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Politica

Cina-Australia, porte riaperte per gli scambi commerciali

Dopo i dazi (cinesi) e il blocco dell'export di carbone (australiano), la realpolitik degli scambi commerciali sta facendo premio sulle frizioni geo-politiche. Mark Mc Gowan, premier dell’Australia Occidentale, sarà a Canton per discutere, nell’ambito di un rinnovato miglioramento delle relazioni bilaterali, di turismo, cooperazione industriale e l’apertura di una nuova rotta aerea con il volo Canton-Perth, e a Pechino, per la collaborazione scientifica


13/03/2023 12:58

di Marco Leporati*

settimanale
Mark Mc Gowan, premier dell'Australia occidentale

Nella geometria variabile  delle dinamiche geopolitiche del momento non va trascurata quella dell’Australia, partner da sempre in una posizione di nazione più favorita della Cina ma nello stesso tempo Stato membro di QDS (Quadrilater Security Dialogue), definito anche QUAD, di marca Usa, che riveste una funzione di collante tra Paesi ancorchè diversi tra loro ma con un comune denominatore nel loro rapporto concernente l’ampio tema della sicurezza nei confronti della Cina.

Gli altri membri Usa, Filippine e India hanno una posizione di Giano bifronte che si sorregge più per necessità che con piani di possibili armamenti per il futuro. Ed è proprio di questi giorni che la Corea del Sud abbia manifestato un interesse a voler far parte della QUAD accelerando il suo “approccio graduale” anche in relazione all’incontro tenutosi a Nuova Delhi agli inizi di marzo, in quanto l’India ne ricopre, per il semestre in corso, la presidenza con l’eventualità nel suo ruolo di condizionare le decisioni di QUAD.

Inoltre, l’Australia fa parte della AUKUS Alliance in cui sono presenti Stati Uniti e Gran Bretagna principalmente con scopi di tutela militare nell’area del Sud est asiatico.

Nell’ambito puramente economico le relazioni politiche e commerciali tra Australia e Cina si erano raffreddate qualche anno fa a causa dei dazi di importazione imposti dalla Cina su prodotti quali il vino, l’orzo, il legname e le aragoste e il divieto  di importare carbone. L’imposizione dei dazi, quale risultato finale nel novembre 2020,  era stata la risposta della Cina al Governo australiano per una disputa iniziata nel 2015, quando il Governo cinese aveva contestato un’infrazione all’Australia delle regole del WTO relativa al divieto imposto agli investimenti cinesi sul fronte delle telecomunicazioni per presunte violazioni delle norme sulla sicurezza nazionale.

Le scaramucce si erano trascinate successivamente sino al novembre 2020. Questa reazione aveva inizialmente messo in difficoltà i produttori vitivinicoli e il comparto agricolo in quanto non vi era uno sbocco diversificato e immediato di questi prodotti tenendo presente che, soprattutto per il vino, la Cina  rappresentava il primo mercato per il vino australiano. Il Covid aveva sterilizzato questa situazione venendo meno i consumi in Cina e con l’impossibilità di dialogo in presenza tra i rispettivi rappresentanti governativi.

Su di un altro fronte strategico, quello delle terre rare, la Yuxiao, società statale cinese, specializzata nella produzione di batterie per EV, con una finanziaria registrata a Singapore, la Yuxiao Found,che possiede una miniera di litio in Mozambico, deteneva una quota del 9,92% nella società australiana Northern Mineral con diritto di estrazione dei perziosi metalli.

Nel 2022 la Yuxiao aveva richiesto di aumentare la propria partecipazione azionaria  al 19,9% ma il governo australiano aveva rigettato questa richiesta vantando la ragione dell’interesse nazionale sulle terre rare ed in aggiunta con la motivazione reale  “che gli investimenti stranieri devono assicurare che non vadano a ledere la sicurezza nazionale e le priorità della sovranità” ( Justin Bassi – Direttore Esecutivo dell’ Australian Strategy Policy Istitute). Forse per queste motivazioni, e non solo, gli investimenti cinesi in Australia, secondo KPMG e l’Università di Sidney, sono diminuiti specialmente nel 2021 del 70%, al livello più basso del 2017.

Sul fronte invece dei prodotti di largo consumo, dal momento che la Cina dovrebbe incrementare i consumi quale elemento di traino per il raggiungimento dell’obiettivo del 5% del pil, vi sono stati degli abboccamenti tra i due Paesi e in previsione dovrebbe essere stata pianificata una missione diplomatica a breve del Ministro del Commercio Don Farrel in Cina. La missione servirà anche a celebrare in presenza la ricorrenza del cinquantesimo anniversario delle Relazioni bilaterali tra i due Stati avvenuto lo scorso anno come già preannunciato nel novembre 2022 durante il Summit G20 tenutosi a Bali.

A coronare questa ripresa dei rapporti diplomatici un comunicato di qualche giorno fa annunciava per metà aprile la visita in Cina di Mark Mc Gowan, premier dell’Australia Occidentale, a Canton per discutere, nell’ambito di un rinnovato miglioramento delle relazioni bilaterali, di turismo, cooperazione industriale e l’apertura di una nuova rotta aerea con il volo Canton-Perth, e a Pechino dove la discussione verterà, tra i temi in agenda, sulla cooperazione scientifica nella ricerca spaziale.

L’impressione è che l’Australia vorrebbe ripristinare le relazioni con la Cina ma per spirito di associazione non sempre questi desiderata sono realizzabili. Rimane però incontrovertibile il trade tra i due Paesi ha sempre mantenuto una quota del 35% dell’export australiano ed un 25% di import; anche il primo bimestre del 2023 ha visto un incremento del 3,6% dell’export e un 8,65% nell’import, segnale che si allinea allo spostamento del baricentro commerciale da Europa e America ai Paesi emergenti in particolar modo all’area Asean che con la lente di ingrandimento si focalizza sui partner del RECP, entrato in vigore nel gennaio del 2022.

Rimangono soprattutto le perplessità  di operatori australiani presenti in Cina. Terry Newman, proprietario di una fabbrica per la lavorazione del legno (Ecquality Timber Products), ubicata nella provincia dello Zheijiang, non distante da Shanghai, ha affermato che ”la situatione non tornerà come prima”, ma nel contempo ritiene prudenzialmente ”che l’80% del business ritornerà in Cina in quanto il livello di efficienza di processo e skill delle maestranze è molto elevato”.

Incertezze invece  persistono sul comparto del vino dove quote di mercato sono state ormai occupate dal Cile e anche dall’Argentina; le aragoste oggi provengono dal Vietnam e da Cuba e per cotone e orzo gli importatori negli ultimi anni si sono affacciati su altri mercati. Mentre invece per il carbone vi è stata una parziale apertura anche dovuta al prezzo competitivo e alla buona qualità di resa.

Un chiaroscuro tutto da verificare nei prossimi mesi come del resto produzione, commodities e consumi. Ma forse permane ancora quella matrice che differenzia i primi europei che arrivarono in Australia nel 1788 dalle popolazioni cinesi che erano giunte in questo territorio migliaia di anni prima, come ben documentato da Jared Diamon nel suo  Armi, acciaio e malattie, testo base per comprendere l’evoluzione della specie umana e delle sue interrelazioni. (riproduzione riservata)

 *presidente di Savino del Bene Shanghai Co. Vive e lavora a Shanghai da oltre 25 anni


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