Contrordine: basta libero mercato, non passa lo straniero. Ieri il ministro dell’Economia Peter Altamaier ha presentato la svolta della Germania: bisogna mettere in piedi un fondo di investimento statale per impedire che le grandi aziende tedesche diventino il bersaglio di imprese straniere. La nuova strategia industriale di Berlino mira a creare «campioni nazionali ed europei» in grado di competere con i colossi statunitensi e cinesi della tecnologia e di sviluppare competenze tedesche in nuove tecnologie critiche come l’intelligenza artificiale e i veicoli elettrici. Una svolta, quella del governo guidato da Angela Merkel, forse troppo repentina.
Le critiche al discorso di Altmaier non sono mancate: «I campioni nazionali si formano attraverso la competizione e non attraverso l’intervento statale», ha detto Marija Kolak, capo della Bvr, l’associazione federale delle banche cooperative tedesche. Mentre il deputato liberaldemocratico Michael Theurer si è scagliato contro la Cdu, il partito di Altmaier e della Merkel, definendola «in preda al panico per l’ascesa della Cina e così sta dicendo addio all’economia di mercato». La nuova strategia tedesca sembrerebbe infatti mirata contro la Cina. Non per niente poche settimane fa la Bdi, la Confindustria tedesca, ha chiesto al governo un approccio più duro nei confronti di Pechino, sostenendo che il modello aperto della Germania rischia di soccombrere di fronte alla competizione dell’economia cinese dominata dallo Stato.
Altmaier se l’è presa anche con la Commissione Europea, che oggi dovrebbe bloccare ufficialmente la fusione Alstom-Siemens. Il ministro dell’Economia tedesco ha detto che bisognerebbe modificare le regole di concorrenza dell’Unione Europea per rendere più semplici le operazioni di fusione e acquisizione rese necessarie per competere meglio con i concorrenti stranieri sostenuti dallo Stato (anche in questo caso il riferimento è in particolare alla Cina). Per chiarire meglio il concetto Altmaier ha ricordato che fino agli anni ‘70 i prodotti tedeschi dominavano il settore dell’elettronica di consumo per poi essere surclassati dall’industria giapponese e da quella sudcoreana. Berlino teme quindi di avere perso o di stare per perdere i vantaggi tecnologici acquisiti nei suoi settori di eccellenza. Perdere settori industriali in omaggio ai principi di libera concorrenza è un sacrifico che non ha molto senso agli occhi del governo tedesco. Una svolta epocale. (riproduzione riservata)