Il 6 settembre Huawei ha svelato all’Ifa, l’Internationale Funkausstellung), di Berlino il suo Kirin 990, il chipset più potente al mondo, che sarà utilizzato per la prossima linea di smartphone di fascia top a partire dal Mate 30. Su questo dispositivo il colosso cinese ha lasciato l’incertezza a proposito del sistema operativo, non specificando se utilizzerà Android o se opererà una scelta diversa, per opporsi al bando statunitense che vieta alle aziende americane di vendere i propri prodotti a quelle cinesi.
Ma questo è solo uno degli aspetti importanti di che cosa innesca la realizzazione del chipset più potente al mondo. Dietro c’è la guerra segreta sul predominio non nella tecnologia, e non solo 5G ma ben oltre, che la Cina sta decisamente vincendo sugli Stati Uniti
Che cos’è effettivamente il Kirin 990 lo spiega in questa intervista Davide Fumagalli, chief technology officer e technology editor di Class editori.
Domanda. Che cos’è e perché è così importante questo chipset?
Fumagalli. Il Kirin 990 è il primo chipset in assoluto con un sistema 5G «all-in-one», e ha prestazioni che sino a ora non sono state eguagliate, per quanto si sa, dalle concorrenti come l’americana Qualcomm e la coreana Samsung, perché ha la caratteristica (rivoluzionaria) di integrare in un unico chip un modem 5G e uno 4G, riuscendo così ad assicurare una maggiore stabilità e performance delle comunicazioni, oltre ad avere minori consumi energetici.
D. Il che vuol dire forse che per rendere attivo il 5G con Kirin non c’è bisogno di cambiare la rete dei modem 4G?
F. Esatto. Poche settimane prima, certo non a caso, Huawei aveva annunciato alla comunità scientifica e tecnologica internazionale Harmony OS il suo nuovo sistema operativo che presto potrebbe utilizzare come alternativa ad Android, del quale Hos appare avere prestazioni nettamente migliori.
D. E perché il nuovo chipset fa balzare la Cina al primo posto per la tecnologia di comunicazione?
F. La capacità di unire potenza di calcolo e comunicazioni evolute nello stesso chip ha notevoli vantaggi. Inoltre, il chipset è stato prodotto utilizzando i processi di produzione a 7 nanometri messi a punto da Huawei, molto evoluti. È un risultato scientifico cruciale, ironicamente ottenuto qualche mese fa nei laboratori Ibm di Almadeen, in California, perché 1 nanometro è il limite assoluto al di sotto del quale le tecnologie attuali non potranno arrivare se non riusciranno a implementare un approccio quantistico, dal quale la ricerca è ancora lontana. Tuttabia la Quantum Technology Flagship e` fra gli obiettivi strategici fondamentali per Usa, Europa e, appunto, Cina.
D. Si può concludere, quindi, che la notizia ha di fatto svelato che la Cina, anche a livello di scienza di base, è molto più avanti dei Paesi concorrenti nel perseguire la soglia di transizione alle tecnologie quantistiche del futuro. È così?
F. È davvero significativo che queste notizie vengano da una realtà industriale e non accademica.
D. Non bisogna dimenticare che su 190 mila dipendenti Huawei ne ha oltre 90 mila con un PhD e sono impegnati in ricerca e sviluppo! A questa impressionante struttura di ricerca, forse improvvidamente, il presidente Trump sta facendo una guerra assurda, anziché cercare un’alleanza scientifica che farebbe fare al mondo passi da gigante nel sistema di telecomunicazioni e nella costruzione di quella incredibile rete di autostrade dell’informazione cui il 5G (e i suoi successori) doteranno il pianeta globale. Ma quanto abbiamo appreso e verificato vuol dire che Jian-Wei Pan, luminare del quantum computing all’University of Science and Technology of China, è riuscito a fare ulteriori passi avanti nella costruzione di un computer completamente basato su tecnologia quantistica? Mi risulta che stanno lavorando per questo una piattaforma spaziale...
