Il 13° National People’s Congress ha chiuso i battenti nello storico Parlamento del Popolo a pechino giovedì scorso dopo una settimana importante per la disamina dell’appena trascorso 2020 e per l’approvazione del 14° Piano quinquennale incluso l’hic et nunc per il 2021.
Nelle prime giornate di plenaria erano state affrontate le problematiche relative allo sviluppo economico e le diseguaglianze sociali; nell’ultima giornata si è potuta notare una prevalenza politica con l’approvazione della nuova legge elettorale per Hong Kong.
Uno dei temi che necessita un approfondimento è quello relativo alla Belt & Road che, a seguito dei trattati sottoscritti nel 2020, RCEP con alcuni paesi dell'area Asia-Pacifico e CAI, con l'Unione europea, sembrerebbe aver assunto una forma più circoscritta nel quadro della prevalenza geopolitica degli anni passati.
Infatti, nel documento della National Development and Reform Commission,) la Belt & Road viene citata due volte e, da una prima lettura, potrebbe apparire come ridimensionata o meglio delimitata a determinate funzioni ed obiettivi.
“Abbiamo coordinato gli sforzi per contenere il Covid 19 e sviluppare il progetto BRI all’estero con investimenti generalmente rimasti stabili” cita il documento preparatorio alla discussione, anche se i numeri sembrano smentire l'affermazione. Infatti dal lancio della della BRI (Belt&Road Initiative), nel 2014 gli investimenti diretti non finanziari da parte della Cina sono stati di 11,54 miliardi di dollari per arrivare nel 2019 a 15,04 miliardi e l'anno scorso a 17,79 miliardi.
Presumibilmente la Cina non vuole accrescere nei prossimi anni questa componente di spesa e per le cooperazioni enumerate nei paragrafi successivi del documento si ribadiscono le finalità correlate a “coordinare la risposta all’epidemia e allo sviluppo economico”, da affiancarsi alle “iniziative digitali della Silk & Road”.
Le aree di cooperazione confermano il Piano con l’Unione African, il China-Pakistan Economic Corridor, la linea ad alta velocità Jakarta-Bandung e quella della Cina-Tailandia e della Cina-Laos, il collegamento Serbia-Ungheria e il Progetto di Kyaukpyu Special Economic Zone di Myanmar che, dopo il colpo di stato militare, sarà rallentato, anche in virtù delle ripercussioni sugli investimenti cinesi.
A questa premessa fa seguito una visione mirata e derivata dagli accordi e trattati recentemente stipulati. In uno dei capoversi del documento si specifica: ”Passi ulteriori che sono stati fatti verso una più ampia partecipazione alla governance dell’economia globale”. La lista è dettagliata e spazia da BRICS a UN, G20, APEC, sino a giungere al recente RCEP, ai diversi FTA e a CAI sino ad una proposta per una iniziativa globale sulla sicurezza dei dati.
Verrebbe da pensare che questo cambio di rotta possa essere interpretato come un modello più semplice da realizzare per il futuro: da un lato partecipare meno a progetti infrastrutturali con possibili rischi nella restituzione dei finanziamenti da parte degli Stati coinvolti o nel negoziare interessi sul debito contraccambiati con forniture di materie prime; dall’altro la possibilità ormai concreta di partecipare alla governance attraverso la vendita o le donazioni di vaccini a contrasto del Covid 19. A oggi 40 paesi stanno utilizzando vaccini cinesi, in parte acquistati ma soprattutto donati con conseguente facilità di mobilità delle persone verso la Cina una volta registrato l’inoculo.
Nel rapporto costo/ benefici all’interno della BRI questa soluzione è la più performante. Un altro argomento è la razionalizzazione produttiva dell’agricoltura non disgiunta da quanto è stato perseguito negli ultimi anni per contenere o meglio eliminare il regime di povertà.
Oggi questa sfida deve tener conto di tre aree di interesse in parte confliggenti: il miglioramento attraverso “la gestione e le applicazioni tecnologiche” della produzione agricola; la considerazione dell’impatto ambientale ed infine la realizzazione delle infrastrutture per dare “un senso nuovo” alla vita rurale.
Nell’action plan delle “Principali misure atte alla modernizzazione dell’agricoltura e delle aree rurali" si trovano anche paradigmi quali l’accelerazione nel predisporre piani regolatori che possano ridefinire lo spazio ed i territori dei villaggi con ristrutturazioni e nuove edificazioni per garantire migliori condizioni di vita.
Già negli anni precedenti si era data un’attenzione alla costruzione di asili e scuole nei singoli villaggi per favorire la presenza dei bambini e dei ragazzi in quanto, non dobbiamo dimenticarci che “i famosi 470 milioni di migranti” spesso si muovono con moglie o marito e lasciano i figli ai nonni senza un controllo diretto e molti di questi non frequentano regolarmente o scelgono l’abbandono scolastico anche per le difficoltà logistiche di spostamento da un villaggio all’altro.
Inoltre, in precedenza si era trattata la fattispecie contrattuale per la gestione del terreno agricolo ed ora è stata introdotta la possibilità di un rinnovo dell’utilizzo per ulteriori trent’anni al momento della seconda scadenza.
Questi sono solo alcuni esempi di come dovrà essere affrontato questo passaggio storico per circa novecento milioni di persone non inurbate. L’ambiente, il territorio, le fonti idriche sono gli elementi distintivi per il futuro di questo Paese.
A proposito, la tempesta di sabbia di qualche giorno fa che, partendo dal deserto dei Gobi, ha avvolto Pechino e le province adiacenti, considerata la più perniciosa degli ultimi dieci anni, ha portato al convincimento che c’è ancora molto lavoro da fare ma nello stesso tempo ha modificato l’approccio all’evento tanto che ha fatto dichiarare a Zhao Yingmin, viceministro dell’Ecologia e dell’ambiente “ La tempesta di sabbia di lunedì ci ha ricordato che la nostra comprensione della natura è ancora limitata”.
Parole importanti rispetto alla visione storicistica del passato. (riproduzione riservata)