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Il fenomeno Shein finisce sotto la lente dell'Antitrust

Il colosso cinese del fast fashion, in predicato di quotarsi a Hong Kong, è stato messo sotto inchiesta dall'autorità italiana garante della concorrenza per le strategie di comunicazione e messaggi promozionali che potrebbero essere ingannevoli o omissivi. Inoltre non rispetterebbe i criteri dichiarati di sostenibilità


26/09/2024 16:55

di Alice Prosperi - Class Editori

settimanale
Chris Xu, fondatore e ceo di Shein

Shein finisce sul tavolo dell’Antitrust. In un periodo difficile per il colosso del fast fashion cinese, che da un anno fatica a trovare una piazza per la sua ipo a causa dei dubbi delle autorità in merito all’eticità della sua supply chain, arrivano anche in Italia le prime indagini ufficiali in merito alla questione. Secondo l’Agcm-Autorità garante della concorrenza e del mercato, le strategie di comunicazione e i messaggi promozionali relativi alla sostenibilità ambientale dei capi presenti sul sito italiano della società «potrebbero essere ingannevoli/omissivi».  

L’autorità ha avviato un’istruttoria nei confronti di Infinite styles services co. limited, società con sede a Dublino che gestisce il sito web italiano di Shein, e le affermazioni ingannevoli sarebbero contenute in tre sezioni specifiche del sito, ovvero #Sheinintheknow, evoluShein e responsabilità sociale. Alcune informazioni presenti su evoluShein, che è anche il nome della collezione di abbigliamento dichiarata sostenibile dalla società, «potrebbero indurre in errore i consumatori riguardo alla quantità utilizzata di fibre green, omettendo anche di informarli sulla non ulteriore riciclabilità dei capi d’abbigliamento», si legge in una nota ufficiale divulgata dall’Agcm.

Inoltre, Infinite styles services enfatizzerebbe in maniera generica l’impegno anche nell’ambito del processo di decarbonizzazione delle proprie attività, mentre gli obiettivi indicati sul sito web apparirebbero contraddetti dal consistente incremento delle emissioni di gas serra indicato nei rapporti sulla sostenibilità di Shein per il 2022 e il 2023.

Secondo l’autorità, dunque, la società cercherebbe di veicolare un’immagine di sostenibilità ingannevole «attraverso asserzioni ambientali generiche, vaghe, confuse e/o fuorvianti in tema di circolarità e di qualità dei prodotti e del loro consumo responsabile», a fronte dell’attuale contesto di crescente sensibilità dei consumatori per l’impatto delle loro scelte di consumo sull’ambiente. 

L’ultimo report di sostenibilità e impatto sociale 2023 della società citato dall’Agcm era stato pubblicato lo scorso agosto e riportava che le emissioni di Co2 dell’azienda avevano subito un notevole incremento, pari al +82%, dovuto secondo Shein alla crescita del suo business. «Nel 2023, la nostra attività ha continuato a registrare una forte crescita e le nostre operazioni sono state diversificate con l’introduzione di Shein martketplace», aveva spiegato la società. «Riconosciamo che abbiamo ancora molto lavoro da fare nel nostro percorso verso la riduzione delle emissioni e ci impegniamo ad andare avanti». L’azienda aveva dichiarato di impegnarsi in una riduzione del 25% entro il 2030. 

Con oltre diecimila dipendenti in Cina  e una supply chain di 25.000 fornitori localizzati soprattutto nel Guangdong nel Pearl River Delta, Shein è registrata anche a Singapore dove sono presenti altri azionisti qualificati, tra cui il fondo Sequoia.

Il fattore di successo di Shein, oltre a non possedere negozi fisici – fatto salvo un permanent store a Tokyio e alcuni pop up stores aperti per pochi giorni nelle diverse città del mondo, è quello di lanciare sul mercato ogni giorno circa 6.000 nuovi modelli a prezzi molto concorrenziali. Ogni giorno dalla Cina per il resto del mondo vengono spedite circa 5.000 tonnellate di cui l’80% con servizi charter dedicati. (riproduzione riservata)


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