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Industria

Meccanica e auto, le industrie più colpite dall'epidemia

Da marzo a molte aziende italiane verranno a mancare le scorte made in China. E, quando l’allarme finirà, non riusciranno a soddisfare la domanda. E in tante imprese, innanzitutto dei settori meccanico e automotive, si inizia a pensare a piani di emergenza per evitare il blocco della produzione, come sta già avvenendo nello stabilimento di Fca in Serbia, dove mancano paraurti e componenti audio made in China per la 500XL.


17/02/2020 13:06

di Andrea Cabrini - Class Editori

Federmeccanica
Alberto Dal Poz, presidente di Federmeccanica

L’epidemia di Coronavirus contagia il sistema manifatturiero italiano e lo attacca partendo dal fronte dei magazzini. Le scorte di componenti prodotti in Cina iniziano a scarseggiare. E in tante imprese, innanzitutto dei settori meccanico e automotive, si inizia a pensare a piani di emergenza per evitare il blocco della produzione, come sta già avvenendo nello stabilimento di Fca in Serbia, dove mancano paraurti e componenti audio made in China per la 500XL. Ci sarà un forte impatto nel breve periodo, ha dichiarato a Class Cnbc (intervista disponibile su milanofinanza.it) il presidente di Federmeccanica Alberto Dal Poz, ma l’onda lunga investirà tutta la catena di fornitura, innescando il reshoring dagli stabilimenti cinesi al resto del mondo e un cambiamento strutturale della competizione.


Domanda. Dal Poz, che dimensioni ha l’evento-Coronavirus?
Risposta. Quello che sta succedendo si può confrontare all’11 settembre. Parlando con le aziende associate che lavorano in Cina la sensazione è di rivivere quella stessa incertezza profonda che tutti abbiamo percepito agli inizi degli anni Duemila, quando il mondo ci è cambiato sotto gli occhi a seguito dell’attacco terroristico alle Torri Gemelle. I distretti industriali paralizzati sono 24 e pesano per quasi l’80% del pil cinese. Stiamo parlando di tutti i distretti più importanti e vicini alle filiere metalmeccaniche italiane. Due indicatori delle dimensioni di quanto sta accadendo sono i crolli paralleli di quasi il 20% della domanda di petrolio e degli acquisti di auto in Cina. Il calo dei consumi sommato all’incertezza sui dati del contagio genera uno scenario di completa incognita.


D. Però l’esposizione italiana all’export in Cina è ridotta, anche nel settore industriale. Non state esagerando?
R. Infatti l’effetto che più temiamo come imprese metalmeccaniche non è quello sull’export diretto verso la Cina, che è il nostro ottavo partner e rappresenta il 3% dell’export totale, bensì quello indiretto, perché la Germania, nostra prima destinazione per l’export, esporta tantissimo in Cina. E gli Stati Uniti, verso i quali esportiamo tanto, stanno per essere colpiti dall’onda lunga di mancanza di componentistica, esattamente come l’Europa.


D. Ci sono aziende in Italia che rischiano di fermarsi per mancanza di scorte?
R. Sì. E c’è un mese d’aria o poco più. Cioè fino a metà marzo una buona parte delle aziende che abbiamo sentito riuscirà a far fronte ai propri bisogni.


D. E poi?
R. È già partito il reshoring. Le aziende si stanno riattrezzando per produrre localmente i componenti che negli ultimi dieci anni avevano portato in Cina per convenienza economica. I nostri partner americani tra l’altro mi dicono le delocalizzazioni, decise una decina di anni fa in base a pricing e costi, oggi non sono più convenienti, perché nel frattempo la tecnologia è cambiata e ha ridotto l’incidenza del costo del lavoro. Le imprese americane hanno investito molto in nuove tecnologie e gli ultimi anni di economia prospera hanno contribuito a migliorare le condizioni per riportare a casa diverse produzioni.


D. Come sarà lo scenario industriale nel mondo dopo il Coronavirus?
R. Speriamo che le cose tornino alla normalità prestissimo e allora vedremo l’effetto di due onde lunghe. La prima è quella della mancanza di componentistica cinese, che comporta già oggi l’obbligo di trovare soluzioni alternative di fornitura e assemblaggio in Europa e Usa. La seconda, è legata alla ripartenza della Cina; se avverrà di scatto, con un forte rilancio dei consumi compressi in questi mesi, il picco di domanda in alcune filiere potrebbe provocare la mancanza di materie prime. Molti si stanno già preparando a questa seconda ondata di uno tsunami dagli effetti imprevedibili.


D. Il governo studia interventi per le aziende più esposte. Voi che cosa chiedete?
R. Solo l’evoluzione delle prossime settimane potrà dire a governo e Confindustria quali sono le strade da seguire e le iniziative che meglio potrebbero supportare le imprese. Personalmente penso che la Cina nel momento in cui si risolleverà avrà la capacità di uno scatto e di una riorganizzazione dei suoi bisogni e dei suoi consumi che potrebbe veramente stupire il mondo e - perché no - favorire l’avvio di una fase davvero nuova dell’economia mondiale. (riproduzione riservata)


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