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Marchi e brevetti, c'è poca trasparenza per chi investe in Cina

Nonostante alcune dispute commerciali risoltesi a favore di marchi occidentali, nel mercato cinese rimane una larga fetta di opacità, soprattutto per quei grandi gruppi come Shein e Temu che puntato tutta sulla quantità a prezzi stracciati


26/03/2024 13:19

di Marco Leporati*

settimanale
Il settore farmaceutico in Cina è uno dei più esposti al rischio di violazione della proprietà intellettuale

Se c’è un settore che offre una prospettiva interessante per osservare la Cina durante e dopo il triennio pandemico è quello relativo alla registrazione dei marchi e dei brevetti

Nel 2020 erano stati registrati oltre nove milioni di marchi con una crescita del 19% sul 2019, nel 2021 si era registrato solo l’1% e nel 2022 addirittura un calo ma sempre con numeri in valori assoluti molto elevati e consistenti in attesa delle statistiche del 2023. Anche per quanto riguardi i brevetti il 2020 aveva segnato un balzo del 19% sul 2019  con più di cinque milioni di depositi, per poi appiattirsi nel 2021 (+ 1%) e nel 2022 (+2%). Nel 2018 si era avuta una punta di oltre quattro milioni di brevetti pari ad un 23% in più rispetto all’anno precedente.

«La crescita dei depositi e delle registrazioni di diritti di Proprietà Intellettuale in Cina ha mostrato tassi di crescita addirittura maggiori ai già alti tassi di crescita del pil. Nel 2022 il 47% dei marchi depositati nel mondo, circa 15 milioni, è stato depositato in Cina», ha spiegato Fabio Giacopello, avvocato, senior partner dello studio legale HFG, attivo in Cina da oltre vent’anni e riconosciuto come uno dei più accreditati specialisti nel campo della proprietà intellettuale in questo Paese.

«La stessa percentuale vale anche per i brevetti per invenzione ove il 46% dei titoli del mondo fa capo alla Cina, 1,6 milioni contro 3,4 milioni», ha proseguito Giacopello,«questa enorme crescita è il risultato di incentivi di brevettazione, ma è anche il frutto di numerose - ben riuscite- campagne di sensibilizzazione lanciate dal Governo verso l’innovazione e la proprietà intellettuale in generale. Infatti questa materia è un elemento chiave nella Cina moderna preconizzata a Pechino più di dieci anni fa, quando fu lanciato il Made in China 2025».

«Nel contempo sono balzate agli onori della cronaca anche le prime dispute giudiziarie nell’ambito del territorio cinese tra aziende straniere detentrici di marchi e aziende cinesi che volevano entrare  nel circuito commerciale con il concetto, ancora in voga ai nostri giorni ma in toni decisamente marginali, che: se va bene quel prodotto ne facciamo uno simile e guadagniamo».

E proprio negli anni duemila, a cavallo del momento topico della rappresentazione nel 2010 della Cina sul palcoscenico internazionale dell’Expo, che importanti aziende hanno intentato causa  a controparti cinesi per aver utilizzato marchi e prodotti contraffatti.

Nel 2006 la Lacoste aveva citato in giudizio  presso il tribunale di Pechino due stabilimenti cinesi per produzione e distribuzione di capi contraffatti con marchio Lacoste. La causa si è conclusa, dopo qualche anno con un risarcimento alla parte lesa di 100.000 euro.

Sempre nel 2006  la Ferrero aveva citato in giudizio una fabbrica di cioccolato che produceva cioccolatini Rocher contraffatti nella confezione vincendo nel 2008 in giudizio con condanna ad interdire la produzione e con il conseguente risarcimento del danno. Infine Louis Vitton con un caso analogo che ha portato a confermare una certezza giuridica nel magamatico campo della proprietà intellettuale.Sulla scia di questi importanti successi vi sono stati altri casi vittoriosi che hanno visto protagoniste alcune aziende italiane.

Il rischio di contraffazione assume la connotazione di un deterrente per le aziende straniere che vogliono entrare nel mercato cinese soprattutto nel momento in cui le decisioni stratetegiche prevedono una produzione in Cina.

Allo stato attuale se uno dei conclamati obiettivi del Governo centrale è quello di riavviare  il circuito degli investimenti esteri una delle condizioni deve essere quella di ottenere una più ampia certezza giuridica in questo campo. Invece, come in altri settori, sussiste una certa opacità confermata dai contenuti dell’ultima edizione del Position Pader editato dalla Camera di Commercio Europea nello scorso autunno.

A questo specifico riguardo, scorrendo quanto contenuto nelle raccomandazioni proposte (alcune riproposte), troviamo nelle due aree di pertinenza, Brevetti e Marchi, alcune specificità con la propria ragion d’essere nei numeri sopradescritti.

Un mantra che permea tutte le raccomandazioni (oltre un migliaio) è quello dell’eguale trattamento delle società straniere con quelle cinesi. A ciò si aggiunge  la richiesta dell’emanazione di Implementation Rules che dovrebbero far seguito alle decisioni legislative. Segue poi le modalità di accesso al sistema giudiziario per la tutela dei diritti lesi nei diversi gradi dell’applicazione delle norme di diritto cinese.

Un capitolo a parte concerne la protezione della proprietà intelletuale on line. «Nel presente contingente la distribuzione dei prodotti falsi avviene in stragrande maggioranza attraverso il commercio elettronico, sia all’interno dei confini nazionali cinesi che al suo esterno» ha precisato l'avvocato Giacopello, «è un teatro di scontro dove le battaglie più importanti si combattono sulle piattaforme dell’e-commerce che, da un lato, ignare dei  traffici degli utenti, traggono profitti dalla distribuzione di prodotti falsi e dall’altro, adite dai titolari dei marchi decidono se un certo prodotto può restare in vendita o deve essere bandito perchè in violazione dei diritti di proprietà intellettuale».

La materia non riguarda solo le difficoltà che le aziende straniere devono fronteggiare sul territorio cinese ma, corrispettivamente, uno dei focus prioritari è quello delle attività di cross-border. I prodotti che vengono esportati dalla Cina, soprattutto attraverso piattaforme quali Shein e Temu che stanno acquisendo giornalmente progressive quote di mercato in Europa e negli Stati Uniti, hanno un valore medio di prezzo molto limitato.La quantità è la regola del gioco anche se fa capolino il discorso qualitativo.

«I settori che trainano l’esportazione quali l’automotive o l’elettronica per vincere nell’acquisizione di quote maggiori nel mercato internazionale dovrebbero lanciare prodotti che soddisfino gli standard di qualità e sicurezza richiesti dai mercati esteri», si trova scritto in un editoriale pubblicato qualche giorno fa dal China Daily  e redatto a firma del 21 ST Century Business Herald. La partita sta diventando sempre più complessa e soluzioni chiave non sono così imminenti. (riproduzione riservata)

* presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da 30 anni


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