Dopo gli azionisti di Atlantia anche quelli di Autostrade per l’Italia sono sul piede di guerra, pronti a tutelare il loro investimento nella società infrastrutturale. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza negli ultimi giorni i soci di minoranza di Aspi, Allianz in testa, avrebbero avviato una serie di verifiche e consultazioni. Il punto chiave è che lo statuto di Autostrade per l’Italia garantirebbe agli azionisti di minoranza un potere di veto nei confronti di aumenti di capitale della società.
Allianz è entrata nel capitale di Aspi rilevando circa il 7% nel 2017 attraverso il veicolo Appia Investments (di cui la compagnia tedesca ha il 60% mentre Edf Invest e il fondo Dif partecipano con il 20%) e in contemporanea erano entrati anche i cinesi di Silk Road Fund con il 5%. In quell’occasione Autostrade era stata valutata circa 14,5 miliardi. Da allora è successo di tutto, dal crollo del ponte Morandi all’impatto del Covid sui flussi di traffico. Oggi Aspi ha perso molto del suo valore ed è anche per questo che gli azionisti stranieri starebbero cercando di tutelare il loro investimento. Nell’ultima lettera spedita venerdì 7 agosto da Cdp ad Atlantia, la Cassa conferma di voler realizzare la struttura di operazione delineata in data 14 luglio che preveda dunque un aumento di capitale di Aspi che tenga conto delle esigenze della società.
Le valutazioni fatte nelle ultime settimane da Allianz e Silk Road (rappresentati nel board dai consiglieri Christoph Holzer e Hongcheng Li) avrebbero determinato che la controllata di Atlantia non necessita di un aumento di capitale per un rafforzamento patrimoniale, ma che continuità aziendale e bancabilità sarebbero garantite con la conferma della concessione, anche tenendo conto del nuovo quadro tariffario e quindi del nuovo piano economico finanziario (in via di definizione). Una posizione che porrebbe i soci di minoranza nella condizione di bloccare eventuali richieste di aumenti di capitale riservati. Tanto più che in sede di ricapitalizzazione Appia e Silk Road vedrebbero diluita la loro partecipazione (e al di sotto del 4,75% perderebbero anche i diritti riservati per statuto agli azionisti di minoranza).
In realtà i legali della Cdp al lavoro sul tema avrebbero fornito un’interpretazione diversa, ritenendo che qualora il valore dell’aumento proposto venisse stabilito con criteri oggettivi e di mercato da advisor indipendenti questo «potere di veto» decadrebbe. I soci di Aspi ritengono però che questo avvenga solo in caso di aumenti «necessari» mentre come detto nel caso di Autostrade la ricapitalizzazione non sarebbe ritenuta necessaria. Il tema in ogni caso esiste, visto che al di là di un’eventuale querelle legale, gli azionisti di minoranza di Aspi stanno lanciando un segnale, opponendosi ad un aumento così come già i soci di Atlantia avevano manifestato contrarietà alle ipotesi di un’ipo diretta della controllata.
Il tema non è di poco conto, visto che nel caso di Allianz e Silk Road si parla di grandi investitori internazionali, già coinvolti in altre partite nazionali e potenzialmente investitori anche in futuro, se non direttamente nell’equity di società, come minimo come sottoscrittori di titoli di debito pubblico. Tutto questo mentre restano aperte anche altre partite tra Atlantia e Cdp, tra cui ad esempio quelle sulla manleva, chiesta dalla Cassa e ritenuta inaccettabile dalla società guidata da Carlo Bertazzo. Tra le ultime ipotesi circolate, c’è quella che si lavori su una serie di manleve selettive, riservate quindi solo ad alcuni aspetti del contratto. La soluzione in ogni caso non sembra così vicina. (riproduzione riservata)