Con oltre 20 mila casi di Covid nella sua variante più contagiosa, BA.2, registrati ieri e la città di Shanghai in lockdown totale "fino a nuovo ordine", la Cina sta tornando a dover fare i conti con il coronavirus emerso a Wuhan, dopo esserne sembrata poi quasi immune nei due anni scorsi grazie a una rigida politica zero-Covid.
«La situazione pandemica sta peggiorando significativamente e la politica di tolleranza zero del Paese si sta scontrando con la sottovariante ipercontagiosa BA.2 e Hong Kong è già stata travolta da un'epidemia fuori controllo», ha sottolineato Eric Lascelles, chief economist di RBC Global Asset Management.
Sulla terraferma, Shenzhen (17 milioni di abitanti) è emersa solo di recente dal lockdown, mentre Shanghai (26 milioni di abitanti) è ancora chiusa e altre città probabilmente seguiranno. «Questo ovviamente rappresenta un danno economico, sia sul fronte interno per la Cina sia per la fornitura di beni a livello globale», secondo Lascelles.
Le catene di approvvigionamento nazionali cinesi «stanno affrontando crescenti interruzioni durante i lockdown», affermano gli economisti di Standard Chartered Hunter Chan e Shuang Ding in una nota. «Sembra che le restrizioni alla mobilità più severe abbiano interrotto le catene di approvvigionamento locali», dicono gli analisti, sottolineando che i conducenti di camion e i facchini scarseggiano a causa dei requisiti più severi di testing. Gli analisti affermano che le difficoltà della catena di approvvigionamento nazionale potrebbero danneggiare il commercio estero e si aspettano che i livelli di traffico dei container cinesi diminuiscano con il persistere dell'ondata di Covid.
Le conseguenze della nuova ondata di Covid-19 «stanno già colpendo la fiducia delle imprese», ha rilevato Gero Jung, chief economist di Mirabaud. A marzo gli indici Pmi pubblicati dall'Ufficio nazionale di statistica sono scesi in territorio di contrazione, dopo un calo sia nel settore manifatturiero sia in quello dei servizi.
«La domanda sia interna sia estera è diminuita, mentre i tempi di consegna hanno continuato ad allungarsi a causa delle interruzioni delle operazioni commerciali e della logistica. Le pressioni inflazionistiche sono aumentate». Per questo, ha spiegato Jung, «le prospettive a breve termine sono incerte: la politica monetaria e fiscale dovrebbe sostenere l'attività economica, ma la nuova ondata non mostra per il momento segni di avvicinarsi al picco, e il lockdown deciso a Shanghai è stato prolungato fino a nuovo avviso».
Deutsche Bank ha abbassato le previsioni di crescita economica per il 2022 e 2023 per la Cina proprio per le aspettative di consumi contenuti a causa delle misure di contenimento.
DB ora prevede una crescita del Pil reale del 4,4% quest'anno e del 4,7% l'anno prossimo, in calo rispetto al 5,1% e al 5,5% stimati in precedenza. DB ritiene che i consumi si riprenderanno solo tra la fine del 2023 e il 2024 e prevede che il contributo delle esportazioni nette alla crescita diminuirà drasticamente nel 2022 prima di diventare negativo nel 2023-2024.
«Il Covid-19 rimane il più grande rischio al ribasso per le nostre prospettive di crescita a breve termine», hanno scritto gli esperti, osservando quanto siano diventate contagiose le nuove varianti. Tuttavia, sebbene lo shock economico iniziale "sarà forte, probabilmente avrà breve durata".
Per Lascelles, «è improbabile che la Cina abbandoni la sua politica di tolleranza zero nel prossimo futuro. Questa policy è popolare fra l'opinione pubblica, il governo si è vantato di come l'approccio della Cina sia stato superiore a quello del resto del mondo, e non sarebbe di certo positivo vedere un'epidemia di massa prima che il presidente Xi sia nominato per un terzo mandato questo autunno».
In ogni caso, prosegue Lascelles, «la Cina resta vulnerabile a un'epidemia su vasta scala. Oltre alla notevole contagiosità dell'ultima variante, la maggior parte della popolazione cinese è stata inoculata con un vaccino che sembra essere significativamente meno efficace e l'assenza di ondate precedenti dimostra che pochissime persone hanno acquisito una forte immunità naturale; in aggiunta solo il 51% della popolazione del Paese dagli 80 anni in su è vaccinata».
L'economista ha sottolineato come «un noto scienziato ha recentemente ammesso che il Paese non possa mantenere questo approccio per sempre, ma riaprire non è comunque una soluzione semplice. A causa di una così scarsa immunità all'interno della popolazione, la Cina subirebbe probabilmente un'ondata molto più grande di quella sperimentata altrove». (riproduzione riservata)