Dopo otto mesi di produzione in Uganda, ENGO Holding Limited sta compiendo importanti passi avanti in tutta l'Africa. David Beecham Okwere, ceo dell'azienda di elettronica cinese, che fa parte del gruppo Simi Mobile di shenzhen, ha dichiarato a Xinhua in una recente intervista che oltre al mercato interno, l'azienda ha iniziato ad esportare in mercati regionali tramite concessionarie.
Okwere ha affermato che la società si è posizionata per trarre vantaggio dal Trattato di Libero Commercio Continentale Africano (AfCFTA), volto ad accelerare il commercio intra-africano e promuovere la posizione commerciale dell'Africa nel mercato globale.
A maggio, l'azienda ha esportato il primo lotto di telefoni in Marocco, il paese nordafricano che sta ordinando 16mila pezzi ogni due o tre settimane.
Secondo gli esperti, se tutti i 55 paesi membri dell'Unione africana aderissero all'AfCFTA, l'accordo diventerebbe la più grande zona di libero scambio del mondo per numero di paesi, con una copertura pari a più di 1,2 miliardi di persone e un prodotto interno lordo (PIL) combinato di 2,5 trilioni Dollari americani.
"Speriamo di utilizzare l'accordo come punto di entrata all'interno del mercato africano. Con la nostra visione puntiamo a diventare un colosso di produzione telefonica in Africa", ha sottolineato Okwere.
Evelyn Anite, ministro di stato per gli investimenti dell'Uganda, ha dichiarato a Xinhua in una recente intervista che, l'azienda non solo contribuisce alla crescita economica e allo sviluppo del paese, ma aiuta largamente a rafforzare le capacità locali attraverso il trasferimento di conoscenze e competenze informatiche.
Tra le imprese private cinesi che stanno aiutando l'Africa a industrializzarsi nell'ambito del forum di cooperazione sino-africana (FOCAC), la Engo ha scelto da subito la via della produzione che è incominciata con l'assemblaggio di feature phone e smart phone e proseguirà con la produzione completa augurandosi di dare vita a circa 500 posti di lavoro entro il 2021.
Engo ha anche iniziato a produrre uno smartphone, il G507, che ha un termometro installato all'interno. Secondo l'azienda, l'innovazione è fondamentale dal momento che sono necessari gli screening della temperatura prima di entrare in una qualsiasi struttura durante la pandemia da COVID-19.
Okwere ha spiegato che lo sviluppo del dispositivo, insieme ai tecnci della casamadre cinese, ha impegnato 4 mesi di lavoro, ma se il telefono passerà il processo di approvazione, segnerà un bel passo avanti nella lotta alla pandemia che continua a diffondersi nel continente.
I produttori cinesi si stanno dando battaglia nel mercato dei telefoni di fascia bassa e media, che rappresentano ancora la quasi totalità del mercato africano, 215 milioni di apparecchi venduti l'anno scorso. In particolare quelli di fascia bassa, i cosiddetti feature phone, venduti a prezzi tra 10 e 20 dollari o di poco superiori rappresentano almeno il 60% del mercato e i produttori cinesi ne controllano almeno la metà. Oltre il 70% del mercato è fatto di device che costano meno di 150 dollari.
Nei feature phone segment, è la Transsion di Shenzhen a dominare il mercato con una quota del 59%, seguita da Nokia al 10%. Nella fascia successiva degli smartphone la concorrenza si allarga a Samsung e Huawei.
"Prezzi bassi, batterie che durano a lungo, e un segnale forte sono le tre caratteristiche che il consumatore africano vuole in un telefono», ha assicurato il signor Chow, che ha fondato, a Shenzhen, e controlla Simi Mobile al 70%. SIMI Mobile vende già i suoi smarphone in Etiopia e Cameroon a prezzi inferiori a 50 dollari.
L'obiettivo di Chow è di arrivare a produrre un milione di pezzi in Uganda, entro i prossimi 5 anni, con un investimento di 15 milioni di dollari.
Secondo Chow, la scelta di produrre in Africa è strategica, perché la tendenza di tutti i governi è ormai di imporre tasse sulle importazioni e di incentivare la produzione locale per dare occupazione ai giovani. «Il mercato africano è come la Cina di 30/40 anni fa», ha detto Chow, il potere del governo non va trascurato, occorre stabilire buone relazioni anche con le maggiori imprese pubbliche», è la sua ricetta.