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Industria

Le nuove opportunità per le imprese italiane dai rapporti con la Cina

La Cina specialmente in settori che vanno dall’automobile alla moda-abbigliamento, si sta affermando in maniera velocissima e intensa in moltissimi paesi. Vuol dire che è cominciata una nuova era nella parte del mondo meno sviluppato, il Sud del globo. Questo crea una straordinaria opportunità per le aziende italiane, se sono disposte a collaborare con il sistema cinese


05/08/2024 13:38

di Paolo Panerai - Class Editori

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La premier Meloni e il primo ministro cinese Li Qiang al Business Forum Italia-Cina

Come può diventare produttivo, cioè generatore di crescente fatturato e di benessere per le aziende italiane, il riavvicinamento politico con la Cina avvenuto durante il viaggio dei giorni scorsi a Pechino e Shanghai della presidente del consiglio Giorgia Meloni? Non solo con la vendita crescente di prodotti italiani in Cina, anche se queste avvengono attraverso alleanze fra aziende dei due paesi.

Infatti, sono emerse nuove e interessanti opportunità nei numerosi colloqui che ho avuto personalmente, durante il viaggio di Meloni, con i vertici dei maggiori gruppi editoriali cinesi, già associati a Class Editori o che hanno richiesto e ottenuto in questa circostanza una partnership, come il più grande gruppo mediatico del paese, cioè Il Quotidiano del popolo o People’s Daily con anche il suo sistema in inglese attraverso il quotidiano multimediale Global Times.

È in atto, infatti, un vero e proprio capovolgimento del tradizionale rapporto nel quale i maggiori gruppi del mondo sono stati il motore fondamentale del commercio internazionale. America, Europa e Giappone erano dominanti nel mondo. Ora non è più così. Non è più così perché, Stati Uniti, Europa e Giappone sono sempre meno dominanti nei paesi in via di sviluppo. A ridurne il ruolo è proprio la Cina che, specialmente in settori che vanno dall’automobile alla moda-abbigliamento, si stanno affermando in maniera velocissima e intensa in moltissimi paesi. Tradotto in termini pratici, vuol dire che è cominciata una nuova era. E che l’affermazione della Cina sta avvenendo nella parte del mondo meno sviluppato ma che è per questo in forte sviluppo; una parte del mondo che possiamo definire il Sud del globo.

La Cina si sta espandendo attraverso due linee di sviluppo: assumendosi il ruolo di fornitore globale e attraverso importanti investimenti. Per esempio, un organismo internazionale di controllo ha verificato che nel 2023 la Cina ha investito ben 170 miliardi di dollari in paesi apparentemente marginali, in Asia e in Africa, come in Marocco e in Malesia. È il segnale inequivocabile che la Cina mira a trasformare in suoi consumatori tutti i cittadini della parte meno sviluppata del globo. In termini di abitanti si tratta di oltre 4 miliardi di persone. Sono consumatori di serie B ma con gli investimenti cinesi progressivamente possono diventare consumatori con maggiore capacità di spesa. Quindi progressivamente appetibili per tutto il sistema produttivo più avanzato.

C’è un dato che mi è stato evidenziato più volte dai miei interlocutori: in poco più di sei anni in questi paesi del Sud del mondo le aziende cinesi, per lo più quotate in borsa, hanno enormemente accresciuto le loro vendite. Secondo alcuni calcoli citati da ricercatori inglesi, in così pochi anni le vendite cinesi sono arrivate a 850 miliardi di euro, ragionando in moneta europea. Paradossalmente le vendite delle aziende cinesi sono maggiori nei paesi meno abbienti e in via di sviluppo che nei paesi ricchi. Questo crea una straordinaria opportunità per le aziende italiane, in vari casi con maggiore tradizione di quelle cinesi, se sono disposte a collaborare con il sistema cinese.

Ragionando dal lato dell’Italia, che ha esclusive di grande valore ma non di dimensioni multinazionali se non in pochi settori, l’alleanza con le aziende cinesi potrebbe diventare una straordinaria, doppia opportunità: fare crescenti fatturati, ma creare anche un sistema di alleanze con le aziende cinesi in alternativa alle multinazionali tradizionali che in Italia sono assai poche, mentre abbondano le piccole e medie aziende con specificità e tecnologie produttive di altissimo valore.

