Escalation in vista nella guerra dei chip: il dipartimento del Commercio americano potrebbe bloccare già dal mese prossimo le consegne di chip ai clienti in Cina e in altri Paesi a rischio senza licenza. Le nuove restrizioni potrebbero riguardare anche le licenze sui servizi cloud alle aziende cinesi che lavorano con l'intelligenza artificiale.
Non si tratterebbe di una novità, ma di un salto di qualità: a ottobre, il governo statunitense ha introdotto una prima stretta sull'export dei chip A100 di Nvidia, il colosso americano. L'azienda ha risposto mettendo sul mercato una versione progettata per il mercato cinese perché al di sotto delle soglie di prestazioni previste dal dipartimento del Commercio per l'obbligo di licenza.
Secondo il WSJ, le opzioni prese in considerazione includono il controllo delle esportazioni dei popolari chip AI A800 di Nvidia e restrizioni sui contratti di servizi cloud per le aziende cinesi di AI. Lo scorso anno, gli Stati Uniti avevano già vietato l'esportazione dei chip più avanzati prodotti da Nvidia e Advanced Micro Devices. Nvidia aveva così deciso di produrre una versione meno avanzata del suo chip per l'Intelligenza Artificiale proprio per il mercato cinese, chiamato appunto A800.
Ma ora con le nuove restrizioni, anche l'esportazione dell'A800 sarebbe vietata senza una licenza. Una mossa che giunge in un momento di forte sovraperformance dei titoli che più di tutti beneficiano dell'AI. L'indice Nyse Fang+, che tiene traccia dei 10 principali titoli statunitensi, ha infatti registrato un'impennata del 66% su base annua nel 2023, in parte grazie all'ottimismo sull'adozione dell'AI.
Il responsabile finanziario di Nvidia ha dichiarato il 28 giugno che le restrizioni alle esportazioni di chip di Intelligenza Artificiale in Cina «comporteranno una perdita permanente di opportunità per l'industria statunitense», anche se l'azienda non prevede un impatto rilevante immediato.
Un'altra azienda tecnologica che potrebbe risentire dell'escalation nella guerra dei chip tra Usa e Cina è Micron Technology, che proprio oggi ha comunicato al mercato di avere chiuso il terzo trimestre dell'anno fiscale 2023 con una perdita inferiore alle attese e ricavi superiori alle previsioni di Wall Street.
Micron è, invece, sotto pressione da parte delle autorità cinesi. Lo scorso maggio, la Cybersecurity Administration of China avrebbe chiesto agli operatori di "infrastrutture informative critiche" del Paese di interrompere l'utilizzo dei prodotti Micron. Questa mossa, secondo il chief financial officer Mark Murphy, potrebbe comportare un impatto a una cifra sul fatturato totale di Micron.
«La recente decisione della Cyberspace Administration of China è un significativo vento contrario che sta influenzando le nostre prospettive e rallentando la nostra ripresa», ha ribadito ieri Sanjay Mehrotra, ceo di Micron Technology, che nel terzo trimestre ha perso ben 1,9 miliardi di dollari, su un fatturato di 3,7 miliardi di dollari.
Tuttavia le ripercussioni in borsa dell'escalation commerciale Usa-Cina non preoccupano eccessivamente gli analisti. Per Goldman Sachs i prodotti per i data center destinati ai clienti cinesi rappresentano solo il 10% del fatturato totale di Nvidia. «Continuiamo a prevedere una consistente sovraperformance del titolo Nvidia nel medio-lungo termine, data la significativa serie di opportunità di crescita per la società al di fuori della Cina attraverso i fornitori di servizi cloud, le società internet di consumo e altre imprese», dichiara Goldman Sachs.
Anche per Jefferies l'improvviso calo delle spedizioni in Cina verrà assorbito dalla domanda delle imprese non cinesi. Fa loro eco Evercore ISI, secondo cui le restrizioni all'esportazione non faranno deragliare la sua tesi rialzista su Nvidia, data la proliferazione globale dell'IA e il posizionamento di Nvidia sul mercato.
In effetti, «le tecnologie di AI generativa stanno diventando fondamentali sia per i consumatori che per le imprese con un lungo elenco di casi d'uso convincenti che stanno emergendo in diversi settori principali», sottolinea Mark Haefele, Chief Investment Officer di Ubs Global Wealth Management. «Sebbene la prospettiva di controlli più severi non sia una sorpresa, prendiamo i titoli dei giornali come un promemoria per ricordarci che anche per i titoli dell'AI esistono rischi di downside e che una visione più equilibrata del settore può essere utile agli investitori in futuro», consiglia Haefele secondo il quale l’AI non sarà una bolla.
«La rapida adozione, casi d'uso chiari e investimenti significativi suggeriscono che il passaggio all'AI sarà duraturo», continua Haefele, prevedendo che il mercato dell'hardware e dei servizi di Intelligenza Artificiale crescerà del 20% all'anno per raggiungere almeno 90 miliardi di dollari entro il 2025. Allo stesso tempo, i titoli legati all'AI sono scambiati a circa 30-40 volte il multiplo prezzo/utile, significativamente sopra le 25 volte della media del settore tecnologico più ampio.
«Siamo d'accordo sul fatto che i titoli legati all'IA meritino un premio rispetto al mercato più ampio, riteniamo che alcuni titoli selezionati abbiano hanno superato i fondamentali e sono a rischio correzione. Non saremmo sorpresi di vedere un ribasso del 10-15% dei titoli legati all'IA nel breve termine», avverte il cio di Ubs Global Wealth Management. (riproduzione riservata)