La scelta del presidente cinese Xi Jinping di incominciare il suo viaggio nel sud est asiatico da Hanoi, capitale del Vietnam, ha coinciso (quasi) con il cinquantenario della fine della guerra (30 aprile 1975) tra Stati Uniti e Vietnam, conclusa con la vittoria della nuova repubblica vietnamita e il ritiro delle forze militari americane.
L'allineamento ideologico, oltre che negli affari, tra i due paesi ha, ovviamente, caratterizzato la visita, considerando il particolare momento di conflitto commerciale che agita le acque del traffico mondiale in particolar modo nel rapporto tra Stati Uniti e Cina che ha posto come obiettivo quello di “avvitare l’America“.
L'organizzazione di questo viaggio del leader cinese, importante per rafforzare e dimostrare al resto del mondo i rapporti di amicizia e cooperazione economica con i paesi del sud est asiatico, è stata la risposta di Pechino al tentativo di Trump di isolare la Cina con una penalizzazione di dazi al 145%.
Con i paesi del sud est asiatico, infatti, la Cina intrattiene un rapporto di libero scambio sancito dal Regional Comprehensive Partnership Agreement (Rcep) entrato in vigore nel gennaio 2022 e che di fatto ingloba gli 11 paesi membri dell’Asean, organizzazione costituitasi nel 1976 e poi ampliatasi negli anni successivi con l’entrata di altri paesi.
Il Vietnam negli ultimi anni aveva, però, cercato di smarcarsi per ottenere un rapporto di primus inter pares con gli Stati Uniti. E durante la prima amministrazione Trump nel 2018, molte grandi aziende americane hanno indirizzato significativi investimenti nella zone vietnamite a statuto speciale mentre, parallelamente, altrettante imprese cinesi avevano investito in Vietnam per un maggior e preferenziale rapporto con gli Stati Uniti.
Proprio questa apparente ambiguità ha ora come conseguenza un allarmismo in quanto il voler navigare in un mare tempestoso senza la copertura di una grande potenza quale la Cina potrebbe diventare molto rischioso.
La visita di stato di Xi Jinping è servita quindi a suggellare un rapporto di amicizia che, come è stato ribadito dal Presidente dovrebbe diventare ”una visita frequente tra familiari” oltre che a celebrare i 75 anni di relazioni diplomatiche tra i due Stati.
Con 45 accordi di cooperazione sottoscritti ieri dai due Paesi, accordi che coprono diverse aree quali l’agricoltura, le fonti rinnovabili, le operazioni doganali trasnazionali e l’intelligenza artificiale, il Vietnam non potrà incontrare Trump abiurando quanto concordato con la Cina.
D’altro canto i clienti americani, con questa grazia sospensiva di novanta giorni, di cui il Vietnam ha beneficiato, hanno inondato le fabbriche vietnamite di ordini da evadere approfittando di questa finestra commerciale. E’ un momento di euforia da sfruttare da parte degli investitori cinesi in Vietnam anche se sono ben consapevoli della precarietà del momento e pochi giorni fa erano sull’orlo di una disperazione di nervi.
Le cifre in ballo sono molto rilevanti. L'anno scorso l’export vietnamita si è incrementato del 14,3%, anno su anno, pari a 405 miliardi di dollari equivalenti a quantità ad un terzo di tutti i beni entrati nel mercato americano.
Gli investimenti cinesi in Vietnam sono cresciuti del 77,6%, anno su anno, arrivando nel 2023 a 4,5 miliardi di dollari, compresi i nuovi insediamenti di BYD e di TCL Technology e nei primi sette mesi del 2024 hanno superato 2 miliardi di dollari.
Ora, anche a volersi spostare con le produzioni, si rischia di atterrare in altri Paesi anch’essi coinvolti nel regime daziario come tutta l’area del Sud est asiatico.
Tappa successiva del viaggio del presidente cinese è la Malesia: altro fornitore degli Stati Uniti per 45 miliardi di dollari per la maggior parte relativi a semiconduttori per la produzione di wafers e penalizzata con il 24% di dazi reciproci. E il viaggio si concluderà con la visita in Cambogia.
Questo Gran tour ha come obiettivo di legittimare la Cina in un ruolo di difensore del libero mercato mondiale in quanto questo caos potrebbe presumibilmente danneggiare la crescita economica del sud est asiatico essendo tutti questi Paesi colpiti dai dazi di Trump.
Il Vietnam di tutta la penisola indocinese è quello che è stato più martoriato durante il dominio coloniale e quello americano Nel romanzo "Un americano tranquillo" di Graham Green questo gioco tra le parti viene ben messo in evidenza e seppur racconta una vicenda ambientata a Saigon nel 1952, oggi più di ieri rappresenta un’immagine di verità con la palese differenza che la Cina di ora non è quella di allora e il quadrante geopolitico è profondamente cambiato. (riproduzione riservata)
* corrispondente da Shanghai, dove vive e lavora da 30 anni