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Ancora assenti i buyer cinesi alla fashion week di Milano

Per far fronte al calo degli arrivi turistici e alle tendenze a comprare cinese nel più grande mercato retail del mondo dove abbigliamento e accessori hanno venduto per 193 miliardi di dollari con una forte propensione all'e-commerce, i consulenti di PwC consigliano di aprire anche negozi fisici in Cina oltre a potenziare le piattaforme online


23/02/2022 16:27

di Federica Camurati - Class Editori

settimanale

Milano torna al centro dell’agenda della moda globale. Con l’avvio della settimana della moda per la stagione autunno-inverno 2022/23 e il ritorno in presenza di gran parte dei buyer internazionali, il capoluogo lombardo e il Made in Italy si trovano nuovamente sotto i riflettori. Tuttavia, in questo scenario di entusiasmo ritrovato, c’è ancora un grande assente, la Cina.

E malgrado le potenzialità del digitale estendano i confini della settimana della moda meneghina grazie alla piattaforma lanciata nel 2020 da Cnmi-Camera nazionale della moda italiana, sviluppata anche grazie alla consulenza di PwC, la mancata presenza fisica dei buyer cinesi alle sfilate mette in luce nuove sfide per il futuro del settore fashion & luxury tricolore.

«Stando alle nostre analisi, nel 2021 le vendite interne hanno contribuito per il 65,4% alla crescita economica della Cina, con il totale delle vendite al dettaglio di beni di consumo che ha raggiunto 6,138 triliardi di euro, in aumento del 12,5% rispetto al 2020 e un tasso medio di crescita nei due anni del 3,9%», ha illustrato Erika Andreetta, partner e consumer market consulting leader di PwC Italia. «In particolare, le entrate retail di beni di consumo su capi come abbigliamento, calzature, cappelli e maglieria hanno registrato circa 193 miliardi di euro. Notevoli anche i dati dell’e-commerce, che ha raggiunto 1,823 triliardi di euro (+14,1%), di cui 1,505 triliardi provenienti dalle vendite online di beni materiali».

Secondo l’esperta di PwC, questi dati forniscono indicazioni preziose ai ceo e ai manager della moda italiana circa l’importanza di presidiare il mercato domestico cinese per far fronte alle limitazioni che tuttora caratterizzano i flussi turistici di ingresso e uscita dal Paese. «Oltre al potenziamento di strategie e-commerce efficaci per raggiungere digitalmente i consumatori, sarà sempre più necessario essere presenti in Cina con negozi fisici», ha affermato Erika Andreetta.

La strategia di espansione retail è favorita anche dal governo cinese, che ha messo a disposizione un incentivo finanziario fino a circa 139 mila euro per i brand che scelgono di aprire il loro primo negozio nel Paese a Chongqing, una megalopoli da oltre 32 milioni di abitanti già nel mirino di maison quali Louis Vuitton e Gucci, che vi hanno aperto flagship store da oltre un decennio. (riproduzione riservata)


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