Il messaggio che mi è stato dato è chiarissimo: le aziende italiane, il sistema Italia, ha tutti i diritti e le potenzialità per servire i consumatori cinesi che stanno progressivamente elevando le proprie capacità di consumo, ma le stesse aziende italiane o altre possono diventare anche una forza alleata delle aziende cinesi che già stanno ottenendo importanti risultati nel Sud del Mondo.

Il suggerimento che ho ricevuto di questa strategia, cioè di una alleanza Cina-Italia per il mondo del Sud, ha duplice valenza perché da una parte evidenzia che la Cina sta andando sempre più verso quel mondo in quanto inevitabilmente, dopo la crescita prorompente degli anni passati, i consumi cinesi e lo sviluppo interno hanno rallentato; secondo perché in quei paesi del Sud del mondo finora hanno dominato le multinazionali, di cui l’Italia non è ricca, mentre lo è di pmi con fortissimo potenziale di crescita.

Nei paesi del Sud si riscontrano fenomeni straordinari: per esempio sia in Asia che in Africa esiste una società che produce cellulari in vendita a 100 dollari che ha un mercato pari alla metà dei cellulari che vengono acquistati nei paesi africani. Ma ci sono casi analoghi anche in altre parti del mondo non ricche, come il Sud America, che pure hanno bisogno di strumenti sanitari come quelli che produce l’azienda cinese Mindray. Senza citare la capacità di penetrazione nel mondo non solo di cellulari ma anche di strumenti medicali per il monitoraggio dei pazienti. È perfino pleonastico ricordare il dominio cinese nelle auto elettriche. Al punto che è un primato assoluto cinese anche quello nella produzione di energia con le pale eoliche e i pannelli solari. E non a caso la Cina vince nei paesi secondari dove domina il sistema TikTok.

A creare questa situazione di prevalenza delle aziende cinesi è stata la politica dei governi del mondo occidentale verso la Cina. Mentre i paesi ricchi erigono barriere commerciali per tenere fuori i beni cinesi, tra cui pannelli solari e veicoli elettrici, alcune aziende cinesi stanno tentando di aggirare le restrizioni spostando la produzione nel Sud del mondo. Nello stesso tempo, anche la vendita sui mercati emergenti è diventata di per sé più attraente. Il percorso delle aziende è stato spianato dagli sforzi del governo cinese per costruire legami diplomatici con il Sud del mondo, in particolare facilitando 1 trilione di dollari di investimenti infrastrutturali attraverso la Belt and Road Initiative (Bri). Mentre l'Occidente si è ripiegato su se stesso, la Cina e il resto del mondo emergente si sono avvicinati.

Questo ragionamento che mi è stato fatto ha una conclusione, anche se l’Italia ha deciso di uscire dalla Via della seta proprio mentre si stava sviluppando questa opportunità: le aziende italiane devono cercare alleanze e jv con aziende cinesi, mettendo insieme le conoscenze e il saper fare di cui le aziende italiane sono dotate anche se non di grandi dimensioni.

La visita della presidente Meloni ha aperto la strada, non fosse altro per la vicinanza che la Cina sente verso l’Italia attraverso un anniversario, i 700 anni dalla morte di Marco Polo, che da episodio storico può diventare un elemento concreto di dialogo. Proprio per questo, con il presidente di Xinhua che ha anche, come ho detto, un grande centro di ricerca economica chiamato Ceis, abbiamo ipotizzato di ripubblicare Il Milione in italiano moderno (grazie al lavoro che fece 20 anni fa Giorgio Trombetta Panigadi, grande amante della Cina oltre che grande manager editoriale) e in cinese. Le prime copie della versione italiana sono state donate da Class Editori prima alla presidente Meloni a Roma e poi in Cina proprio al presidente di Xinhua, Fu Hua. Il libro può funzionare da introduzione al dialogo fra le aziende italiane e quelle cinesi con posizione forte nei paesi in via di sviluppo proprio mentre la globalizzazione è in crisi.

