Anche i Paesi che non riceveranno investimenti cinesi nell’ambito della Belt and Road Initiative beneficeranno dei risultati del progetto lanciato da Pechino nel 2013. In cinque anni il piano ha già portato investimenti per 460 miliardi di dollari. La Repubblica popolare potrà assicurarsi 56 miliardi di dollari di nuove esportazioni, mentre importerà 61 miliardi di dollari di merci da 80 Paesi che prendono parte all’iniziativa.
Secondo i calcoli dii Euler Hermes in tempi di pressioni al ribasso e rallentamento dell’economia che investono la stessa Cina, la nuova Via della Seta darà un contributo aggiuntivo dello 0,3% alla crescita dei volumi degli scambi mondiale un contribuirà per lo 0,1% all’espansione del pil globale
Spiega Mahamoud Islam, capo economista per Hong Kong della società di assicurazione credito del gruppo Allianz, che i miglioramenti nella connettività e nelle infrastrutture, legato allo sviluppo della rete della nuova Via della Seta, contribuiranno agli scambi tra la Cina e i mercati di riferimento. Ma non solo. Le stesse imprese straniere potranno avvantaggiarsi nella Cina stessa, in quanto lo sviluppo infrastrutturale sarà soprattutto interno alla Repubblica popolare stessa., con le provincie del centro-occidentali in prima linea.
“Altri Paesi beneficeranno della domanda cinese. Ci si può lamentare del controllo politico e sulla filiera esercitato dalla Cina, ma alla fine questo favorirà la domanda e i mercati ne avranno giovamento”, aggiunge Islam.
Anche chi ha rifiutato gli investimenti o chi ancora deve accettarli (Euler Hermes fa l’esempio della Corea del Sud) avrà ricadute positive. I Paesi del Sudest Asiatico e l’Europa orientale sono a detta dello studio i grandi vincitori lungo la nuova Via della Seta.
Lo sviluppo del grande piano pensato dal presidente Xi Jinping porta con sé almeno tre categorie di rischi. La prima riguarda la sostenibilità finanziaria. Pechino non può finanziare il progetto da sola, anche perché l’indebitamento del settore non finanziario è pari al 253% del pil, Tanto più considerato che le risorse necessarie al 2040 per infrastrutture in Africa, Europa e Asia (esclusa la stessa Cina) ammonteranno a 1.700 miliardi di dollari. Occorrono quindi capitali privati e l’impegno degli altri Paesi. Nel 2018 i regolatori cinesi hanno già sviluppato prodotti appositi, come i Belt and Road Bond. Il secondo rischio finanziario è legato alla possibilità di intaccare i fragili conti pubblici di alcuni Paesi, già indebitati come Sri Lanka o Pakistan.
Un secondo ordine di problemi riguarda la mancanza di un sistema legale comune tra i Paesi coinvolti. Per sedare eventuali dispute Pechino ha pertanto istituito delle corti internazionali a Xi’an e Shenzhen, rispettivamente dedicate alle rotte terrestri e marittime.
Ci sono infine i rischi di natura geopolitica. Alcuni dei Paesi attraversati sono aree di conflitto o dove forti sono le tensioni politiche, basti pensare al confine indo-pakistano, all’Afghanistan o alle tensioni nel mar cinese meridionale. Inoltre Pechino è in competizione con la principale potenza economica al mondo, Stati Uniti , alla quale contente influenza in Asia. Sotto alcuni aspetti, conclude Euler Hermes, l’iniziativa è anche in concorrenza con il piano Juncker per gli investimenti strategici, in particolare nei Paesi del Europa centrale e dell’Est.