La Cina ha varato una serie di nuove regole che imporranno alle più grandi aziende di internet del Paese di chiedere l'approvazione per le operazioni di investimento.
Secondo quanto riferito da fonti a conoscenza dei fatti a Dow Jones Newswires, la Cyberspace Administration of China - l'autorità di regolamentazione del Paese per internet - ha istituito un nuovo meccanismo di recente che impone alle società tecnologiche di ottenere un'approvazione formale per gli investimenti, qualora possiedano più di 100 milioni di utenti o abbiano contabilizzato un fatturato di almeno 10 miliardi di yuan (1,57 miliardi di dollari).
Il regulator, continuano le fonti, ha informato alcune di queste società questa settimana. I nuovi requisiti arrivano dopo un anno di repressione del settore di internet del Paese e potrebbero portare a un maggiore controllo normativo sulle transazioni e persino impedire alle società di effettuare determinati investimenti, precisano le fonti. Le nuove regole riguarderebbero alcune delle più grandi società tecnologiche della Cina come Tencent, Alibaba e ByteDance.
Pechino continua la sua battaglia contro le big tech che vanno a caccia di capitali all’estero, Stati Uniti in primis, in nome della sicurezza nazionale. Dopo l’approvazione della legge sulla sicurezza dei dati e di quella sulla protezione delle informazioni personali, che riguardano rispettivamente l'archiviazione e la riservatezza dei dati, il governo cinese impone nuove restrizioni.
A inizio gennaio Pechino ha comunicato che dal prossimo 15 febbraio implementerà insieme ad altre autorità nazionali nuove regole di sicurezza informatica.
Verrà richiesto alle società di internet, le cosiddette "platform companies" come Alibaba e ByteDance, che possiedono dati relativi a più di 1 milione di utenti, di sottoporsi a un rigido controllo di cybersicurezza prima che inoltrino la domanda di ammissione alle autorità di vigilanza straniere e quotino le proprie azioni all'estero.
Le società non saranno autorizzate a sbarcare su altri mercati qualora la valutazione rilevi una possibile compromissione della sicurezza nazionale. La Cac ha lanciato per la prima volta tale proposta lo scorso luglio a seguito del caso Didi, sostenendo che l’esame di sicurezza sarà focalizzato sui rischi che, a seguito delle ipo offshore, governi stranieri possano intaccare, controllare o manipolare dati sensibili.