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Airbnb lascia la Cina per lockdown e competizione interna

Le inserzioni nel Paese spariranno dal 31 luglio. La società era sbarcata a Pechino nel 2016, ma ha sofferto la concorrenza ed è stata anche oggetto di controversie. Resterà solo un ufficio nella capitale


24/05/2022 12:42

di Pierluigi Mandoi - Class Editori

Airbnb

Dal prossimo 30 luglio su Airbnb non ci saranno più inserzioni per stanze o appartamenti in Cina. La società sospenderà tutte le attività nel Paese a eccezione della prenotazione di alloggi all'estero, a causa della politica zero-Covid di Pechino e delle restrizioni ai viaggi che essa comporta. Lo ha annunciato la stessa Airbnb in una lettera aperta pubblicata sul proprio account di Wechat.

Competizione sofferta

Il gruppo con sede a San Francisco è sbarcato in Cina nel 2016 e da allora 25 milioni di persone hanno prenotato un alloggio nel Paese con la sua app. Ma ha avuto costanti difficoltà nel competere contro le tariffe fornite dagli operatori locali come Tujia e Xiaozhu, che hanno mantenuto la loro posizione di vantaggio nel mercato. Se si guarda infatti al totale delle inserzioni, quelle che Airbnb rimuoverà a partire dal 31 luglio saranno circa 150mila, mentre su Tujia ce ne sono circa 1,2 milioni. Il business in Cina ha prodotto intorno l'1% dei ricavi totali di Airbnb, un numero peggiorato dall'inizio della pandemia.

Poco successo, qualche controversia

Da quando è arrivata a Pechino Airbnb ha provato invano ad acquisire Xiaozhu per aumentare la propria quota di mercato ed è stata anche oggetto di controversie quando un suo dirigente, l'ex vicedirettore dell'Fbi, Sean Joyce, decise di abbandonare il suo ruolo nella società dopo soli sei mesi perché preoccupato della quantità di dati che venivano condivisi con le autorità governative. Quello che resterà ora al gruppo del ceo, Brian Chesky, sarà un ufficio nella capitale con "qualche centinaio" di dipendenti in modo da servire gli utenti cinesi che viaggiano all'estero e organizzare eventi globali.

Fuga della Silicon Valley dalla Cina

Il gruppo degli affitti brevi è solo l'ultima delle grandi aziende internet occidentali a lasciare la Cina. Nel 2016 a precederla era stata Uber, che aveva abbandonato Pechino vendendo i suoi asset locali alla rivale Didi Chuxing. Nelle big tech, tra censura governativa e difficoltà operative, non operano più in Cina né Alphabet (Google) né Meta Platforms (Facebook). E l'ultimo social statunitense rimasto in Cina, Linkedin (di Microsoft), ha passato la mano a ottobre 2021, citando il poco successo ottenuto.

Titolo -31% da inizio anno

Airbnb si è quotata sul Nasdaq a dicembre 2020 raccogliendo 3,5 miliardi di dollari con la più grande ipo dell'anno negli Stati Uniti nonostante per la società fosse un periodo difficile a causa della pandemia. Ha chiuso il 2021 con un fatturato di 6 miliardi di dollari (+78% sull'anno precedente) e ha mantenuto la tendenza di crescita nel primo trimestre di quest'anno grazie al ritorno dei viaggi: ricavi a 1,53 miliardi (+78%) e utile di 55 milioni contro la perdita di 3,9 miliardi di gennaio-marzo 2021. Il titolo, in un momento di difficoltà generale per l'azionario, ha perso il 31,96% da inizio anno. Ieri ha chiuso in crescita dello 0,65% a quota 133,28 dollari mentre nel trading after hours ha segnato -1,65% a 111,48 dollari. (riproduzione riservata)


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