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È caos nei trasporti, la Cina chiede la fine del blocco del Mar Rosso

Raddoppio dei noli marittimi, congestione in molti porti a causa dei ritardi provocati dalle nuove rotte marittime che non passano da Suez, supply chain nuovamente minacciate dalle difficoltà nei trasporti marittimi e proteste dei clienti: il traffico navale è sotto pressione e si rischiano nuove crisi


30/05/2024 17:54

di Marco Leporati*

settimanale

La vicenda Houthi, e il blocco della navigazione nel Mar Rosso, sono al centro dei colloqui tra il Ministro cinese Wang Yi e la sua controparte yemenita Shaya Mohsen Al-Zindan nell’ambito della decima conferenza ministeriale del Forum Sino-arabo per la cooperazione tra Stati che si sta tenendo in questi giorni a Pechino.

Wang Yi ha esternato le sue preoccupazioni per le vicende di Gaza e della posizione di Israele e nello stesso tempo ha richiesto  a Shaya Mohsen di intervenire nei confronti degli Houthi che, con  le loro azioni piratesche, minano anche gli interessi marittimi cinesi nell’area mediorientale. A tal riguardo la International Maritime Organization (IMO) lo scorso venerdi a Londra  aveva richiesto senza ambiguità la fine delle ritorsioni degli Houthi qualificandole come “ illegali ed ingiustificabili”.

Per gli interessi marittimi, non solo focalizzati nella penisola arabica, la Cina si sta muovendo con la costituzione ex novo di compagnie marittime che sono in procinto di ordinare a CSSC  Shanghaiguan Shipyard nuove  navi. È il caso di CHN Energy, una delle più importanti società dell’industria estrattiva del carbone che ha acquistato dieci navi bulk in costruzione e una di seconda mano attraverso gli strumenti finanziari della CITIC Financial Leasing che, con altre banche, ha contribuito alla crescita del leasing navale.

Non è un caso isolato in quanto dal rapporto BIMCO risulta che vi sono attualmente dieci società armatoriali cinesi che stanno  contribuendo al rafforzamento della flotta cinese e controllano il 41% delle navi di proprietà. La Cina è la seconda proprietaria di navi, dopo la Grecia, con una quota del 19% della capacità globale relativa a navi per general cargo per merci sfuse, portacontainer, LNG (gas liquido) e PCC (pure car carriers) per il trasporto di veicoli EV.

Nella miscela oceanica che sta agitando le acque del trasporto marittimo, la prima causa è le turnazioni delle navi con cambi repentini di rotta che ha provocato un aggravarsi della congestione di alcuni porti, centri nevralgici del posizionamento delle rotte marittime, tra cui, in Europa il porto di Algeciras in Portogallo e a cotè quello di Tangeri in Marocco sullo stretto di Gibilterra.

Ciò è dovuto al fatto che i transiti marittimi nel Mar Rosso sono diminuiti del 90% negli ultimi tre mesi e quindi i porti del Mediterraneo (Italia, Spagna, Grecia e Turchia) sono raggiungibili prevalentemente con il transhipment.

Nichola Silveira, chief executive del terminal PSA Sines di Algeciras ritiene che le compagnie marittime “stiano ripensando al loro network design a causa della situazione di Suez e dall’altro importante aspetto che riguarda il controllo e il limite delle emissioni di Co2 entrati in vigore nel gennaio scorso”.

Nel brainstorming delle possibili soluzioni è stata presa in considerazione anche la destinazione di Jabel Ali in Dubai che non bilancia i costi di prosecuzione via camion attraverso l’Arabia Saudita.

Di questa situazione di continui ritardi nella turnazione delle navi ne risente soprattutto il porto di Singapore dove sono in attesa 450.000 teu, secondo la società di consulenza asiatica Linerlytica, per i ritardi che si stanno accumulando per l’ attracco delle navi alle banchine.

La conseguenza naturale è la decisione da parte delle compagnie marittime di omettere il passaggio delle navi in questo porto e di creare quelle che vengono definite le black sailing (mancate partenze).

Anche Shanghai e Qingdao, in forma minore, subiscono le stesse problematiche, con la conseguenza ulteriore che i containers vuoti non possono essere riposizionati in altri porti e quelli con merci non vengono scaricati se la congestione non permette l’attracco della nave, vanificando anche l'effetto dei nuovi container entrati nel mercato nei mesi di marzo ed aprile. 

Dall’altra parte del mondo persiste poi la carenza d’acqua nel bacino del canale di Panama ed anche in questo caso, i transiti sono inferiori alla media e l’alternativa è quella di scaricare parte dei containers per alleggerire il cabotaggio delle navi utilizzando poi con costi esorbitanti ferrovia o trasporto su gomma per entrare nel Golfo del Messico.

Per il continente americano vi è un doppio collo di bottiglia: è un problema la east coast a causa di Panama ma la soluzione non è possibile pensando al canale di Suez che non può essere utilizzato per la west coast: sfida quotidiana del problem solving.

A completare il quadro ci sono le compagnie marittime iraniane che entrano, attraverso il canale di Suez in porti del Mediterraneo nonostante siano in atto delle sanzioni nel confronto di questo Paese ma, nelle usuali contraddizioni delle dinamiche del commercio globale, questi servizi vengono usati da clienti europei per il prezzo concorrenziale.

Se questi fatti potrebbe far ripensare alle criticità sviluppatesi nel periodo pandemico, oggi qualche differenza comincia ad affiorare.

In primo luogo le decisioni dei clienti che non accettano più automaticamente gli aumenti dei noli ormai raddoppiati e gestiscono le scorte in modo diverso abbandonando il concetto del just in time.

In questa società di consumatori, secondo la definizione del grande filosofo polacco Zygmunt Bauman, non è facile incrociare i bisogni degli individui con le loro diverse capacità di spesa e i risvolti economici dei singoli stati afferenti soprattutto a problemi inflattivi e costo della vita. Come si può notare il movimento di questo settore è continuo e, come Bank of America prevede, avrà fine forse  nella prossima primavera.

*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da 30 anni



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