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Industria

Elettrico, il noleggio salva le flotte ma diminuirà il turnover

Il rallentamento produttivo determinato in questo trimestre dalle misure di contrasto all’epidemia sanitaria e la minore disponibilità di sostegni di Stato agli acquisti di auto elettriche potrebbero far risollevare la testa ai produttori europei e ai loro motori tradizionali


20/02/2020 13:59

di Enrico Sbandi - Class Editori

Autoelettriche

Il coronavirus potrebbe essere molto contagioso per le auto elettriche. La Cina, monopolista del settore batterie e mercato trainante dei cosiddetti Nev (New Energy Vehicle), già aveva subìto nel 2019 un’inattesa contrazione nei volumi di vendita, con 15 milioni di pezzi venduti, uno in meno delle previsioni. Il rallentamento produttivo determinato in questo trimestre dalle misure di contrasto all’epidemia sanitaria e la minore disponibilità di sostegni di Stato agli acquisti di auto elettriche potrebbero far risollevare la testa ai produttori europei e ai loro motori tradizionali. A cominciare dall’industria meccanica tedesca, con decine di migliaia di addetti nei diversi livelli della catena produttiva, dalla progettazione alla costruzione, che temono di dover soccombere allo spostamento delle produzioni verso l’elettrico.

Di sicuro il coronavirus sta già pesantemente condizionando il settore dell’automotive mondiale, creando gap di disponibilità per tutti quei comparti, dalla produzione di veicoli finiti alla componentistica, in cui sono coinvolte le fabbriche cinesi. Di fronte a questo scenario d’incertezza, al mercato del nuovo che teme scarsa disponibilità dell’offerta, con presumibile ritardo di nuovi modelli e complicazioni che rendono anche più prudenti le scelte di investimento, il mercato delle flotte aziendali potrebbe trovare un solido volano nel noleggio.

«Una prima conseguenza sarà il prolungamento dei contratti di noleggio», spiega Giuseppe Benincasa, direttore generale di Aniasa, l’associazione confindustriale delle aziende di noleggio. «Le nostre associate non avranno difficoltà a garantire comunque la mobilità ai propri clienti. Ma vedo implicazioni meno facilmente aggirabili, come il rallentamento del turnover, con l’effetto negativo di una minore riduzione dell’età media dei veicoli, che in Italia è particolarmente elevata: il parco auto nazionale continua a essere tra i più anziani nell’Unione Europea, con ben 1/3 delle auto ante Euro 4, vale a dire con più di 14 anni di età». L’eventuale rallentamento dell’elettrico non dispiacerà: «Il nostro mercato, nonostante gli incentivi, non risponde con entusiasmo», spiega il manager Aniasa.

«Le alimentazioni alternative restano stabili intorno a un complessivo 10% del totale «nuovo» (ibride al 6%, Gpl al 2% e all’1% elettriche e a metano). Fissare obiettivi improbabili per spostarsi in fretta verso l’elettrico è stato un salto nel buio: oggi abbiamo a disposizione vetture a trazione termica con impatti risibili sotto il profilo dell’ambiente, senza andare a considerare che gli impatti generati dalle altre due formule, l’ibrido e l’elettrico, se considerate nel ciclo complessivo del mezzo sono altamente inquinanti, per la produzione a monte di elettricità e per l’irrisolto problema dello smaltimento delle batterie», sostiene Benincasa.

I sensi di colpa indotti dal dieselgate dovrebbero lasciare posto a una valutazione equilibrata di ottimi prodotti, tecnologicamente all’avanguardia rispetto a soluzioni alternative di cui non vengono correttamente rappresentati rischi e svantaggi. E certi provvedimenti amministrativi, come il fermo dei diesel in alcune città, sono fortemente criticati: «Consideriamo queste posizioni come vere turbative di mercato», conclude Benincasa, «sull’onda di una suggestione di massa per poter vendere l’elettrico, che costa, non dispone di volumi produttivi sufficienti e ha un turnover tecnologico ancora molto veloce da comportare un rapidissimo deprezzamento». (riproduzione riservata)


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