Mirta, la startup italiana che promuove gli artigiani del Made in Italy facendo conoscere i loro prodotti all'estero, fa il proprio ingresso nel mercato cinese sbarcando su RED, la piattaforma di social-commerce cinese che conta oltre 300 milioni di utenti. L`azienda punta a raggiungere i 2,5 milioni di visite uniche mensili alla piattaforma nell'arco dei prossimi sei mesi e ad aprire un ufficio a Hong Kong dedicato proprio al mercato asiatico entro il 2021.
«Visti gli ottimi risultati registrati nell'area asiatica, abbiamo ritenuto i tempi fossero maturi per fare il nostro ingresso nel mercato cinese», ha spiegato Martina Capriotti, co-fondatrice di Mirta, all'agenzia Aska, «per il nostro ingresso abbiamo scelto di partire da RED perchè il 90% degli utenti utilizza questa innovativa piattaforma per raccogliere informazioni su nuovi brand stranieri».
«Il format di social-commerce si sposa alla perfezione con il concept di Mirta che non è soltanto una piattaforma per gli acquisti online, ma un connubio tra un social network e un marketplace in cui la community può postare le proprie esperienze di shopping all'estero, aggiungendo descrizioni e consigli con gli altri utenti», ha insistito Capriotti.
Da febbraio a maggio 2020, Giappone, Corea del Sud e Hong Kong sono i mercati esteri in cui le vendite sulla piattaforma hanno registrato crescite maggiori. Nel solo mese di maggio, le vendite verso il paese del Sol Levante hanno infatti visto un aumento del 240% rispetto al mese precedente, seguite da Corea del Sud (+108%), Hong Kong (+80%) e Singapore (+20%). Sono percentuali a tre cifre, ma la base di partenza è quella di una startup.
Lanciata nell'autunno di un anno fa da Martina Capriotti e Ciro Di Lanno, ex-consulenti di Boston Consulting Group, Mirta vende attraverso il proprio sito borse fatte a mano da artigiani italiani, spesso piccole botteghe tramandate generazione dopo generazione, che solitamente producono per conto terzi, per i grandi brand della moda.
Martina Capriotti ha incominciato a conoscere il settore moda e tutta la sua filiera qualche anno fa, lavorando per Boston Consulting Group a Milano, Tokyo, Seoul, scoprendo anche la passione del consumatore asiatico per il Made in Italy.
«Nel 2019 ho deciso di lasciare la consulenza per fondare qualcosa di mio, portandoci i miei valori, in un settore di cui mi ero appassionata. Con il mio socio Ciro Di Lanno che si è specializzato nel management alla Stanford University abbiamo pensato di concentrarci sui mercati esteri che conoscevamo meglio, quindi Stati Uniti e Asia, più precisamente Hong Kong, Singapore, Giappone e Corea del Sud», ha raccontato l’imprenditrice a The Good in Town.
«I nostri compratori attendono il prodotto anche per due-tre mesi, ma ci dicono ‘ci piace questa attesa’. I riscontri che abbiamo dai clienti e su cui stiamo costruendo Mirta sono molto importanti per noi, e vediamo che stiamo riuscendo a trasmettere loro il nostro messaggio, riusciamo a far capire il perché di quell’attesa: quel tempo è diventato parte del valore del prodotto».
«Mirta va a braccetto con la sostenibilità, nasce con la missione di riportare in auge il vero laboratorio artigiano, lo small business, il fatto a mano, e va controcorrente rispetto alla mass production che ha comunque preso piede negli ultimi decenni. La nostra idea è di traghettare nel futuro queste piccole realtà, aiutandole a sfruttare nuovi canali e nuovi mezzi digitali per arrivare ovunque nel mondo, ma mantenendo alta la qualità, rispettando il loro metodo artigianale tradizionale. E anche i loro tempi,» ha continuatoi Capriotti, «a livello di produzione il nostro principale aspetto di sostenibilità sta nel fatto che cerchiamo di lavorare quanto più possibile secondo un modello che evita gli sprechi, perchè tutto quello che viene prodotto è già venduto. Proponiamo al cliente un’esperienza complessiva che comprende il prodotto e anche la sua attesa”.
La piattaforma Mirta è di fatto una vetrina degli artigiani ai quali offre visibilità con quelli che sono i loro pezzi iconici; il cliente visita la piattaforma e ordina il prodotto, e solo a questo punto l’artigiano avvia la produzione del pezzo apposta per il cliente.
«In questo modo, da un lato si dà unicità al prodotto, che al cliente piace tanto, dall’altro si può ottimizzare il lavoro dell’artigiano, che ordina il materiale che gli serve e produce un prodotto che è già stato comprato, evitando tanti sprechi, quelli tipici di oggi nel mondo della moda, che produce tanto, tanto stock, creando anche tanto invenduto. Il cliente apprezza l’attesa, perché sa che c’è un artigiano che lavora solo per lui».
Attualmente Mirta conta una cinquantina di artigiani nel suo network, ma portare i primi a bordo non è stato semplicissimo. «Molti artigiani all’inizio erano scettici, perché la nostra proposta implica di cambiare, almeno in parte i loro processi e modi di lavorare: oggi questo tipo di artigiani lavorano molto per conto terzi, per altri brand. Abbiamo risolto il problema puntando sulla relazione umana, andando a conoscerli uno per uno, entrando nelle loro botteghe, spiegando con entusiasmo il nostro progetto, che non era solo vendere i loro prodotti ma far conoscere le loro storie, che sono un patrimonio culturale del nostro Paese», ha concluso l'imprenditrice. (riproduzione riservata)