contribuisce al 56% del pil ed è per questa ragione che tutte le attenzioni sono puntate alla verifica mensile dei dati in uscita. A settembre si è riscontrato un 3% in più di crescita nel retail rispetto ai mesi precedenti che non bilancia il dato del settembre 2019 rispetto al 2018 quando si era marcata una crescita del l’8%.
Tutto bene? Forse si, tranne che, come sostiene uno degli intervistati nell’ultimo docufilm di Jeff Orlowski “The social dilemma”, presentato nel circuito Netflix, attraverso le tecnologie persuasive “se non stai pagando per un prodotto il prodotto sei tu”. (riproduzione riservata)
*managing director a Shanghai di Savino Del Bene, azienda di trasporti internazionali e logistica. Vive e lavora in Cina da oltre 25 anni