Il mercato cinese sarà sempre più attraente per le imprese italiane del tessile-abbigliamento e della farmaceutica, due pilastri dell’export italiano nel Dragone. Lo hanno spiegato Mario Boselli, presidente della Fondazione Italia Cina e pioniere in quel mercato, e Valtero Canepa, general manager della Shanghai Bracco Sine Pharmaceutical, in occasione della presentazione del rapporto annuale della Fondazione Italia-Cina, appena pubblicato, su Class Cnbc, il canale televisivo del gruppo Class Editori (che edita questa piattaforma).
Domanda: Boselli, il tessile italiano continuerà a essere una delle colonne dell’interscambio italo-cinese?
Risposta: Si, anche se ovviamente la bilancia commerciale nel medio termine resterà a favore della Cina, nel senso che globalmente i cinesi importano meno di quanto esportino nei confronti dell’Italia. Tuttavia bisogna distinguere tra il tessile in senso stretto, cioè filati e tessutti, e prodotti finiti, cioè abbigliamento e accessori.
D. Quindi?
R. In entrambi i settori le prospettive sono eccellenti. Negli ultimi anni l’abbigliamento ha beneficiato della crescita del livello di vita dei consumatori cinesi che hanno incomionciato a comperare il prodotto del prêt-à-porter di alta gamma da parte dell’Italia.
D. E nel tessile?
R. Da quando si è progressivamente ridotta la concorrenza cinese, basata su manodopera a basso costo e politiche di dumping, si è creata una nuova opportunità per le imprese italiane.
D. Spieghi
R. Ci sono delle aziende cinesi anche piccole e medie che per avere un upgrade in qualità e creatività hanno bisogno di comprare tessuti italiani. Quindi compreranno tessile italiano, soprattutto tessuti ma anche filati. Dall’altra parte, il fatto che continuerà a crescere il livello medio del consumatore cinese ma soprattutto ci saranno nei prossimi 5-8 anni 400 milioni in nuovi consumatori cinesi che si affacceranno al mercato, avremo delle possibilità particolarmente interessanti nell’export del prodotto finito: abbigliamento, calzature, accessori.
D. Ci sono già dei segnali?
R. Tra il 2017 e il 2019 le esportazioni di abbigliamento, quindi di prodotto finito, sono cresciute da 689 milioni a poco più di un miliardo, mentre l’export di tessile è cresciuto di oltre il 4%. Questo è il trend sul quale noi contiamo.
D. Problemi?
R. Le piccole e medie aziende del settore, per lo più aziende di qualità che fanno il vero Made in Italy. Il cliente cinese che sta evolvendo rapidamente comincia a richiedere quei tipi di produzione, perché sono produzioni originali, fatti in Italia, di grande qualità e hanno dei prezzi un pochino meno elevati di quelli dei Big Name e Big Brand.
D. Quindi dov’è la difficoltà?
R. La dimensione. Come Fondazione Italia-Cina stiamo facendo e faremo del nostro meglio per aiutare queste realtà come io le avevo aiutate come presidente della Camera della Nazionale della Moda italiana, portando degli stilisti quando c’era la possibilità di andare alle fashion week cinesi di Pechino, Shanghai e Shenzen. Bisognerà dare spazio al sistema delle piccole e medie imprese del sistema moda.
D. Nel settore farmaceutico, l’export in Cina ha registrato un incremento tra il 2018 e il 2019 del 37,8%, ma malgrado questo dato l’Italia, a livello europeo, è al sesto posto. Come mai dott. Canepa?
R. L’Italia è sempre il primo produttore farmaceutico in Europa, ma in molti casi i prodotti italiani arrivano in Cina attraverso marchi internazionali, perché in molti casi le aziende italiane producono come country manufacturer per aziende internazionali. Per cui quando guardiamo la bilancia dei pagamenti e guardiamo il contributo dell’export italiano verso la Cina nel farmaceutico dovremmo contare anche una parte di export che passa attraverso altri paesi.
D. Quindi il posizionamento dell’Italia è migliore di quanto non dicano i dati?
R. L’Italia è un paese più produttore che commercializzatore, non sono moltissime le aziende italiane che, affermandosi all’estero, sono state capaci di creare una presenza internazionale. In Cina ce ne sono poche.
D. Le prospettive del mercato?
R. Va tenuto conto della modalità d’acquisto dei farmaci in Cina, che avviene soprattutto attraverso l’ospedale. Il paziente cinese nella stragrande maggioranza dei casi si rivolge a medici che operano in strutture ospedaliere per la maggior parte dei casi pubbliche e non c’è un medico di base a cui rivolgersi per la riprescrizione del farmaco.
D. Quindi?
R. Quando gli ospedali sono stati chiusi durante il lockdown per pazienti non covid, c’è stata una ricaduta sul mercato, negativa su chi vendeva farmaci a prescrizione ospedaliera e positiva per i prodotti da banco oltre a un aumento importante delle vendite nei canali online di farmaci.
D. E ora?
R. La situazione sta rientrando. Bracco nel mese di giugno ha chiuso leggermente sopra il giugno dell’anno scorso, quindi ha pienamente recuperato e abbiamo buone prospettive di crescita per la seconda metà dell’anno.
D. Per il futuro?
R. La Cina è il secondo mercato farmaceutico al mondo, ed è il mercato che cresce maggiormente. Quindi, le prospettive sono molto, molto interessanti. Occorre venire in Cina con la conoscenza del mercato, occorre avere prodotti differenzianti perché l’industria dei generici cinesi è molto avanzata e occorre anche avere ovviamente una presenza commerciale che si gestisce in molti casi in prima persona.
D. Consigli?
R. È molto difficile essere in Cina nel farmaceutico semplicemente come esportatore verso distributori, a meno che, appunto, non si abbiano delle molecole ‘off patent’ e si voglia solo vendere magari la materia prima a produttori di farmaci generici. (riproduzione riservata)