In Cina è sempre più diffuso il sistema di riconoscimento facciale per svolgere una serie di operazioni in velocità, sia che si tratti di pagare al supermercato che di accedere alla propria abitazione dotata di sistema di sicurezza, di entrare in biblioteca o di registrarsi in hotel. Il riconoscimento facciale è ormai una procedura quasi banale che sta diventando pervasiva, complici Alibaba e Tencent, che controllano il 90% di questo nuovo mercato.
Se si desidera ottenere una serie di servizi pratici è necessario accettare di rilasciare dei dati personali, ma gli utenti potenziali non si lamentano di vedere i propri dati biometrici aspirati dai server del leader dell’e-commerce Alibaba e dal gigante dei social media Tencent. Sono tranquilli perchè pensano che la sicurezza delle transazioni sia verificata dalla Banca centra cinese, la People Bank of China.
E pensare che a New York gli inquilini di uno stabile a Brooklyn ricorreranno contro l’amministratore del condominio che vuole installare un sistema di riconoscimento facciale per l’accesso agli appartamenti che ora avviene attraverso un badge che può essere violato.
La spiegazione è che i cinesi non danno la stessa importanza degli occidentali al rispetto della propria vita privata. La Cina è sempre collettivista e i diritti degli individui appartengono al governo che si occupa di tutto. E nel 2017 ha adottato la legge sulla protezione dei dati personali.
A Shanghai, il supermercato Carrefour del parco Zhongshan è attrezzato per il pagamento con riconoscimento facciale, e allo stesso modo lo sono tutte le casse automatiche dei supermercati Carrefour nell’Ex Impero di Mezzo. Il cliente scansiona da sé i prodotti che ha acquistato utilizzando la cassa con riconoscimento facciale che è equipaggiata con due videocamere delle dimensioni di una biglia: lo schermo riconosce la persona, che in precedenza deve essersi iscritta, e comunica la somma da pagare. A questo punto il cliente deve inserire le quattro ultime cifre del proprio numero di telefono sul terminale di pagamento fornito da WeChat Pay del gruppo Tencent e il gioco è fatto.
A due anni di distanza dai primi test, il pagamento con riconoscimento facciale sta convincendo un numero crescente di insegne. A Pechino le 300 panetterie Wedome si sono attrezzate come certi ristoranti Kfc, i minimarket Hema iperconnessi di Alibaba o la catena di ristoranti XiaoYang ShengJian. Carrefour stima che il 20% dei pagamenti entro due o tre anni verrà effettuato con questa tecnologia che permette di guadagnare tempo e produttività.
In giugno alcune città, Shenzhen, capitale cinese della tecnologia, e Jinan, hanno sperimentato il riconoscimento facciale al posto dei biglietti su alcune linee della metropolitana. Il vantaggio per gli utenti è di poter viaggiare senza portafoglio, né smartphone. È una delle promesse dell’Internet delle cose: se gli apparecchi del quotidiano sono capaci di interagire con gli umani, l’utilizzatore non ha più bisogno di uno strumento, che oggi è lo smartphone.
Nel 2018, 583 milioni di persone hanno pagato con il proprio smartphone in Cina, cioè più di due internauti su tre secondo il Centro di informazioni sulla rete Internet cinese, per un montante di 35.470 miliardi di euro, secondo la Banca centrale della Cina cioè più di tre volte il pil del Paese. I due colossi della tecnologia si finanziano prelevando una piccola commissione sulle transazioni fatturate ai commercianti, mentre gli utenti approfittano spesso di sconti fatti apposta per attrarli verso un servizio piuttosto che un altro.
Alibaba ha lanciato a fine 2018 un sistema leggero, delle dimensioni di un tablet, equipaggiato con una fotocamera 3D chiamata «Libellula». Il direttore del sistema di informazione di Wedome, ha detto a Le Monde che il sistema ha permesso di accrescere del 60% la produttività dei cassieri della catena di panetterie. Secondo Carrefour, invece, il guadagno di tempo non è poi così radicale come è stato con il passaggio al pagamento mobile.