Sono passati appena una ventina di giorni dalla presentazione di una trimestrale quasi trionfale. Ma per Apple (ma non solo) dallo scorso 28 gennaio lo scenario è molto cambiato, e con il profit warning di ieri ha cominciato a quantificare i danni e a perdere terreno in borsa.
Il gigante di Cupertino il mese scorso per il primo trimestre 2020 aveva previsto un fatturato record tra 63 e 67 miliardi di dollari. Ora non si aspetta più di raggiungere queste cifre e non ha fornito una stima aggiornata sulle vendite, puntualizzando che la situazione in Cina è in evoluzione. La società ha promesso di fornire ulteriori informazioni dopo i conti di aprile.
Apple realizza quasi il 20% delle entrate dalla Cina. Tutta colpa dell’esplosione dell’epidemia del Coronavirus e del suo impatto sulla crescita economica mondiale, passando inevitabilmente attraverso i conti delle aziende.
E così Apple ha annunciato che i ricavi previsti per il secondo trimestre saranno rallentati da due fattori. Il primo è che l’offerta mondiale di iPhone sarà limitata pro tempore: i siti di produzione di iPhone sono situati al di fuori della provincia cinese di Hubei ma, anche se tutte le strutture hanno già riaperto i battenti, stanno riprendendo la produzione più lentamente di quanto Apple si aspettasse.
Il secondo fattore è che la domanda dei prodotti Apple in Cina ha risentito della situazione scatenata dal Covid-19: tutti negozi Apple in Cina e molti dei negozi partner sono stati chiusi. Inoltre, i negozi sono stati aperti a orari ridotti e con un traffico clienti molto più basso del normale.
L’impatto della notizia in borsa è stato pesante. Partita male già nel pre mercato, ha poi accelerato al ribasso, sfiorando il -3%, per tornare poi intorno al -2,3%, ma appesantendo comunque tutti gli indici di Wall Street. La notizia ha infatti spinto in rosso i fornitori di Apple, tra cui Qualcomm, Broadcom, Qorvo e Skywork Solutions. E lo stesso è accaduto ai produttori di chip, il cui fatturato dipende fortemente dalla Cina, scivolati in negativo insieme all’indice dei semiconduttori e al settore tecnologico dell’S&P.
Il warning di Apple mette in luce problemi che prima o poi finiranno col danneggiare molte aziende esposte alla Cina. Tuttavia i mercati e la stessa Apple cercano di gettare acqua sul fuoco. «I negozi stanno riaprendo lentamente ma in modo costante. Gli uffici sono aperti così come i centri di contatto in Cina», spiegano da Apple. «Anche se è una notizia deludente, non è una sorpresa e ci aspettiamo ancora che questi problemi siano transitori», afferma un analista di Raymond James, «cioè che quasi tutta la produzione e la maggior parte della domanda vengano recuperate una volta che fornitori e negozi in Cina torneranno alla normalità».
Più scettica solo Fitch convinta che l’epidemia possa avere un effetto persistente sulle società tech Usa causa le catene di approvvigionamento incentrate in Cina e l’impossibilità di cambiare rapidamente i fornitori. In caso si prolunghi ancora la crisi, inoltre, saranno a rischio soprattutto le società di hardware, dipendenti da semiconduttori e altri componenti prodotti nei Paesi asiatici. (riproduzione riservata)