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Politica

5G, le regole più certe sono una buona garanzia per tutti

Le nuove regole prevedono la notifica preventiva per la stipula di contratti o accordi aventi ad oggetto l’acquisto di beni o servizi relativi alla progettazione, alla realizzazione alla manutenzione e alla gestione delle reti. I contratti dovranno prevedere apposite condizioni sospensive e, se del caso, bisognerà poi adempiere alla condizioni eventualmente imposte da Palazzo Chigi


01/04/2019 09:00

di Mauro Romano - Class Editori

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Bai Junyi, responsabile del China desk di Dentons a Milano

La barriera è stata eretta in gran fretta. Non di meno, l’accoglienza ricevuta, una volta letti i testi pubblicati in Gazzetta Ufficiale, è di ottimismo sulla capacità del nuovo scudo di per proteggere le reti 5G. Una norma inclusa nel primo decreto utile, quello sulla Brexit, figlia della confusione scatenata dall’adesione italiana alla nuova Via della Seta e da riferimento alle telecomunicazioni contenuto nel memorandum firmato lo scorso 23 marzo in occasione della visita del presidente Xi Jinping, accolto dalle pressioni statunitensi sugli alleati affinché per ragioni di sicurezza tengano i colossi cinesi delle tlc fuori dallo sviluppo delle infrastrutture.

«L’inserimento dell’articolo 1bis al decreto 21 del 2012 sul golden power è molto importante dal punto di vista sistematico. Le telecomunicazioni erano già presenti nella normativa, all’articolo 2, ma con poteri del Governo meno incisivi rispetto a quelli previsti per la difesa e la sicurezza nazionale nella quale ora ricadono anche i servizi di comunicazione a banda larga basata sulla tecnologia 5G. Viene così rafforzata la tutela degli interessi nazionali rispetto a questi asset, che diventano oggetto di notifica preventiva obbligatoria», spiega l’avvocato Michele Carpagnano, capo della practice Competition e Antitrust di Dentons.

Le disposizioni sono molto ampie e ricomprendono di fatto qualunque contratto connesso al 5G. «La notifica è prevista per la stipula di contratti o accordi aventi ad oggetto l’acquisto di beni o servizi relativi alla progettazione, alla realizzazione alla manutenzione e alla gestione delle reti», sottolinea Carpagnano, «Dal 2012 i casi di golden power sono stati pochi, hanno riguardato per lo più acquisizioni nel settore dell’aerospazio. L’articolo 1bis si candida a un uso più frequente. Per le imprese questo si trasforma anche in un costo nel momento che occorre tenere in conto la necessità di notifica e delle attività di verifica preliminare per evitare di incorrere nelle sanzioni previste dalla norma sul golden power. Infatti, i soggetti che non si attengono alla disposizione normativa rischiano di incorrere in sanzioni pecuniarie di importo fino a due volte il valore del contratto e di un importo comunque non inferiore all’ uno percento del fatturato realizzato dalle imprese coinvolte nell’ultimo esercizio. E ciò oltre alla nullità dei contratti realizzati in violazione della norma»

Le aziende «dovranno attendere lo svolgimento della relativa procedura», aggiunge Andrea Gandini, Equity Partner di Pedersoli Studio Legale. Questo vuol dire che «i contratti dovranno prevedere apposite condizioni sospensive e, se del caso, bisognerà poi adempiere alla condizioni eventualmente imposte dal governo». Dalla notifica dell’operazione la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha 15 giorni di tempo per comunicare l’eventuale veto o l’imposizione di prescrizioni. «Mi sembra più probabile è che il contratto, qualora dia luogo a criticità per la difesa o per la sicurezza nazionale sia sottoposto a prescrizioni e obblighi», sottolinea ancora Carpagnano, «Un passaggio importante, a garanzia di diritto di difesa per le imprese, è comunque l’attribuzione al Tar del Lazio delle eventuali controversie».

L’accelerazione va comunque inserita anche all’interno delle regole comunitarie e del recente screening sugli investimenti esteri. «Il passaggio dalla golden share ai golden power consegue all’intervento della Ue e segue il modello adottato dalla Francia. Praticamente tutti i Paesi europei si sono adeguati o si stanno adeguando», spiega ancora Gandini.

«L’estensione espressa al 5G al momento appare tipicamente italiana per la situazione contingente, ma ritengo sia coperta implicitamente anche negli altri ordinamenti Ue dal riferimento generale alle telecomunicazioni e alle reti strategiche». Come conclude Bai Junyi, co-head del China Desk in Italia di Dentons: «lo screening rientra nelle prerogative di uno stato. La stessa Cina ha un catalogo degli investimenti e una negative list indicante i settori vietati per gli investimenti stranieri, di cui il numero via via è diminuito nel tempo per un mercato sempre più aperto. Possono e devono esserci controlli, ma ciò non vuol dire che con la Cina non si deve dialogare, anzi sulla base di regole certe si può instaurare un rapporto anche più intenso». 


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