F. Sì, la Cina ha da qualche anno lanciato un grande programma scientifico/tecnologico mirato a creare nello spazio una piattaforma (lì andare a bassissime temperature non è un problema: le hai gratis!) che faccia da stazione intermedia per comunicazioni ultraveloci, ultra sicure (tramite la cifratura quantica i dati sono inattaccabili) fra punti diversi a Terra. È l’unico Paese che abbia avviato un progetto di questo genere, almeno pubblicamente. Quella piattaforma usa i metodi di ottica quantistica di Pan Jian Wei. Gli stessi metodi sono usati nell’altra grande avventura nelle comunicazioni quantistiche dei cinesi, quelle totalmente a terra, per cui hanno già predisposte fibre ottiche speciali (il quantum richiede fibre di qualità altissima) fra Pechino e Shanghai. Ma i cinesi sono molto avanti anche in metodologie di quantum computing diverse da quella ottica; per esempio nei laboratori di Fisica dello Stato Solido e di Campi Magnetici ad Alta Intensità dell’Istituto di Scienze Fisiche dell’Università di Hefei hanno messo a punto metodologie superconduttive analoghe a quelle che sta inseguendo Ibm a Yorktown Heights, con nuovi materiali che paiono migliori.
D. Per chi non è addentro a queste tematiche, che cos’è il quantum computing, se così si può chiamare...
F. Il quantum computing abbandona completamente la logica binaria, ovvero basata sui valori 0 e 1 dei bit, su cui sono basati i processori attuali a transistor, in quanto un qubit può avere contemporaneamente il valore 0 e 1. I computer quantistici si basano sul calcolo quantistico intuito da Feynman e sono in grado di risolvere con schemi completamente nuovi calcoli di complessità tale che un computer ordinario non può affrontare, con velocità milioni di volte più veloci rispetto ai computer attuali, almeno per alcune importanti applicazioni.
D. Credi allora che la Cina abbia già superato i risultati ottenuti da Google e Ibm, che hanno rispettivamente 72 e 50 qubit?
F. Difficile a dirsi se la Cina ha superato qui gli americani. Ibm, che usa i superconduttori, ha dichiarato di essere arrivata a 50 qubit, anche se per alcuni è fortemente sovrastimato, credo sia realistico pensare che siano a 32. Google usa un computer a stato solido particolare: per dirlo in poche parole non è una macchina universale, capace di eseguire qualsiasi tipo di calcolo, ma è una macchina disegnata per risolvere un solo tipo di calcolo, funzionale alla ricerca in grandi data-base. È il cosiddetto D-wave quantum annealing computer. Anche qui il 72 sembra sovrastimato: alcuni scienziati italiani valutano che siano intorno ai 64.
D. Che uso la Cina farà di questa enorme capacità di calcolo? La utilizzerà per avvantaggiarsi nel settore dell’intelligenza artificiale, o la dedicherà ad altre industrie, da quella aerospaziale a quella militare?
F. La Cina sta già prendendo la testa in tutti e tre i settori. Nell’AI è opinione anche del professor Mario Rasetti, presidente di Isi di Torino, assieme ad altri scienziati, che in 5-7 anni avrà ottenuto il primato nel mondo. Nelle industrie tradizionali, come l’aerospaziale, la Cina è ancora un po’ in ritardo.
D. Il presidente Xi Jinping ha esplicitamente detto al ceo di Boeing che avrebbe voluto fargli un’offerta per comprarsi la company e portarla in Cina, e Kevin McAllister e Dennis Muilenburg hanno sorriso ma non gli hanno detto di no…
F. Esatto. Peraltro, nelle applicazioni aerospaziali, come la manutenzione programmata delle parti dell’aereo (un 747 si stima abbia circa 50 milioni di componenti), l’AI giocherà un ruolo sempre più importante e la proposta di acquisto può trasformarsi in un’alleanza preziosa. Per quanto riguarda il militare (sia Usa che Cina) non è facile dire: i rumors nella comunità scientifica di quantum computing dicono che, anche se sono partiti per primi, i militari americani non superino più le performance di Google e Ibm, mentre pare che i cinesi non abbiano una ricerca militare autonoma ma la affidino all’Accademia delle Scienze, e quindi valgono le cose dette sopra.
D. Si può dedurre che la Cina sia avanti nel quantum computing come nel chipset Kirin o ci sono altri elementi da considerare?
F. Lo si può dedurre da tante cose. Il fatto di avere a punto una tecnologia 7 nanometri già operativa a livello industriale è certo un segnale fortissimo: sono molto avanti almeno nei processi di industrializzazione delle tecniche di miniaturizzazione. Attenzione: qui parliamo di tecnologia di costruzione dei chip, non di capacità di questi chip di fare calcolo; ma i loro chip hanno una densità di transistor-equivalenti tale che non può che succedere che la loro potenza e capacità di calcolo sia migliore… e il passo da fare per arrivare da 7 a 1 è certo più breve per i cinesi che per il resto del mondo. Inoltre, se hanno resa pubblica la cosa, significa che sono ben oltre.