Le big tech cinesi stanno silenziosamente boicottando gli affari in Russia, a mano a mano che aumentano le pressioni dalle sanzioni statunitensi e dei loro fornitori, nonostante gli appelli di Pechino a resistere alla coercizione estera. Molti produttori di chip e prodotti tecnologici cinesi stanno infatti tagliando le consegne dei loro prodotti alla Russia - un mercato chiave per le loro attività - senza annunciare le loro mosse pubblicamente. Lo riferiscono fonti del Wall Street Journal, che menzionano il colosso dei pc Lenovo e il produttore di smartphone e gadget Xiaomi.
E dai dati del governo cinese emerge che, come conseguenza del conflitto e delle sanzioni, le esportazioni cinesi di prodotti tecnologici alla Russia si sono affossate a marzo rispetto a febbraio, con una contrazione superiore al 40% per i laptop, del 98% per le stazioni base per le telecomunicazioni e un calo di quasi due terzi per gli smartphone. Le esportazioni complessive della Cina verso la Russia sono diminuite del 27% in valore da febbraio a marzo, secondo i dati ufficiali.
Da parte sua, il segretario al Commercio degli Stati Uniti Gina Raimondo ha affermato nei giorni scorsi che i controlli sulle esportazioni da parte degli Stati Uniti e degli alleati hanno più che dimezzato le importazioni russe di beni high-tech e lasciato la Russia a corto di semiconduttori e componenti necessari per il comparto militare.
A differenza di quanto accaduto in Occidente, le aziende hanno evitato di dichiarare pubblicamente la loro posizione sulla guerra in Ucraina o sui loro affari nei Paesi coinvolti nel conflitto, dal momento che Pechino si oppone alle sanzioni occidentali.
Ad andare controcorrente è il produttore di droni Sz Dji Technology, che il mese scorso ha fatto la mossa insolita di annunciare la sospensione delle attività in Russia e Ucraina in attesa di una revisione di conformità.
Come conseguenza del conflitto e delle sanzioni, le esportazioni cinesi di prodotti tecnologici alla Russia si sono affossate a marzo rispetto a febbraio, secondo i dati del governo, con una contrazione superiore al 40% per i laptop, del 98% per le stazioni base per le telecomunicazioni e un calo di quasi due terzi per gli smartphone.
In parallelo, le attività commerciali della Cina con il resto del mondo hanno anche risentito dei lockdown imposti a Shanghai per frenare le nuove ondate di Covid-19, che è la città per cui passano gran parte delle esportazioni globali della Cina.
Il ritiro delle big tech dalla Russia fa seguito a ondate di sanzioni finanziarie di ampia portata e controlli sulle esportazioni da parte degli Stati Uniti e dei loro alleati alla Russia come rappresaglia per l'attacco militare in Ucraina. Gli Stati Uniti hanno anche minacciato di penalizzare le aziende cinesi che non rispettano le sanzioni.
I grandi produttori di chip statunitensi che riforniscono le aziende cinesi stanno facendo pressioni sui loro clienti affinché aderiscano alle sanzioni e si assicurino che i loro semiconduttori non finiscano tra le merci di terze parti consegnate alla Russia, secondo le stesse fonti.
Il mese scorso, il ministero del Commercio della Cina ha riconosciuto che le sanzioni hanno posto degli ostacoli nei commerci del Paese con la Russia, ma ha esortato le aziende a "non soccombere a coercizioni esterne e fare dichiarazioni improprie".
Il calo delle esportazioni tecnologiche alla Russia mette in evidenza anche la natura radicale delle sanzioni occidentali e la loro capacità di penetrare in profondità nelle catene di approvvigionamento, imponendo una determinata linea di condotta anche ad aziende lontane anche quando i governi dei loro Paesi si oppongono.
Per tutelarsi, la Cina ha ampliato il proprio kit di misure per contrastare le sanzioni estere, tra cui norme che potrebbero costringere le aziende cinesi a non aderire alle sanzioni estere che il governo ritenga ingiustificate, sebbene il governo non abbia ancora emesso alcun ordine di non conformità.
Le sanzioni occidentali includono controlli severi che bloccano le esportazioni nel settore della difesa alla Russia, nonchè l'esportazione di prodotti realizzati per mezzo di apparecchiature, software o sulla base di progetti di matrice statunitense, anche quando tali prodotti sono realizzati da società non statunitensi.
Nonostante la natura ad ampio raggio delle sanzioni, alcuni elementi sono riusciti a sfuggire ai controlli. Ad esempio, l'operatore di telecomunicazioni russo Beeline, di proprietà della società olandese Veon, ha dichiarato all'inizio di questo mese di aver ricevuto un carico di apparecchiature per le telecomunicazioni da Huawei Technologies a marzo.
L'azienda si è giustificata dicendo che tale spedizione è il risultato di una valutazione del 2021 sulle future esigenze infrastrutturali, affermando che la consegna è avvenuta "nel pieno rispetto di tutte le leggi applicabili, compresi i controlli sulle esportazioni statunitensi". (riproduzione riservata)