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Politica

Cina, anche i tifoni cambiano direzione, è il climate change

I costi economici delle devastazioni seguite alle ultime piogge torrenziali nelle regioni del nord e in particolare a Pechino, ricadranno in buona parte sulle amministrazioni locali, finanziariamente già in cattive acque per la crisi immobiliare. Così il governo centrale sta tentando nuovi stimoli all'economia


08/08/2023 10:22

di Marco Leporati*

settimanale
Residenti tratti in salvo nella città di Zhuozhou, vicino Pechino

In Cina come nel resto del mondo il climate change o climate risk, secondo una più recente definizione, sta assumendo connotazioni differenti dal passato. Eravamo, infatti, abituati a esondazioni di fiumi, a piogge localizzate  e prolugate e a periodi siccitosi.

Quanto è successo qualche settimana fa  ci fa invece riflettere  su di una anomala evoluzione che mai era avvenuta nel passato se non di una parzialmente simile centoquaranta anni orsono.

Per anni si è assistito nell’area del sud est Pacifico al fenomeno stagionale dei tifoni che originavano nei mari del sud (specialmente nelle baie delle Filippine) e, regolarmente, si spostavano su Hong Kong con direzione successiva su Taiwan, nella provincia del Fujan per risalire con minore intensità e forza distruttiva verso Shanghai o con una deviazione sul Mar del Giappone.

Il primo tifoneDoskuri, invece, arrivato ad Hong Kong  alla fine del mese di luglio, ha cambiato rapidamente rotta per colpire il nord della Cina, in particolare la provincia dell’Hebei inclusa la capitale Pechino; la potenza del suo vapore acqueo si è scontrata con le cime tempestose della catena montuosa di Taihang e di Yanshan, non appartenenti alla sacralità religiosa, rilasciando volumi eccessivi di pioggia. Anche il secondo tifone Khanun ha seguito la medesima scia.

Quanto accaduto dovrebbe avere come conseguenza una drammatica rivoluzione geotermica di cui si sono visti e testati i primi segnali.

Nel secolo scorso, nel 1964 si erano manifestati fenomeni metereologici analoghi e qualche scienziato cinese sostiene che già in precedenza l’area settentrionale era stata penalizzata con una successiva inversione verso il sud e il ritorno al nord ma il quadro climatico attuale è completamente differente.

In un contesto di economia in sofferenza, il nuovo fenomeno aggrava l'impatto sia sull’agricoltura che sulle aree industriali senza contare lo status di incertezza per le popolazioni locali vittime.

Il nuovo quadro ambientale ha un inevitabile risvolto economico non solo per le perdite di infrastrutture ed edifici ma anche per i costi da sostenere per il loro ripristino. Il Governo centrale ha messo a disposizione 50 miliardi di dollari per Pechino e le province circonvicine ma le altre perdite saranno a carico  delle province già largamente indebitate  dalla gestione durante il triennio pandemico dei test di controllo e delle vaccinazioni per i residenti.

Inoltre l'indebitamento delle amministrazioni locali non può essere compensato con le vendite all’asta di aree a destinazione residenziale a causa  del limitato livello di nuove realizzazioni urbane e di compravendite immobiliari. Probabilmente vi sarà un intervento governativo di ripianamento parziale del debito.

Il passaggio ulteriore riguarda le esportazioni che risentono del calo del traffico mondiale di cui la Cina rappresenta una componente importante ma in diminuzione dal 15,03% del 2021 al 14,33 % del 2022 con un trend ancora al ribasso nei primi mesi dell’anno in corso.

Tra l'altro altri Paesi del sud est asiatico non mostrano segnali di crescita anzi, al contrario sono in diminuzione nella quota del mercato mondiale: Corea del Sud con un calo del 6% rispetto all’anno passato, Vietnam del 10,25%  e Taiwan del 23,4%.

"Vi è un genuino rallentamento dell’attività globale  che sta urtando in modo tenace le economie asiatiche” secondo Nick Marro, capo analista di Economist Intelligence Unit. La Cina è più resiliente ma le spedizioni verso Stati Uniti ed Europa a causa della decelerazione dell’economia e dell’ancora persistente inflazione ha diminuito la domanda dei consumatori.

A fronte di tutto ciò la soluzione non può essere semplicemente circoscritta alla spinta dei consumi domestici. A questo proposito, venerdì scorso a distanza di un mese si è tenuta a Pechino una conferenza stampa  alla presenza di vari ministeri per ribadire la volontà di raggiungere l’obiettivo di uno ”sviluppo di qualità”.

Lo stesso rappresentante della NDRC (Commissione Nazionale delle riforme e dello sviluppo) ha sostenuto che “ sono in cantiere altre misure per offrire un forte supporto alla continua ripresa dell’economia”.

Ma rispetto a quanto comunicato circa due mesi fa non vi è nulla di particolarmente innovativo ed anche il piano di spesa dei vouchers, che dovrebbe essere esteso, a seguito di una verifica ex post, non ha portato i risultati sperati (vouchers da 10.000 RMB, circa 1.300 eutro, sono stati usati solo per minimi importi).

Non è immaginabile seguire la strada percorsa nel 2008 quando gli importi destinati allo stimoulus package valevano il 13% del pil che in quell’anno era stato del 9%, comunque il più basso dei sette anni precedenti.

Oggi con una crescita del pil del 5,5% nel primo semestre, a cui si è aggiunto uno 0,8% nel secondo trimestre,tecnicamente  questa strada non dovrebbe essere percorribile.

I 31 punti dell’action plan per rivitalizzare il settore privato e le società high-tech non ha ancora attecchito in quanto l’export è sostanzialmente debole.

Forse saremo sempre più distanti da quanto descriveva Michel Houellebecq nel suo romanzo di qualche anno fa Serotonina: ”Il centro Leclerc di Coutances era un’altra cosa, lì si era davvero nella grande, grandissima distribuzione. Prodotti alimentari di ogni continente erano disposti lungo corridoi interminabili, e avevo quasi le vertigini pensando alla logistica mobilitata, alle immense navi portacontainer che solcavano gli oceani incerti”. (riproduzione ridservata)

*presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da 30 anni



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