Gli strumenti per questa alleanza esistono perché a Pechino, durante il viaggio della presidente Meloni, si è rinvigorita l’azione di organismi fondamentali come il Business forum fra aziende italiane e cinesi, che fu creato nel 2014 in occasione della visita a Pechino del presidente Matteo Renzi, raggiungendo l’apice dell’attività in occasione della visita a Roma e Palermo del presidente Xi Jinping. Ora per parte italiana è in buonissime mani, perché il rappresentante è la Cdp ottimamente gestita da Dario Scannapieco, mentre per parte cinese è responsabile la Bank of China. Durante la visita della presidente Meloni si è tenuta una importante sessione di lavoro con un discreto numero di aziende italiane e cinesi, ma, oltre a ciò, c’è stata una importante riunione della Camera di commercio italiana in Cina e della Confindustria, rappresentata dalla vicepresidente per l’internazionalizzazione, Barbara Cimmino, del gruppo Yamamay. Cimmino è stata molto efficace analizzando bene cosa la Confindustria deve fare e su quali obbiettivi devono puntare le imprese.

Ci sono quindi le premesse perché il sistema Italia possa tornare a operare più intensamente con le aziende cinesi, sia per quello che la Cina deve fare per un riequilibrio dell’interscambio ora troppo bilanciato a sfavore dell’Italia, sia per cogliere insieme ad aziende cinesi le opportunità offerte dal Sud del Mondo. E per il dialogo fra le aziende cinesi e italiane c’è l’impegno di Class Editori con le tre partnership con i tre maggiori gruppi editoriali cinesi a far conoscere le aziende italiane che hanno maggiore potenzialità in Cina e con le aziende cinesi per il Mondo del Sud. Infatti, con il gruppo Quotidiano del Popolo è stata programmata una serie di articoli multimediali su aziende italiane da pubblicare soprattutto su Global Times e su aziende cinesi da pubblicare sui media multimediali di Class Editori.

Non è la scoperta dell’America dire che solo la reciproca conoscenza può favorire l’interscambio e lo materializzazione di nuove idee e collaborazioni. Tutte queste collaborazioni con i tre colossi cinesi della comunicazione, partner di Class Editori, vanno sotto il titolo di Seguendo Marco Polo. Quasi sempre le combinazioni di ricorrenze e conoscenze sono decisive per il successo delle iniziative comuni , specialmente se c’è fiducia fra chi opera. E per fortuna fin dal 1978 la nostra attività editoriale e giornalistica è conosciuta dai grandi gruppi della comunicazione cinese.

Fu quell’idea geniale del ministro Rinaldo Ossola di aprire alla Cina di Deng Xiaoping una linea di credito fondamentale per sollevare la miseria che allora avvolgeva la Cina, se non per le quantità certo per il suo valore morale e politico. E la mia intervista a Deng è rimasta nel ricordo e viene tramandata agli attuali capi dei grandi gruppi della comunicazione cinese. Solo se esiste fiducia reciproca, le collaborazioni possano avere successo e il fatto che dopo i grandi gruppi come Xinhua, principale operatore dell’informazione in tempo reale, come China media group, che riunisce radio e televisione, con la collaborazione produttiva del programma Cargo e della rubrica Cinitalia su MF, ora si sia aggiunto il colosso con grandissimo peso politico Quotidiano del Popolo offrano alle imprese italiane e non solo nuove possibilità di sviluppo.

Il fatto importante è che tutti e tre i grandi gruppi cinesi sono ben consapevoli e non muovono obiezioni delle altre nostre partnership, con molti gruppi del mondo occidentale e in particolare con gli americani di The Wall Street Journal e MT Newswires o con il più importante canale televisivo al mondo in campo economico finanziario, Cnbc di cui siamo soci di capitale. Né gli uni né gli altri hanno mai mosso obiezioni perche sanno che Class Editori fa informazione professionale non di parte e che solo la circolazione di notizie verificate e oggettive può aiutare il progresso dei popoli. Dovrebbe essere, e per noi è, sempre la correttezza dell’informazione che conta, Bellezza! (riproduzione riservata)


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