Il 25 maggio sarà una data speciale per Valextra. Il marchio di pelletteria, controllato da Neo capital, celebrerà infatti la riapertura del suo flagship di 400 metri quadrati in via Manzoni a Milano chiamando a raccolta i sei designer protagonisti di Extra Milano (vedere MFF del 26 febbraio) per celebrare la ripartenza dopo il lockdown. Il ceo Sara Ferrero ha svealto a MFF i dettagli di questo progetto, entrando nei dettagli della gestione post covid-19.
Come sono stati questi mesi?
Abbiamo una presenza importante in Asia, dove contiamo sette negozi tra mainland China e Hong Kong. Questo ci ha portati a sentire il fenomeno del covid-19 già da fine gennaio. Da lì abbiamo iniziato a pensare soprattutto al tema stock e alla produzione. Poi, ci sono state le varie chiusure fino a oggi, dove stiamo progressivamente riaprendo.
In Cina c’è stata una ripresa del traffico?
Abbiamo iniziato a vedere un ritorno progressivo del traffico cinese a partire da marzo ma è stato a partire dall’ultima settimana di quel mese che abbiamo visto gli acquisti ritornare praticamente uguali a quelli dell’anno scorso, se non addirittura crescere. Abbiamo anche venduto vari pezzi di coccodrillo, segno che ci si vuole gratificare con un qualcosa di un po’ speciale. Mentre Hong Kong è ancora completamente depressa.
Come è stata gestita la catena produttiva?
La produzione è stata chiusa praticamente con la prima settimana di marzo. La nostra fabbrica è tra Milano e Bergamo, epicentro del coronavirus in Italia. Adesso stiamo cercando piano piano di ripartire ma c’è comunque ancora molto nervosismo da parte degli operai e, tutto sommato, non abbiamo questa grande necessità di produrre perché Valextra ha un’offerta timeless. In più abbiamo tutto il resto della filiera che è ancora chiuso perché tantissimi ordini in generale per l’autunno-inverno sono stati cancellati.
In quanto stima il crollo della produzione?
Almeno del 50%. E qui entra in gioco la responsabilità dei brand. Come Valextra, ci siamo impegnati ad alimentare alcuni dei nostri laboratori. È un impegno che dovremmo prenderci tutti per il paese.
Un bel messaggio di sostegno agli artigiani…
Stiamo parlando di competenze che, una volta perse, non si ricreeranno più. È una delle cose che più mi preoccupa e che preoccupa anche i nostri azionisti. Se le banche non danno loro i finanziamenti e il fondo garanzia non si muove a chiarire le cose, ci sarà un problema di liquidità importante.
Che messaggio positivo vi sentite di veicolare?
In questo periodo ci siamo fermati e questo ci ha dato modo di ripensare a quelli che sono veramente i valori di Valextra.
Quali sono questi valori?
Riteniamo di avere due elementi molto forti, uno è quello di fare bene la pelletteria. L’altra cosa è che abbiamo sempre cercato di leggere i tempi. Questo ora significa fare sistema. Abbiamo già iniziato un progetto in questa direzione in tempi non sospetti, Extra Milano.
In cosa consiste?
Ognuno dei partecipanti ha reinterpretato una borsa di Valextra, creandovi un mondo intorno. Dovevano essere presentate in maniera progressiva durante l’anno, a partire da maggio con JJ Martin (La Double J, ndr), poi Sunnei, la stessa Valextra, poi Plan C (di Carolina Castiglioni, ndr), Arthur Arbesser e Massimo Alba. Oggi abbiamo deciso di aggiungere un pezzo, cioè di scegliere il nostro negozio di Milano, 400 metri quadrati in via Manzoni, e di trasformarlo nel mondo Extra Milano. Abbiamo deciso di portare questo progetto in una realtà fisica che diventerà anche una realtà virtuale e digitale.
Mi spieghi meglio…
Il 25 maggio apriremo il negozio alla presenza di tutti noi sei e ognuno dei designer presenterà un guardaroba selezionato direttamente dai creativi con un tema specifico, combinato con le borse di Valextra. Ogni tre settimane cambieremo completamente il look del negozio e avremo anche dei guest milanesi, della moda ma non solo per rendere questo luogo un po’ un salotto. Questo durerà per sei mesi in una sorta di incontro di varie realtà cittadine.
Tutto questo fa parte di una nuova Valextra?
Diciamo che questo è molto coerente con il lavoro che abbiamo fatto negli ultimi quattro anni. Non siamo un’azienda con un direttore creativo, ci sentiamo più un’azienda curatoriale.
Avete pensato a come presentare le prossime collezioni?
C’è un esplosione di start-up e di soluzioni tecnologiche. Stiamo guardando tutto quello che c’è in giro per capire quali siano quelle più adatte a noi. Diciamo che ci sono tre/quattro fronti su cui ci stiamo muovendo, uno è quello dello showroom virtuale e quindi della possibilità di fare la campagna vendite a giugno in maniera digitale con un approccio one-to-one. Poi c’è il filone della vendita virtuale dai negozi. È importante dare la possibilità anche a chi non può venire in Italia, di avere delle sessioni e un’esperienza in cui vedere il prodotto. La terza parte che è quella degli eventi che possono essere la fashion week come il Salone del mobile. E poi la quarta la comunicazione in generale.
Camera della moda ha lanciato la digital fashion week a luglio. Voi pensate di partecipare?
Noi vogliamo partecipare a tutto quello in cui crediamo di poter in qualche maniera contribuire. Se Camera della moda sta facendo questo progetto per aiutare il sistema italiano, dobbiamo assolutamente fare qualcosa di speciale.
Qual è il suo messaggio per le piccole e medie imprese italiane oggi?
Di lavorare a cassa, per cash flow. In questo momento, le aziende medio-piccole devono pensare veramente ad avere un sistema di cassa per arrivare al 2021 e cercare di ritornare ai livelli del 2019. Abbiamo perso due anni, questo è il vero punto. (riproduzione riservata)